dei cambiamenti… L’entita di tali cambiamenti e determinata dalla distanza, per cosi dire, tra il mondo spazio- temporale che il soggetto percepiva prima e quello nuovo nel quale si trova costretto ad agire.
— Io vado a casa — disse Buckman. — Non ce la faccio piu. — Si alzo. — Grazie, Westerburg. — Tese automaticamente la destra al suo capo coroner Si strinsero la mano. — Preparami un rapporto riepilogativo — disse a Maime. — Lo leggero domattina. — Si incammino, con il soprabito grigio sul braccio. Come sempre.
— Sa cos’e successo a Taverner? — chiese Herb.
Buckman si fermo. — No.
— Si e trasferito in un universo nel quale non esisteva. E noi ci siamo trasferiti con lui perche siamo oggetti del suo sistema percettivo. Poi, quando l’effetto della droga e finito, si e trasferito di nuovo qui. A riportarlo qui non e stato qualcosa che ha assunto ma la morte di Alys. Dopo di che, com’e ovvio, dalla centrale dati ci e arrivato il suo dossier.
— Buonanotte — disse Buckman. Lascio l’ufficio, attraverso la grande, muta sala con le immacolate scrivanie di metallo, tutte identiche, tutte in perfetto ordine al termine della giornata, compresa quella di McNulty; e finalmente si trovo nel tubo di salita, diretto al tetto.
L’aria della notte, fredda e tersa, porto il mal di testa a un livello terribile. Chiuse gli occhi e strinse i denti. Poi penso: “Potrei farmi dare un analgesico da Phil Westerburg. Ce ne saranno probabilmente una cinquantina di tipi diversi nella farmacia dell’accademia. E Westerburg ha le chiavi”.
Ridiscese al tredicesimo piano, torno nella sua suite ufficio, dove Herb Maime e Westerburg stavano ancora parlando.
Herb gli disse:
— Non lo siamo — replico Buckman.
— Lo siamo e non lo siamo — continuo Herb. — Non e stato Taverner a prendere il kr-3. L’ha preso Alys. Taverner, come tutti noi, e diventato un dato del sistema percettivo di sua sorella ed e stato trascinato nell’insieme alternativo di coordinate nel quale e finita Alys. Evidentemente sua sorella vedeva in Taverner un potente catalizzatore, la realizzazione concreta dei suoi desideri nei confronti degli artisti, e da un po’ di tempo cullava la fantasia di poterlo conoscere di persona. Ma, anche se e riuscita a realizzarla prendendo la droga, Taverner e noi siamo rimasti, allo stesso tempo, nel nostro universo. Abbiamo occupato due corridoi spaziali contemporaneamente: uno reale, l’altro irreale. Uno e una realta. L’altro e una possibilita latente tra molte, concretizzata momentaneamente dal kr-3. Ma solo momentaneamente. Per due giorni circa.
— Quanto basta — disse Westerburg — per provocare un enorme danno fisico al cervello del soggetto. Il cervello di sua sorella, signor Buckman, probabilmente non e stato distrutto dalla tossicita ma da un sovraccarico elevatissimo e continuo. Potremmo scoprire che la causa scatenante della morte sono stati i danni irreversibili ai tessuti corticali, un’accelerazione del normale decadimento neurologico. Il suo cervello, per cosi dire, e morto di vecchiaia in un intervallo di due giorni.
— Potrebbe darmi del Darvon? — domando Buckman a Westerburg.
— La farmacia e chiusa.
— Ma lei ha la chiave.
— Non sono autorizzato a servirmene quando il farmacista non e in servizio.
— Faccia un’eccezione — disse Buckman, secco. — Per questa volta.
Westerburg si allontano, frugando tra le sue chiavi.
— Se ci fosse il farmacista — disse Buckman dopo un po’, — non avrebbe bisogno della chiave.
— L’intero pianeta — disse Herb — e in mano a burocrati. — Scruto Buckman. — Lei e a pezzi. Non sta piu in piedi. Dopo avere preso il Darvon, torni a casa.
— Non sto male. Pero non mi sento troppo bene.
— Comunque, non resti qui. Penso io a finire il lavoro. Lei sta sempre per andarsene, e poi torna indietro.
— Sono come un animale — disse Buckman. — Un topo da laboratorio.
Il telefono sulla grande scrivania di quercia ronzo.
