per cosa mi hanno arrestato? Mi hanno arrestato per contrabbando di sigarette dalla Virginia. Non sono neanche piu capace di contrabbandare sigarette.» Abbasso gli occhi. «Sono un perdente. Un fottutissimo perdente. Dovrei spararmi.»
«Forse ha solo avuto un po’ di sfortuna» disse Lula. «Scommetto che la prossima volta che cerchera di contrabbandare qualcosa andra tutto bene.»
«La prostata mi ha giocato un brutto scherzo» disse DeChooch. «Mi sono dovuto fermare per pisciare. E la che mi hanno beccato… nella piazzola di sosta.»
«Non e giusto» commento Lula.
«La vita non e giusta. Non c’e niente di giusto nella vita. Ho sempre lavorato sodo e ho raggiunto tanti… traguardi. E adesso che sono vecchio cosa succede? Succede che mi arrestano mentre piscio. E maledettamente imbarazzante.»
La casa era arredata senza uno stile preciso. Probabilmente era stata ammobiliata nel corso degli anni con pezzi rubacchiali qua e la. Non c’era nessuna signora DeChooch. Era morta da anni. Per quel che ne sapevo non c’erano mai stati dei piccoli DeChooch.
«Forse dovrebbe vestirsi» dissi. «Dobbiamo davvero andare giu in citta.»
«Perche no?» replico DeChooch. «Non fa differenza dove sto seduto. Posso stare qui come giu in citta.» Si alzo, fece un sospiro avvilito e si trascino con le spalle incurvate fino alle scale. Si giro per guardarci. «Datemi un minuto.»
La casa assomigliava molto a quella dei miei genitori. Soggiorno sul davanti, sala da pranzo al centro e cucina affacciata sul cortiletto sul retro. Sopra dovevano esserci tre piccole camere da letto e un bagno.
Lula e io rimanemmo sedute nel buio silenzioso della casa ad ascoltare DeChooch che girava per la camera da letto al piano superiore.
«Avrebbe dovuto contrabbandare del Prozac al posto delle sigarette» disse Lula. «Non gli avrebbe fatto male buttarne giu qualche pasticca.»
«Dovrebbe sistemarsi la vista» dissi. «Mia zia Rose si e operata di cataratta e ora ci vede di nuovo.»
«Gia, cosi se gli tornasse la vista sparerebbe a un sacco di altra gente. Scommetto che questo lo tirerebbe su di morale.»
Okay, forse non avrebbe dovuto sistemarsi la vista.
Lula guardo verso le scale. «Che sta combinando lassu? Quanto gli ci vuole a mettersi un paio di pantaloni?»
«Magari non li trova.»
«Credi che sia cieco fino a questo punto?»
Alzai le spalle.
«Ora che ci penso, non lo sento piu camminare» osservo Lula. «Forse si e addormentato. Ai vecchi capita spesso.»
Andai vicino alle scale e gridai: «Signor DeChooch? Va tutto bene?».
Nessuna risposta.
Gridai un’altra volta.
«Oh porca miseria» disse Lula.
Salii le scale due gradini alla volta. La porta della camera da letto di DeChooch era chiusa e cosi bussai forte. «Signor DeChooch?»
Ancora nessuna risposta.
Aprii la porta e diedi un’occhiata all’interno. La stanza era vuota. E cosi anche il bagno e le altre due camere da letto. Di DeChooch nessuna traccia.
Merda.
«Che succede?» grido Lula dal piano di sotto.
«DeChooch non c’e.»
«Cosa?»
Lula e io perquisimmo la casa. Cercammo sotto i letti e negli armadi, in cantina e in garage. Gli armadi di DeChooch erano pieni di vestiti. Lo spazzolino da denti era ancora in bagno. L’auto se ne stava tranquilla in garage.
«E troppo strano» disse Lula. «Come e possibile che se ne sia andato senza farsi vedere? Eravamo sedute proprio vicino all’ingresso. L’avremmo visto mentre sgattaiolava via.»
