spalancate e una gamba piegata. Qualcosa di marrone era stato inchiodato al centro del petto, dove era impossibile non vederlo. Non assomigliava a nulla che io avessi mai visto, ma l’innaturale vuoto della bocca spalancata mi disse di cosa si trattava.

«E quel tizio? E Joseph?»

Zandt non ebbe bisogno di rispondere.

Per tornare al camioncino fummo costretti a una lunga camminata. Procedemmo in silenzio seguendo la Columbia fino a Portland.

All’aeroporto prendemmo due voli diversi. Non ci incontrammo se non dopo un altro mese, quando tutto era ormai cambiato.

Parte I

Freddi rifugi

Sono convinto Anche se non le ho trovate Che ci possano essere Parole che sono cose. Lord Byron, Il pellegrinaggio di Childe Harold

Capitolo uno

Non c’e mai verso di trovare un parcheggio quando ne hai bisogno. Stai andando a tutta velocita, solo foresta da ambo i lati della strada, avendo facilmente la meglio di piccoli avvallamenti e discese ripide, file di betulle che incorniciano una serie di immagini tremolanti cosi splendide nel loro candido biancore da non riuscire nemmeno a vederle. Continui a pensare che dietro la prossima curva troverai pure un posto dove fermarsi e parcheggiare, ma per qualche strana ragione non c’e mai. E un nuvoloso martedi pomeriggio di meta gennaio, un fatto che di per se ti e gia parso bizzarro, e un periodo strano per fare quello che stai facendo, e tu hai la strada tutta per te per forse dieci chilometri in entrambe le direzioni. Potresti semplicemente lasciare la macchina sul ciglio della strada, ma non ti sembra la cosa corretta da fare. Sebbene sia un’auto a noleggio e non abbia con te alcun legame se non quello di essere l’ultima macchina che guiderai, non ti va di abbandonarla cosi. Non e una questione di sentimentalismo, non pensi si tratti di questo. Non e nemmeno il voler «evitare che qualcuno la veda, che si chieda se stia accadendo qualcosa di spiacevole e cominci a indagare — anche se in realta non vuoi che accada. E solo una questione di precisione: vuoi che la macchina sia parcheggiata. Ferma in un posto. Proprio in questo momento ti sembra un elemento fondamentale, ma non c’e mai un’area dove fermarsi. Improvvisamente ti rendi conto che e questo il problema: vivere in un dannato guscio di noce. Mai un posto dove fermarsi, nemmeno quando ne hai bisogno veramente. A volte non si tratta di cercare un belvedere, vuoi solo avere la possibilita di…

Cazzo — eccone uno.

Tom abbasso il piede tre secondi in ritardo e troppo violentemente. L’auto sbando per una decina di metri, sculettando graziosamente fino a che non si fermo a cavallo delle due corsie, come se vi fosse stata messa da una mano gigante. L’uomo rimase immobile per un attimo, con il collo che formicolava. Attraverso il finestrino penetrava l’aria fredda e il suono di un uccello che gracchiava con insistenza maniacale. A perte questo, tutto era silenzio, grazie a Dio. Se ci fosse stato qualcun altro sulla strada sarebbe finita male, il che sarebbe stato dannatamente ironico, ma ancora una volta, sarebbe stato un evento non voluto. Era gia abbastanza mal sopportato cosi.

Manovro l’auto fino a riportarla nella giusta direzione e poi fece un po’ di retromarcia fino alla piazzola. Sarah sarebbe stata in grado di infilarcisi direttamente, lui no. Perlomeno, non si sentiva sicuro di saper fare una cosa del genere, e quindi non ci provo nemmeno. Quello era sempre stato il suo modo di fare: nascondere i propri difetti, custodire i propri segreti. Non correre mai il rischio di apparire un imbecille, anche se questo significava sembrare un codardo imbecille.

