— Non ora subito — ammise. — Ma dammi soltanto il tempo…
— Va bene, va bene. Comunque, ho delle cose da fare, maghi da seppellire. Tu sai com’e.
Il fabbro prese una vanga vicino alla porta posteriore ed esito.
— Nonnina.
— Cosa?
— Tu lo sai come vogliono essere sepolti i maghi?
— Si.
— Be’, come?
Nonnina Weatherwax si fermo ai piedi della scala.
— Controvoglia.
Piu tardi, quando gli ultimi raggi di luce furono svaniti dalla vallata, la notte calo adagio e una luna pallida e tersa brillo nel cielo incastonato di stelle. Nell’orto semibuio dietro la fucina risuono di quando in quando il tintinnio di una vanga o un’imprecazione soffocata.
Nella sua culla, al piano superiore, dormiva il primo mago femmina del mondo.
Il gatto bianco era sdraiato mezzo addormentato sul suo privato ripiano vicino alla fornace. L’unico rumore nella fucina calda e scura era il crepitio delle braci che si assestavano sotto la cenere.
La verga era ritta nell’angolo, dove voleva rimanere, avvolta in ombre leggermente piu nere di quanto siano normalmente le ombre.
Il tempo passava. Cio che, essenzialmente, e il suo mestiere.
Un debole tintinnio, un soffio d’aria. Dopo un po’, il gatto si mise a sedere e a guardare con interesse.
Venne l’alba. Lassu, nelle Ramtop, l’alba e sempre uno spettacolo suggestivo, specie quando un temporale ha ripulito l’aria. La valle, dove si trovava Cattivo Somaro, dava su un panorama di montagne piu basse e di colline dalle tinte violacee e arancione sotto la prima luce mattutina che si spandeva adagio su di esse (perche nel vasto campo magico del Disco la luce viaggia a un ritmo piu lento) e piu lontano le grandi pianure erano ancora una pozza d’ombra. Ancora piu in la si scorgeva di tanto in tanto lo scintillio distante del mare.
In effetti, da li lo sguardo poteva spaziare proprio fino all’estremo limite del mondo.
Non era questa un’immagine poetica, ma un fatto concreto, dato che il mondo era decisamente piatto e inoltre, come ben si sapeva, era trasportato attraverso lo spazio sul dorso di quattro elefanti, a loro volta poggiati sul guscio della Grande ATuin, la Grande Tartaruga Celeste.
A Cattivo Somaro, il villaggio si sta svegliando. Il fabbro e appena tornato nella sua fucina, che ha trovato piu ordinata che negli ultimi cento anni, con tutti gli arnesi sistemati al posto giusto, il pavimento spazzato e nella fornace preparato un nuovo fuoco. Lui siede sull’incudine, che e stata spostata dall’altra parte del locale, e contempla la verga cercando di pensare.
Per sette anni non accadde granche, eccetto che nell’orto del fabbro uno dei meli crebbe parecchio piu alto degli altri. E che spesso ci si arrampicava una bambina dai capelli scuri, i due incisivi mancanti e lineamenti che promettevano di diventare, se non proprio belli, almeno piacevolmente interessanti.
La piccola si chiamava Eskarina, per nessun motivo particolare tranne che a sua madre piaceva il suono della parola. E sebbene Nonnina Weatherwax la tenesse sotto attenta osservazione, non riusci a scorgere in lei alcun segno di magia. E vero che la ragazzina passava piu tempo ad arrampicarsi sugli alberi e a correre gridando forte di quanto facessero di solito le altre bambine. Ma a una femminuccia con quattro fratelli piu grandi ancora a casa, si possono scusare un sacco di cose. Cosi, la strega comincio a tranquillizzarsi e a pensare che dopo tutto la magia non si era impossessata di lei.
Ma la magia suole tenersi nascosta, come un sentiero tra l’erba.
L’inverno ritorno, e fu un brutto inverno. Le nuvole indugiavano sulle Ramtop come tante grandi e grasse pecore, riempiendo le gole di neve e trasformando le foreste in caverne silenziose e malinconiche. I passi alti erano chiusi e le carovane sarebbero tornate soltanto a primavera. Cattivo Somaro divenne una piccola isola di calore e di luce.
Alla prima colazione la madre di Esk osservo: — Sono preoccupata per Nonnina Weatherwax. Ultimamente non si e fatta vedere.
Il fabbro la guardo mentre si portava alla bocca una cucchiaiata di porridge.
— A me non dispiace — disse. — Lei…
— Lei ha un naso lungo — dichiaro Esk.
I suoi genitori la guardarono severi.
— Non bisogna fare una osservazione del genere — la rimprovero la madre.
— Ma il babbo dice che lei ficca sempre il suo…
— Eskarina!
— Ma lui ha detto…
— Io ho detto…
— Si, ma lui
Il fabbro si chino a darle uno schiaffo. Non era molto forte e se ne penti subito. I ragazzi si beccavano un buono schiaffo e di quando in quando una cinghiata ogni volta che se lo meritavano. Il guaio con la figlia, tuttavia, non consisteva tanto nelle normali disubbidienze, quanto nel vezzo che aveva di seguire implacabile il filo di un argomento, anche parecchio tempo dopo che avrebbe dovuto smettere. Cosa che aveva sempre il potere d’infuriarlo.
