Esk capiva che era necessario farsi coraggio, ma in una notte come quella il coraggio durava solo finche una candela rimaneva accesa. Attraverso la cucina scura, con gli occhi ben chiusi, finche arrivo alla porta.
Nel focolare un grosso grumo di fuliggine venne giu con un tonfo. E quando la piccola udi raspare freneticamente in provenienza del camino, tiro il chiavistello, apri la porta e usci a precipizio nella notte.
Il freddo era tagliente come la lama di un coltello e la neve si era coperta di una crosta di ghiaccio. Esk non si preoccupava di sapere dove fosse diretta, ma il terrore la spingeva ad arrivarci, ovunque fosse, il piu rapidamente possibile.
Nel cottage la cornacchia atterro pesantemente nel focolare in mezzo alla fuliggine, borbottando irritata tra se e se. Si allontano saltellando nell’ombra e un momento dopo ci fu lo scatto del nottolino della porta che dava sulla scala e un fruscio su per i gradini.
Esk si alzo il piu possibile sulla punta dei piedi e tasto con la mano il tronco dell’albero per cercare la tacca. Questa volta ebbe fortuna, ma la traccia segnata dalle incisioni le rivelo che si trovava a quasi due chilometri dal villaggio e che era scappata nella direzione sbagliata.
Nel cielo c’era uno spicchio di luna e una manciata di stelle, piccole, lucenti e fredde. Intorno a lei la foresta era un intrico di nere ombre e di pallida neve. E non tutte le ombre erano immobili, lei se ne rendeva conto.
Tutti sapevano che nelle montagne c’erano i lupi, perche certe notti il loro ululato riecheggiava giu dalle cime, ma raramente si avvicinavano al villaggio. I moderni lupi erano la progenie di antenati che erano sopravvissuti perche avevano imparato che la carne umana aveva spigoli aguzzi.
Ma l’inverno era estremamente rigido e quel branco era abbastanza affamato da dimenticare tutto della selezione naturale.
Esk ricordava le raccomandazioni che si facevano a tutti i bambini. Arrampicarsi su un albero. Accendere un fuoco. Quando ogni altro mezzo fallisce, trovare un bastone e almeno picchiarli. Non cercare mai di correre piu veloci di loro.
L’albero dietro a lei era un faggio, dal tronco liscio. Impossibile arrampicarcisi.
Esk osservo una lunga ombra staccarsi da una chiazza buia e farsi un po’ piu vicina. Si inginocchio, stanca, spaventata, incapace di pensare, e frugo nella neve cosi gelida da bruciarle le dita, in cerca di un bastone.
Nonnina Weatherwax apri gli occhi e fisso il soffitto screpolato e rigonfio come una tenda.
Si concentro per ricordarsi di avere delle braccia e non delle ali, e percio nessun bisogno di saltellare. Dopo una trasformazione, era sempre consigliabile restare stesa per un po’, per riabituare la mente al proprio corpo. Ma sapeva di non averne il tempo.
— Accidenti alla bambina — borbotto e cerco di volare sulla spalliera del letto. La cornacchia, che gia decine di volte aveva vissuto quella esperienza e che considerava (per quanto gli uccelli siano capaci di considerare qualcosa, il che e davvero poco) che una buona dieta di cotenne di lardo e avanzi scelti di cucina nonche un posatoio caldo per la notte valesse bene il disturbo di lasciare di tanto in tanto che la Nonnina condividesse la sua testa, la osservava con blando interesse.
Trovati gli stivali, la Nonnina scese pesantemente le scale, resistendo all’impulso di scivolare. La porta era spalancata e sul pavimento c’era gia un pulviscolo di neve.
— Oh, mannaggia — esclamo. Si chiese se dovesse cercare di trovare la mente di Esk. Ma le menti umane non erano mai cosi acute e limpide come quelle animali, e comunque la potenza della mente della foresta stessa rendeva una ricerca improvvisata difficile quanto distinguere il rumore di una cascata durante un temporale. Pero, anche senza vederlo, la vecchia riusciva a sentire la mente del branco di lupi: una sensazione forte e acuta che riempiva la bocca con il gusto del sangue.
Sulla crosta di ghiaccio, riusciva a stento a distinguere le piccole impronte, gia quasi cancellate dalla neve fresca. Imprecando e borbottando. Nonnina Weatherwax si strinse nello scialle e si avvio.
Nella fucina il gatto bianco si sveglio sul suo personale ripiano dov’era acciambellato, nell’udire i rumori provenienti dall’angolo piu buio. Il fabbro aveva accuratamente richiuso le grandi porte quando era uscito con i ragazzini divenuti quasi isterici. Il gatto osservo con interesse l’ombra sottile che tentava il chiavistello e controllava i cardini.
Le porte erano di quercia, rese piu dure dal calore e dagli anni, ma questo non gli impedi di essere scaraventate dall’altra parte della strada.
Il fabbro, che percorreva in fretta il sentiero, udi un suono nel cielo. Anche la Nonnina lo udi. Un suono ben preciso, simile al fruscio di oche in volo, e al suo passaggio le nuvole grevi di neve ribollirono e si contorsero.
Anche i lupi lo udirono, mentre volteggiava basso sulle cime degli alberi e si avventava sulla radura. Ma lo udirono troppo tardi.
Adesso Nonnina Weatherwax non aveva bisogno di seguire le orme. Si lascio guidare dai lampi di luce irreale in distanza, dagli strani fruscii e tonfi sordi, e dagli ululati di dolore e di terrore. Due lupi le sfrecciarono accanto con le orecchie appiattite, decisi a schiacciare sotto le zampe qualunque ostacolo si trovasse sulla loro strada.
