Di una cosa lei era assolutamente certa. Mai le donne erano state maghi e non avrebbero cominciato a esserlo proprio ora.

Torno al cottage che la notte cominciava a impallidire. Dopo il sonnellino nel fieno, almeno si sentiva il corpo riposato e aveva sperato di trascorrere qualche ora nella poltrona a dondolo a mettere in ordine i suoi pensieri. Era quello il momento, quando la notte non era ancora terminata ma il giorno non del tutto iniziato, che i pensieri si presentavano chiari e precisi, senza maschera. Lei…

La verga era appoggiata alla parete, vicino alla dispensa.

La Nonnina resto immobile.

— Capisco — disse alla fine. — Allora le cose stanno cosi, eh? E a casa mia, per di piu?

Si mosse adagio e dal cantuccio presso il focolare prese un paio di ceppi che butto sulla brace e pompo il mantice finche le fiamme non si levarono alte nel camino.

Allora si volto, borbotto sottovoce per precauzione qualche incantesimo protettivo, e afferro la verga. Che non oppose resistenza, tanto che lei per poco non perse l’equilibrio. Ma adesso che la teneva in mano, ne percepiva la vibrazione, il netto e possente crepitio della sua magia. E scoppio a ridere.

Era tutto cosi semplice, allora. La verga adesso non opponeva piu alcuna resistenza.

Invocando una maledizione sui maghi e le loro opere, la sollevo sopra la testa e la sbatte con violenza sui ceppi, la dove il fuoco ardeva piu gagliardo.

Esk mando un grido. Il suono rimbalzo attraverso le assi della camera da letto e fendette l’aria nel cottage semibuio.

La Nonnina era vecchia e stanca e aveva la mente confusa dopo una lunga giornata. Ma sopravvivere da strega richiede l’abilita di ricorrere a misure immediate. Stava fissando la verga nelle fiamme ma, non appena udi il grido, allungo le mani ad afferrare la grossa cuccuma nera e la verso sul fuoco. Tiro la verga fuori dalla nuvola di vapore e corse su per la scala, nel timore di cio che avrebbe potuto vedere.

Esk sedeva sul letto, illesa ma urlante. La vecchia la prese in braccio e cerco di confortarla. Non era sicura di come ci si comportava in simili casi. Ma dei colpetti distratti sulla schiena e vaghe parole rassicuranti parvero funzionare. E gli urli diventarono lamenti e, alla fine, singhiozzi. Qua e la la Nonnina distingueva parole come 'fuoco' e 'rovente' e la sua bocca si strinse in una piega amara.

Dopo un bel po’, riadagio la bimba sul letto, le rimbocco le coperte e scese piano le scale.

La verga era di nuovo al suo posto contro la parete. Ne lei fu sorpresa nel vedere che il fuoco non aveva lasciato alcuna traccia.

Giro la poltrona a dondolo in modo da averla di fronte e si sedette con il mento su una mano, sul viso un’espressione di cupa determinazione.

La poltrona prese a dondolarsi da sola. Era l’unico rumore nel silenzio che si faceva piu spesso e si spandeva a riempire la stanza come una terribile nebbia scura.

La mattina seguente, prima del risveglio di Esk, la vecchia nascose la verga nella paglia, in luogo sicuro.

Esk mangio la sua colazione e bevve un bicchierone di latte di capra, senza il minimo segno degli avvenimenti delle ultime ventiquattro ore. Era la prima volta che si trovava nel cottage della Nonnina per piu di una breve visita. Mentre questa lavava i piatti e mungeva le capre, lei approfitto dell’implicito permesso di esplorare il posto.

Scopri cosi che la vita nel cottage non era del tutto normale. A cominciare, per esempio, dal nome delle capre.

— Ma devono avere un nome! — esclamo. — Ogni cosa ha un nome.

La vecchia la guardo sporgendo la testa dal fianco a forma di pera dell’animale che guidava il gregge, mentre il latte zampillava nel basso secchio.

— Direi che hanno un nome nel linguaggio delle capre — rispose vagamente. — Perche mai dovrebbero averne uno nel linguaggio umano?

— Be’ — comincio Esk e si fermo. Rimase per un po’ a riflettere. — Allora, come ottieni che facciano quello che vuoi tu?

— Lo fanno e basta, e quando mi vogliono si mettono a belare forte.

Esk tese con aria grave alla capra una manciata di fieno. La Nonnina la osservava pensierosa. Le capre avevano i loro propri nomi, lei lo sapeva: 'capra che e mia figlia', 'capra che e mia madre, 'capra che guida il gregge' e una mezza dozzina di altri nomi, non ultimo quello di 'capra che e questa capra'. Avevano per regolare il gregge un sistema complicato, quattro stomachi e un apparato digerente assai attivo, come si sentiva bene nelle notti quiete. Per questo, secondo la Nonnina, dare loro dei nomi quali Botton d'oro sarebbe stato un insulto a un nobile animale.

— Esk — chiamo, dopo essere giunta a una decisione.

— Si?