Eravamo nel cortiletto sul retro e mi cadde l’occhio sul secondo piano. La finestra del bagno si affacciava sul tetto piatto sopra la porta del retro, quella che dalla cucina portava al cortile. Proprio come a casa dei miei. Quando andavo al liceo scavalcavo di nascosto quella finestra la sera tardi per poter uscire con gli amici. Mia sorella Valerie, la figlia perfetta, non si sognava neanche di fare una cosa del genere.
«Potrebbe essere uscito dalla finestra» dissi. «Non e un salto troppo alto con quei due bidoni della spazzatura che ha addossato alla casa.»
«Be’, ha una bella faccia tosta a presentarsi come un povero vecchio, debole e depresso e poi, appena voltiamo le spalle, salta fuori dalla finestra. Da’ retta a me, non ci si puo fidare piu di nessuno.»
«Ci ha fregato.»
«Maledetto latitante.»
Rientrai in casa, curiosai in cucina e, senza neanche dover cercare troppo, trovai un mazzo di chiavi. Ne provai una sulla porta principale. Perfetto. Chiusi la porta e mi infilai le chiavi in tasca. Per mia esperienza, prima o poi tutti tornano a casa. E quando tocchera a DeChooch tornare a casa, forse si decidera a chiudere a chiave come si deve.
Bussai alla porta di Angela e le chiesi se per caso non stesse nascondendo Eddie DeChooch in casa sua. Disse che non l’aveva visto quel giorno, cosi le lasciai il mio biglietto da visita e le dissi di chiamarmi nel caso il suo vicino si fosse fatto vivo.
Lula e io salimmo sulla CR-V, misi in moto ed ecco materializzarsi nell’anticamera del mio cervello l’immagine del mazzo di chiavi di DeChooch. Chiave di casa, chiave dell’auto… e una terza chiave. Tirai fuori dalla borsa il mazzo e lo esaminai.
«A cosa credi che serva questa terza chiave?» domandai a Lula.
«E per uno di quei lucchetti Yale che si usano per gli armadietti delle palestre, i capanni degli attrezzi e roba simile.»
«Ti ricordi di aver visto un capanno degli attrezzi?»
«Non so. Non ci ho fatto caso. Pensi che potrebbe essersi nascosto in un capanno in compagnia di tosaerba e tagliasiepe?»
Spensi il motore e scendemmo dall’auto dirette al cortile.
«Non vedo nessun capanno» disse Lula. «Vedo solo un paio di bidoni della spazzatura e un garage.»
Sbirciammo nel garage semibuio per la seconda volta.
«Non c’e niente qui, a parte la macchina» disse Lula.
Aggirammo il garage e sul retro trovammo il capanno.
«Ma e chiuso a chiave» disse Lula. «Dovrebbe essere Houdini per entrare e poi chiudere a chiave dall’esterno. Oltretutto qui puzza da far schifo.»
Infilai la chiave nella serratura e con uno scatto il lucchetto si apri.
«Aspetta» disse Lula. «Voto per lasciare chiuso questo capanno. Non voglio sapere cos’e che puzza cosi tanto.»
Tirai forte la maniglia, la porta del capanno si spalanco e ci ritrovammo davanti Loretta Ricci che ci fissava a bocca aperta con occhi che ormai non potevano piu vedere e cinque fori di proiettile sul petto. Era seduta sul pavimento sporco, con la schiena appoggiata contro la parete di lamiera ondulata. Malgrado la calce che le aveva sbiancato i capelli, il disfacimento che segue alla morte non si era arrestato.
«Merda, questa non e un asse da stiro» disse Lula.
Con un colpo forte chiusi la porta, rimisi a posto il lucchetto e mi allontanai il piu possibile dal capanno. Dissi a me stessa che non avrei vomitato e feci una serie di respiri profondi. «Avevi ragione» ammisi. «Non avrei dovuto aprire quella porta.»
«Non mi dai mai ascolto. Adesso guarda con cosa ci ritroviamo. E tutto perche hai voluto fare la ficcanaso. E non solo, ma io so gia cosa succedera adesso. Chiamerai la polizia e rimarremo incastrate tutto il giorno. Se