— C’e qualche possibilita che sia uno dei marescialli? — chiese Buckman. — Stanotte non sono in grado di parlare con loro. Dovro rimandare.
Herb ando ad alzare il ricevitore. Ascolto. Poi mise la mano sul microfono e disse: — E Taverner. Jason Taverner.
— Gli parlo io. — Buckman prese il ricevitore dalla mano di Herb Maime. — Pronto? Taverner, e tardi.
La voce sottile di Taverner rispose: — Voglio costituirmi. Sono nell’appartamento di Heather Hart. Stiamo aspettando assieme.
— Vuole costituirsi — disse Buckman a Herb Maime.
— Gli dica di venire qui — rispose Herb.
— Venga qui — disse Buckman nel telefono. — Perche vuole costituirsi? La uccideremo, miserabile figlio di puttana. Omicida. E lei lo sa. Perche non scappa?
— Dove? — strillo Taverner.
— In uno dei campus. Vada alla Columbia. Per un po’ avranno acqua e cibo.
— Non voglio che continuiate a darmi la caccia.
— Vivere e essere cacciati — ansimo Buckman. — Okay, Taverner, venga qui e la chiuderemo in cella. Porti anche la Hart. Vogliamo sentire cos’ha da dire. — “Maledetto idiota” penso, “costituirti!” — Gia che c’e, si tagli anche i testicoli, stupido bastardo! — Gli tremava la voce.
— Voglio provare la mia innocenza — mormoro all’orecchio di Buckman la voce esile di Taverner.
— Quando arrivera qui — disse Buckman, — la uccidero io stesso, con la mia pistola. Resistenza all’arresto, degenerato che non e altro. O qualunque cosa decideremo di dire. Diremo quello che ci parra meglio. Qualunque cosa. — Riappese. — Sta venendo qui a farsi uccidere — disse a Herb Maime.
— L’ha scelto lei come capro espiatorio. Puo lasciarlo andare, se vuole. Lasciar cadere le accuse. Rimandarlo ai suoi dischi e al suo stupido show televisivo.
— No. — Buckman scosse la testa.
Westerburg riapparve con due capsule rosa e un bicchiere di carta pieno d’acqua. — Darvon — disse, porgendo il tutto a Buckman.
— Grazie. — Buckman mando giu le capsule, bevve l’acqua, accartoccio il bicchiere di carta e lo getto nel suo tritarifiuti. I denti del meccanismo macinarono ronzando piano, poi si fermarono. Silenzio.
— Vada a casa — disse Herb. — O, meglio ancora, vada in un motel a passare la notte. Un buon motel del centro. Domattina dorma fino a tardi. Pensero io ai marescialli, quando chiameranno.
— Devo vedere Taverner.
— No. Me ne posso occupare io. Oppure uno dei sergenti di turno. Come per qualsiasi altro criminale.
— Herb — disse Buckman, — io voglio ucciderlo. Come ho detto al telefono. — Ando alla scrivania, apri il cassetto piu in basso, prese una scatola di legno di cedro e la mise sul piano. L’apri e tiro fuori una Derringer a un solo colpo, calibro 22. La carico con una pallottola a punta concava, armo il cane, tenendo la canna puntata verso il soffitto. Per sicurezza. Per abitudine.
— Me la faccia vedere — disse Herb.
Buckman gli passo l’arma. — Fabbricata dalla Colt. La Colt ha acquistato gli stampi e i brevetti. Non ricordo piu quando.
— E una bella pistola. — Herb la soppeso nella mano. — Una splendida pistola. — La restitui. — Ma una pallottola calibro 22 e troppo piccola. Dovrebbe centrarlo esattamente in mezzo alla fronte. Dovrebbe stargli davanti. — Mise una mano sulla spalla di Buckman. — Usi una 38 special o una 45. Okay? Lo fara?
— Sai di chi e questa pistola? — chiese Buckman. — Di Alys. La teneva qui perche diceva che, se l’avesse avuta a casa, avrebbe potuto spararmi durante una delle nostre discussioni, oppure a notte fonda, quando si sente… quando si sentiva depressa. Pero non e una pistola da donna. Derringer faceva delle pistole da donna, ma questa non lo e.
— Gliel’ha comperata lei?
— No. Alys l’ha trovata in un monte di pieta a Watts. L’ha pagata venticinque dollari. Non un cattivo prezzo, considerate le condizioni dell’arma. — Alzo la testa, guardo Herb in faccia. — Dobbiamo proprio ucciderlo. I