— Cosa ti piacerebbe fare da grande?

Il viso della piccola si fece inespressivo. — Non lo so.

Senza smettere di mungere, la Nonnina insiste: — Be’, cosa credi che farai quando sarai cresciuta?

— Non so. Mi sposero, suppongo.

— Lo desideri?

Le labbra della piccola si aprirono a formare la lettera 'N' ma, incontrando l’occhio della Nonnina, Esk ci ripenso.

— Tutte le persone grandi che conosco sono sposate — disse alla fine. E, dopo averci ripensato, aggiunse cauta: — Eccetto te.

— E vero.

— Non desideravi sposarti?

Fu la volta della vecchia di riflettere.

— Non mi ci sono mai decisa — dichiaro poi. — Troppe altre cose da fare, capisci.

— Il babbo dice che sei una strega — arrischio.

— Infatti.

Esk annui. Nelle Ramtop si accordava alle streghe la stessa condizione sociale che altre culture riconoscevano alle monache o agli esattori delle tasse o agli addetti alla pulizia dei pozzi neri. In altre parole, esse venivano rispettate, qualche volta ammirate, in generale applaudite per fare un lavoro che andava fatto. Ma la gente non si sentiva mai del tutto a proprio agio in una stessa stanza con loro.

— Ti piacerebbe imparare l’arte di una strega? — chiese la Nonnina.

— Vuoi dire la magia? — Gli occhi di Esk brillavano.

— Si, la magia. Non quella dei fuochi d’artificio. Magia vera.

— Sai volare?

— Ci sono cose migliori che volare.

— E io posso impararle?

— Se i tuoi genitori dicono di si.

Esk sospiro. — Mio padre non lo fara.

— Allora dovro scambiare una parola con lui — disse la Nonnina.

— Adesso stammi a sentire, Gordo Smith!

Il fabbro indietreggio attraverso la fucina, le mani alzate per ripararsi dalla furia della vecchia che avanzava verso di lui, l’indice puntato con aria indignata.

— Io ti ho portato al mondo, stupido, e in te non c’e piu buon senso di quanto ce ne fosse allora…

— Ma… — L’uomo si provo a protestare, girando intorno all’incudine.

— La magia ha trovato la tua bambina! La magia dei maghi! La magia sbagliata, m’intendi? Una magia che non era destinata a lei!

— Si, ma…

— Hai idea di cio che e capace di fare?

Il fabbro si diede per vinto. — No.

La Nonnina fece una pausa e un po’ della sua collera sbolli.

— No — ripete piu sommessamente. — No, non potresti.

Si sedette sull’incudine e cerco di calmarsi.

— Ascolta. La magia e dotata di una specie… di vita propria. Questo non ha importanza perche… a ogni modo, capisci, la magia dei maghi… — Alzo gli occhi e leggendo l’incomprensione sul suo volto, provo di nuovo: — Be’ conosci il sidro?

Il fabbro fece cenno di si. Adesso si sentiva su terreno piu sicuro, ma non era certo di dove l’avrebbe condotto.

— E poi c’e l’acquavite — disse la strega.

Lui annui. A Cattivo Somaro, d’inverno, tutti facevano l’acquavite, lasciando fuori di notte i recipienti con il sidro e togliendo via il ghiaccio finche non restava che una piccola quantita di alcol.

— Be’, uno puo bere una gran quantita di sidro e sentirsi meglio, e questo e quanto, non e cosi?

Il fabbro annui di nuovo.

— Ma l’acquavite, uno la beve in boccali piccoli e a piccole dosi e non spesso, altrimenti va subito alla testa?

Di nuovo lui fece di si e, conscio di non dare un grande contributo al dialogo, aggiunse: — E cosi.

— Ecco la differenza — dichiaro la Nonnina.

— Differenza da che cosa?

La vecchia sospiro. — La differenza tra la magia delle streghe e quella dei maghi. Ed e quest’ultima che l’ha trovata, e se lei non la controlla, allora ci sono Coloro che controlleranno lei. La magia puo essere una specie di porta e dall’altra parte ci sono delle Cose spiacevoli. Capisci?

Il fabbro annui. In realta non capiva, ma supponeva a ragione che, se rivelava questo fatto, la Nonnina si sarebbe addentrata in orribili dettagli.

— La bambina ha uno spirito forte e forse ci vorrebbe del tempo. Ma presto o tardi loro la sfideranno — concluse la vecchia strega.

L’uomo prese un martello dalla panca, lo fisso come se non l’avesse mai visto prima, e lo rimise giu.

— Ma — protesto — se lei e dotata della magia dei maghi, non le servira a niente imparare l’arte delle streghe. Tu hai detto che sono due cose diverse.

— Sono entrambe magiche. Se non puoi imparare a cavalcare un elefante, almeno puoi imparare a montare a cavallo.

— Che cos’e un elefante?

— Una specie di tasso — rispose la Nonnina. Non avrebbe mantenuto per quaranta anni la sua credibilita come esperta della foresta, se avesse mai ammesso la

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