La bimba scoppio a piangere. Lui si alzo, arrabbiato e imbarazzato con se stesso, e usci per andare alla fucina.
Si udi un forte scricchiolio e un tonfo.
Lo trovarono per terra privo di conoscenza. Dopo
Comunque fosse, gli avvenimenti lasciarono un segno su quella giornata. Una giornata di vasellame rotto, una giornata in cui la gente si pestava i piedi e si irritava. La madre di Esk fece cadere una brocca che era appartenuta a sua nonna e nella soffitta un’intera cassetta di mele ando a male. Nella fucina la fornace si fece di cattivo umore e si rifiuto di tirare. Jaims, il figlio maggiore, scivolo su una lastra di ghiaccio per la strada e si fece male a un braccio. Il gatto bianco (o forse un suo discendente, visto che i gatti conducevano una loro propria vita complicata nel fienile adiacente alla fucina) si arrampico su per il camino del retrocucina e rifiuto di scendere. Perfino il cielo si fece opprimente come un vecchio materasso e l’aria soffocante, malgrado la neve.
I nervi scossi, la noia, il malumore facevano vibrare l’aria come all’annuncio di un temporale.
— Bene! Basta cosi! — grido la madre di Esk. — Cern, tu, con Gulta ed Esk potete andare a vedere come sta la Nonnina e… dov’e Esk?
I due figli piu piccoli smisero di litigare senza troppa convinzione e vennero fuori da sotto il tavolo.
— E andata nell’orto — annuncio Gulta. — Ancora.
— Allora va e riportala qui, e poi filate.
— Ma fa freddo!
— Sta per nevicare di nuovo!
— Sono solo meno di due chilometri e la strada e abbastanza sgombra. E chi ci teneva tanto ad andare fuori quando abbiamo avuto la prima nevicata? Sparite e non tornate finche non sarete di umore migliore.
Trovarono Esk appollaiata su una biforcazione del grosso melo. Ai ragazzini l’albero non piaceva molto. Tanto per cominciare, era talmente rivestito dal vischio da sembrare verdeggiante anche a meta inverno; e i suoi frutti erano piccoli e cosi aspri da darvi i crampi di stomaco per poi marcire dalla sera alla mattina; inoltre, benche sembrasse facile arrampicarcisi, accadeva spesso che i suoi rami si rompessero e vi facessero perdere l’equilibrio nei momenti meno opportuni. Una volta Cern aveva giurato che un ramo si era contorto apposta per farlo cadere. Ma l’albero tollerava Esk, che era solita sedercisi se era irritata o stufa o aveva semplicemente voglia di starsene da sola. I ragazzini sentivano che il diritto di ogni fratello di tormentare la propria sorella finiva ai piedi del tronco. Cosi le lanciarono una palla di neve. Che non la colpi.
— Andiamo a trovare la vecchia Weatherwax.
— Ma tu non sei obbligata a venire.
— Perche non faresti altro che farci rallentare e probabilmente ti metteresti a piangere.
Esk li guardo con aria solenne. Era una bambina che non piangeva molto, tanto sembrava che non servisse un granche.
— Se non volete che venga, allora verro — disse. Tra fratelli, un discorso del genere passa per logica.
— Oh, noi vogliamo che tu venga — si affretto a dichiarare Gulta.
— Mi fa piacere saperlo — ribatte Esk, che si lascio cadere su un mucchio di neve.
I bambini avevano un canestro contenente delle salsicce affumicate, uova sode e, dato che la loro madre era prudente quanto generosa, un grosso barattolo di marmellata di pesche che a nessuno della famiglia piaceva molto. Lei, pero, continuava a farla ogni anno quando le piccole pesche selvatiche erano mature.
Gli abitanti di Cattivo Somaro avevano imparato a convivere con i lunghi inverni e le strade che portavano fuori del villaggio erano fiancheggiate da assi per ridurre l’ammucchiarsi della neve e, quel che piu importa, per impedire ai viandanti di perdersi. Se erano gente del posto, la cosa non era cosi grave, perche molte generazioni prima un anonimo genio del consiglio del villaggio aveva avuto l’idea di fare delle tacche ogni dieci alberi della foresta li intorno, per una distanza di quasi quattro chilometri. Ci era voluto un bel po’ di tempo e ritagliare le tacche era sempre il compito di ogni uomo nel suo tempo libero. Ma negli inverni durante i quali un uomo poteva perdersi nella tormenta a poche centinaia di metri da casa sua, piu di una vita era stata salvata dalla traccia delle tacche trovate al tatto sotto la neve.
Nevicava di nuovo quando i tre ragazzini lasciarono la strada e s’inerpicarono su per il sentiero dove, d’estate, la casa della strega era seminascosta tra cespugli di lampone e una profusione di magica digitale.
— Nessuna impronta — osservo Cern.
— Eccetto che per le volpi — disse Gulta. — Dicono che lei si puo tramutare in una volpe. O altro. Perfino un uccello. Qualunque cosa. E cosi che lei sa sempre che cosa succede.