Un rumore di rami spezzati. Una sagoma grossa e pesante si abbatte su un abete vicino alla Nonnina e crollo, uggiolando, nella neve. Un altro lupo la supero descrivendo una traiettoria orizzontale all’altezza della sua testa e rimbalzo sul tronco di un albero.
Quindi il silenzio.
La Nonnina si fece strada tra i rami coperti di neve.
Scorse un largo circolo dove la neve era appiattita. Ai margini, dei lupi erano stesi a terra morti oppure saggiamente decisi a non muoversi.
La verga era piantata diritta nella neve e alla Nonnina sembro che si voltasse a guardarla mentre lei le passava accanto cercando accuratamente di evitarla.
Al centro del circolo c’era anche un mucchietto, arrotolato su se stesso. La vecchia si inginocchio con un certo sforzo e allungo una mano per toccarlo con delicatezza, ma si fermo un momento prima di sfiorare la spalla di Esk. Alzo uno sguardo minaccioso sulla verga intagliata, sfidandola a muoversi ancora.
L’aria si fece piu spessa. Sembro che il bastone arretrasse anche senza muoversi. Allo stesso tempo un che di indefinibile fece comprendere in modo inequivocabile alla strega come la verga non si considerasse sconfitta. Per lei si trattava semplicemente di una mossa tattica e non desiderava in alcun modo che la vecchia pensasse di avere vinto, perche non era affatto cosi.
Esk ebbe un brivido. La Nonnina le batte dolcemente sulla spalla.
— Sono io, piccola. La Nonnina.
Il mucchietto rimase immobile.
La vecchia si morse un labbro. Non sapeva mai bene cosa fare con i bambini, che lei considerava (seppure le capitava di pensarci) una via di mezzo tra gli animali e gli esseri umani. I neonati li capiva. Bastava dargli del latte da una parte e mantenere l’altra parte pulita per quanto possibile.
Gli adulti erano ancora piu facili, perche provvedevano da se a nutrirsi e a tenersi puliti. Ma tra i due c’era tutto un mondo di esperienza di cui lei non si era mai occupata. Per quanto ne sapeva, era sufficiente impedire che gli succedesse qualcosa di fatale e sperare che tutto finisse per il meglio.
La Nonnina, dunque, era imbarazzata, ma sapeva di dover fare qualcosa.
— I lupi cattivi ci hanno spaventato, allora? — azzardo.
Per qualche misteriosa ragione, la cosa sembro funzionare. Una voce soffocata venne dall’interno della palla: — Ho
— A otto anni, non ci si appallottola in mezzo alla neve — ribatte la Nonnina, cercando di destreggiarsi nelle complicazioni di una conversazione tra adulto e bambino.
La palla non rispose.
— Probabilmente a casa ho del latte e dei biscotti — arrischio allora la vecchia.
Senza ottenere alcun effetto.
— Eskarina Smith, se non ti comporti subito come si deve, ti arriva uno schiaffo!
Esk tiro cautamente fuori la testa.
— Non c’e bisogno di fare cosi.
Quando il fabbro giunse al cottage, la Nonnina stava arrivando e portava Esk per mano. I ragazzini si sporsero a guardare dietro la schiena del padre.
— Uhm. — Il fabbro non sapeva bene come intavolare la conversazione con una persona che si supponeva morta. — Loro, uhm, mi hanno detto che tu eri… malata. — Si giro a lanciare un’occhiataccia ai figli.
— Stavo facendo un riposino e mi devo essere appisolata. Ho il sonno molto pesante.
— Gia — fece l’uomo, incerto. — Bene. Va tutto bene, allora. Che e successo con Esk?
— Si e presa un po’ di paura. — La nonnina strinse la mano della piccola. — Ombre e roba del genere. Ha bisogno di stare bene al caldo. Stavo per metterla nel mio letto, e un po’ confusa, se per te va bene.
Il padre non era proprio sicuro che gli andasse bene. Ma era sicurissimo che sua moglie, come tutte le altre donne del villaggio, teneva Nonnina Weatherwax in grande considerazione, anzi aveva per lei un timore reverenziale. E che se lui avesse cominciato a obiettare, si sarebbe trovato rapidamente a mal partito.
— Ottimo, ottimo — disse — se non ti e di disturbo. La mandero a prendere in mattinata, che ne dici?
— Va bene. Ti inviterei a entrare, ma non c’e nemmeno il fuoco acceso…
— No, no, va tutto bene — disse in fretta il fabbro. — Ho la cena che mi aspetta. Sta zitto — aggiunse, rivolto a Gulta, che aveva aperto la bocca per parlare e saggiamente ci aveva ripensato.
Quando se ne furono andati, tra le proteste dei due ragazzini che echeggiavano tra gli alberi, la Nonnina apri la porta, spinse dentro Esk, e tiro il chiavistello dietro di loro. Prese due candele dalla provvista che teneva sulla dispensa e le accese. Poi tiro fuori da una cassapanca delle coperte di lana, vecchie ma ancora utilizzabili, ancora odorose di erbe anti tarme, ci avvolse la bambina e la fece sedere sulla poltrona a dondolo.
Si mise in ginocchio, con un accompagnamento di ossa scricchiolanti e di grugniti, e si preparo ad accendere il fuoco: una faccenda complicata, consistente in funghi seccati di quelli che crescono sugli alberi, usati come esca, trucioli di legno, ramoscelli spezzati, e molto soffiare e sudare.
Esk le disse: — Non devi fare cosi, Nonnina.
La vecchia si raddrizzo e guardo il parafuoco. Era un oggetto niente male, che il Fabbro aveva fatto per lei parecchi anni prima, con un motivo di gufi e pipistrelli. Di solito, pero, lei non s’interessava al disegno.
— Ah, si? — disse in tono asciutto. — Tu conosci un modo migliore, vero?
— Lo potresti accendere con la magia.