cosa. C’e un numero di serie, per iniziare. Proviene da qualche parte, e stato comprato in qualche posto. E naturalmente potrebbe esserci rimasto qualcosa sopra. Stasera ne sapremo di piu.»

Questa volta l’uomo colse l’espressione sul volto di Nina. «L’ha lasciato per una ragione, Nina. Rimettiamoci al lavoro.»

Si alzo, mentre il pollice stava gia digitando un altro numero sul cellulare. Thunk thunk thunk. Non vorrei essere il telefono di Charles Monroe, penso Nina. Quello era un compito per un cellulare con addominali di ferro.

Fini il suo caffe in un sorso, consapevole dello sguardo inquisitore posato su di lei. «Cosa c’e, Charles?»

«Come va il tuo braccio?»

«Bene,» rispose con tono irritato. Lui non le stava chiedendo del suo braccio. Le stava ricordando un lavoro lasciato incompiuto e la ragione per la quale il loro rapporto professionale rischiava per la seconda volta di incrinarsi. Lei recepi il messaggio. «Come nuovo.»

Sembro che lui volesse aggiungere qualcos’altro, ma il suo cellulare si mise a squillare una seconda volta, lui si giro e si allontano. Qualcuno dall’altro capo del filo stava sperimentando che razza di poliziotto era Monroe, come sapeva tenere tutto sotto controllo, come sapeva dominare gli eventi.

Mentre lo seguiva, Nina controllo il suo cellulare forse per la ventesima volta. Vide che finalmente c’era un messaggio di Zandt, e lo lesse immediatamente.

Diceva: «Sono in Florida.»

«Oh, porca puttana,» mormoro, poi caccio di nuovo il telefono in borsa e torno a immergersi nell’afa.

Capitolo cinque

Mi sistemai all’Hotel Armada sulla Powell, nel centro di San Francisco, non lontano da Union Square. Era un albergo piuttosto costoso e c’era un tizio vestito come un soldato spagnolo sul marciapiede davanti all’entrata. I turisti di passaggio si facevano fotografare con lui, presumibilmente per potere, una volta a casa, mostrare ai loro amici le loro foto con questo uomo in costume, davanti a un hotel nel quale non avevano alloggiato. Quando mi fui sistemato era troppo tardi per intraprendere quello che avevo in mente, cosi decisi di fare una passeggiata.

Mentre camminavo ripensavo a cio che sapevo, che si riduceva a questo: mi ero sbagliato su qualsiasi cosa riguardasse la mia vita. Avevo creduto di essere nato da Don e Beth Hopkins nella California del nord, dove essi avevano condotto un’esistenza ordinata e moderatamente noiosa. Tagliavano il prato, tenevano la macchina pulita e compravano abbastanza beni di consumo per non perdere i favori degli dei del commercio. Mio padre aveva impiantato un’attivita di agente immobiliare, e dopo che me ne fui andato di casa, aveva continuato a riscuotere un certo successo come broker per abitazioni di lusso fino a quando un incidente stradale non se lo porto via insieme a mia madre. Ma il giorno dopo il funerale, quando ero andato a casa loro per cercare di capire cosa avrei dovuto fare, avevo trovato un messaggio. Era stato sistemato in modo tale da attirare l’attenzione solamente di qualcuno che conoscesse molto bene mio padre.

Sul biglietto c’era scritto, semplicemente, che non erano morti.

Questo e il tipo di notizia che ognuno vorrebbe ricevere — intendo dire ognuno di quelli il cui rapporto con i propri genitori si e allentato semplicemente per la distanza — e fu sufficiente per farmi passare l’intero pomeriggio a setacciare la loro casa. Trovai una videocassetta che mio padre aveva lasciato dentro un videoregistratore nel suo studio, e questo mi porto a scoprire quanto mi fossi sbagliato a proposito di tutta la mia vita, o quanto fossi stato deliberatamente ingannato.

Avevo creduto di essere figlio unico. Invece una sequenza della cassetta mostrava me insieme a un fratello gemello, un fratello volontariamente abbandonato in una strada di una qualche citta, alla fine degli anni ’60.

Avevo pensato che la morte dei miei genitori fosse stata un incidente. Primo, quelli non erano i miei genitori, e secondo, non si era trattato di un incidente. Erano stati uccisi dalle persone di un gruppo di cui aveva fatto parte, trentacinque anni prima, il mio padre naturale. Queste persone si chiamavano Uomini di Paglia e ritenevano di essere gli unici appartenenti al genere umano a non essere infettati da un virus che favoriva la coscienza sociale a discapito di un freddo individualismo che essi ritenevano peculiare della nostra specie. Non era chiaro se effettivamente queste persone credessero in una simile teoria o se questa fosse semplicemente un’utile copertura per atti di violenza e depravazione. La cosa certa era che il gruppo disponeva di notevoli mezzi e di ottimi appoggi. Un altro fatto evidente era che il loro braccio operativo, una persona che si faceva chiamare Homo Erectus, ma il cui vero nome era Paul — ovvero il mio fratello scomparso — era l’individuo piu pericoloso che si potesse pensare. La notte prima che Bobby Nygard morisse guardai insieme a lui un nastro di provenienza governativa, una compilation di due decenni di atrocita avvenute nel mondo. Sparatorie, esplosioni, stragi. Avevamo notato sullo sfondo di un certo numero di questi eventi l’Homo Erectus come a rivendicare per se il merito di quelle azioni. Oltre a questo si era adoperato come mezzano per gli abitanti di The Halls, un gruppo di uomini — e per quanto ne sapevo, di donne — coinvolti in ripetuti omicidi seriali. E, ciliegina sulla torta, quell’uomo era identico a me.