Svolto nella piccola area di parcheggio, facendo scricchiolare la striscia di dieci centimetri di neve spazzata via dalla carreggiata. Lo spiazzo faceva evidentemente parte dell’inizio di un qualche sentiero poco conosciuto, sicuramente chiuso per il fuori stagione. Solo quando la macchina fu ferma Tom si accorse che le sue mani stavano tremando vistosamente. Si allungo sul sedile del passeggero per raggiungere la bottiglia e bevve un lungo sorso. Guardo per un po’ nello specchietto retrovisore, ma non vide nulla se non il volto pallido, i capelli castani, gli occhi segnati e quel principio di doppio mento che si aspettava. La maschera tipica della persona di mezza eta.

Apri la portiera e lascio cadere le chiavi nella tasca laterale. Non aveva senso rendere tutto troppo ovvio. Si trascino fuori dall’auto e scivolo immediatamente su un sasso, finendo lungo disteso per terra.

Quando si sollevo sulle ginocchia vide che c’erano dei piccoli tagli bagnati su uno dei palmi, e anche la fronte e la guancia destra sembravano sanguinare. Il dolore alla caviglia e il fastidio al viso provocato dai frammenti di selciato gli fecero capire, in un attimo di lucidita, che quello che stava facendo era la cosa giusta.

Prese il suo zaino dal portabagagli e lo chiuse: l’irrevocabilita del rumore prodotto gli fece comprendere che in fin dei conti provava qualcosa nei confronti di quel veicolo. Si assicuro che l’auto fosse chiusa, poi supero la bassa barriera fatta di tronchi e si mise in cammino tra gli alberi, avendo cura di andare in direzione opposta al sentiero.

L’uccello, o una creatura molto molto simile, stava ancora producendo quel suo fastidioso gracchiare. Tom provo a farlo tacere, prima a parole poi con dei semplici rumori. In un primo tempo l’uccello sembro zittirsi, ma ben presto ricomincio la sua litania. Tom comprese il messaggio: in quel frangente lui era semplicemente un altro animale rumoroso e non occupava alcuna posizione che gli desse il diritto di dare ordini.

Lascio perdere l’uccello e si concentro per rimanere in piedi.

Il percorso era duro e ripido, e ben presto si rese conto del perche non ci fossero aree di sosta: quella foresta non aveva nulla di ameno e piacevole. Non era li per il piacere di qualcuno: non c’erano percorsi con le corde, bivacchi o piazzole per un picnic, nessuna delle tradizionali vie di mezzo tra un pasto cucinato e uno crudo. La cosa non lo disturbava. Quel poco di cibo di cui aveva bisogno l’aveva con se gia pronto. Nello zaino non c’era praticamente nulla se non dell’alcool, e Tom si era fermato per risistemare il contenuto in modo che le bottiglie non urtassero fra loro. In corpo non aveva niente se non alcool. Cominciava gia a dubitare della vodka come filosofia di vita. Ad ogni modo, non era fatta per i codardi. Ci voleva un elevato livello di tolleranza per sentirsi una merda. Lui non era ancora arrivato a quello stadio, ma affrontava la cosa abbastanza coraggiosamente.

Dopo due ore stimo di aver percorso appena cinque chilometri, nonostante si fosse inerpicato abbastanza da lasciarsi indietro le betulle e le sanguinelle e da rimanere da solo con abeti e cedri. Su in alto il terreno era sgombro dalla neve, ma era ricoperto di rami caduti e di cespugli che aggredivano i suoi jeans e la sua giacca. Gli alberi erano alti e silenziosi, e crescevano un po’ dove cavolo volevano. Ogni tanto si imbatteva in un torrente. Le prime volte li superava con un semplice salto, ma quando la caviglia comincio a fargli piu male fu costretto a deviare alla ricerca di quei punti dove fosse piu facile attraversare. A volte borbottava tra se, ma per lo piu rimaneva in silenzio, risparmiando il fiato. Piu procedeva veloce e meno doveva essere accorto. Quando fini la bottiglia, l’abbandono e prosegui. Dopo un centinaio di metri si rese conto che si era comportato da bestia e torno indietro per cercarla. Non riusci a trovarla, e questo fatto gli fece capire che stava facendo le cose nel verso

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