I primi passi erano stati semplici: avevo cominciato le ricerche a qualche centinaio di chilometri di distanza da Relent, seduto in un Internet cafe con un portatile. Non mi andava l’idea che qualcuno pensasse che stessi scrivendo un romanzo, e continuavo a guardare in cagnesco le persone che mi sorridevano con aria di incoraggiamento, ma avevo necessita di collegarmi alla rete. La prima cosa che dovevo fare era rintracciare la citta nella quale era stato abbandonato il mio gemello. Paul mi aveva mandato un messaggio nel quale affermava di essere stato abbandonato a San Francisco, ma non ero disposto a credere a niente di quanto diceva senza una prova. Non avevo nulla su cui lavorare, al di fuori di un breve frammento verso la fine della videocassetta che mio padre mi aveva lasciato, e che io avevo riversato in DVD.

La sezione finale era suddivisa in tre parti. La prima mostrava un viaggio in treno. Non c’erano indicazioni che permettessero di individuare i luoghi, ma conoscevo mio padre abbastanza bene per essere sicuro che non l’aveva inserita solo per dare una nota di colore al tutto. Le tinte sbiadite dell’originale, insieme alla pettinatura e all’abbigliamento di mia madre, mi aiutarono a datare il frammento, ma l’aiuto decisivo mi giunse dalla vista di me stesso all’eta di due anni. La mia ipotesi era che la prima parte stava a indicare che era stato fatto un viaggio, e che la distanza da casa nostra era tale da rendere sensato l’utilizzo del treno, piuttosto che quello dell’aereo. Questo mi diede un elenco di forse trenta o quaranta citta piccole e grandi della California del nord o dell’Oregon.

A questo punto le immagini mostravano un’ampia strada di un centro cittadino. La cinepresa seguiva mia madre mentre camminava lungo il marciapiede, tenendo, come avrebbe chiarito l’inquadratura finale, le mani di due bambini. Non c’era molto altro da vedere, a parte alcuni fuggevoli esempi di quella che era la moda alla fine degli anni ’60, nella foggia dei vestiti e nel design delle auto; striminzite vetrine di negozi che ti facevano domandare che cosa mai spingesse la gente a comprare qualcosa a quei tempi. Niente di significativo, eccetto…

Fermai l’immagine. Sulla parte destra della strada c’era un piccolo emporio, proprio di fronte a un Campetto in erba. Riuscii a malapena a decifrare il nome — Hannington’s.

Dieci minuti passati in rete mi rivelarono che non esistevano empori con quel nome ancora in attivita negli Stati Uniti, o almeno nessuno che avesse reso la sua esistenza nota a Internet. Cosi dovetti buttare nel cesso i metodi di ricerca scientifici e ripartire dalla fine del film.

Scovai una selezione di siti consacrati alla «San Francisco di ieri» e passai un po’ di tempo a scavare tra le rievocazioni del passato della citta. I miei occhi stavano cominciando a fondere quando trovai un riferimento a una sorta di rievocazione di un rito del sabato mattina da parte di una ragazzina, ormai diventata adulta, la cui madre defunta era solita portarla in un negozio chiamato Harrington’s a guardare gli articoli di merceria. Non potendo permettersi di comprare nulla, andavano cosi, giusto per guardare. Mi accorsi che non riuscivo a pensare troppo a lungo a una cosa simile.

Tornai al fermo immagine e vidi che forse avevo letto male l’insegna. La prospettiva non era il massimo e il sole oscurava la scena in un modo difficile da prevedere mentre si girava il filmato. Una veloce ricerca mi disse comunque che non c’era nessun Harrington’s ancora in attivita in zona, ne sulla West Coast ne da qualsiasi altra parte. Sembrava improbabile che ci fossero due empori dal nome quasi identico, entrambi falliti, e un’ulteriore

Вы читаете Eredita di sangue
Добавить отзыв
ВСЕ ОТЗЫВЫ О КНИГЕ В ИЗБРАННОЕ

0

Вы можете отметить интересные вам фрагменты текста, которые будут доступны по уникальной ссылке в адресной строке браузера.

Отметить Добавить цитату