marito.
In un momento i Limoncini furono sopraffatti, la folla si riverso nel corso e prese sulle spalle i prigionieri per portarli in trionfo.
I Limoncini di corte, spaventatissimi, tentarono di scappare. Ma i carri, come sapete, erano frenati, e non si muovevano di un palmo: cosi i Limoni furono presi e legati come salami.
II Principe Limone, invece, aveva fatto in tempo a balzare sulla sua carrozza, che, non partecipando alla corsa, non era frenata, e pote allontanarsi velocemente. Non penso nemmeno di recarsi al suo Palazzo, e prese invece la strada dei campi, picchiando i cavalli con un bastone per farli galoppare piu in fretta. I cavalli, ubbidienti, galopparono tanto in fretta che la carrozza si rovescio, e il Principe Limone ando a ficcarsi a testa in giu in un letamaio.
— Un posto adatto per lui, — avrebbe detto Cipollino se lo avesse potuto vedere.
Capitolo XXVIII
Pomodoro mette una tassa sui temporali e la nebbia bassa
Proprio mentre in citta si svolgevano le grandi corse dei cavalli frenati, in una sala del Castello del Ciliegio, che fungeva da aula del Tribunale, Pomodoro aveva fatto convocare gli abitanti del villaggio per decidere una causa molto importante.
Presidente, manco a dirlo, era lo stesso Pomodoro. Avvocato il sor Pisello. Don Prezzemolo fungeva da usciere, e scriveva le risposte in un registro con la mano sinistra, per poter continuare a soffiarsi il naso con la destra.
La gente era abbastanza spaventata, perche ogni volta che si radunava il Tribunale erano guai. L'ultima volta, per esempio, il Tribunale aveva deciso che l'aria era proprieta delle Contesse del Ciliegio, e che quindi si dovesse pagare per respirare. Una volta al mese Pomodoro faceva il giro delle case, faceva respirare profondamente in sua presenza i cittadini e prendeva le misure del loro respiro: poi faceva alcune moltiplicazioni e concludeva fissando la cifra della tassa.
Il sor Zucchina, che come sapete sospirava continuamente, era quello che pagava piu di tutti.
Il Cavalier Pomodoro prese per primo la parola e disse:
— Negli ultimi tempi le entrate del Castello sono state piuttosto scarse. Come sapete, le due povere vecchie signore, orfane di padre, di madre e di zii, sono nella piu squallida miseria, e si trovano nella triste necessita di mantenere anche il Duchino Mandarino e il Barone Melarancia, per non lasciarli morire di fame.
Mastro Uvetta lancio un'occhiataccia al Barone, che sedeva in un angolo con gli occhi chiusi, e assaporava mentalmente una lepre in salmi con contorno di passerotti.
— Qui non si danno occhiatacce, — ammoni severamente Pomodoro, — smettetela di guardare a quel modo altrimenti faccio sgomberare l'aula.
Mastro Uvetta si affretto a guardare la punta delle proprie scarpe.
— Le nobili Contesse, nostre amate padrone, hanno dunque presentato richiesta scritta in carta da bollo per ottenere il riconoscimento di un loro importante diritto. Avvocato, date lettura del documento.
Il sor Pisello si alzo, si schiari la voce, gonfio il petto con aria d'importanza e comincio a leggere:
—
Il sor Pisello si sedette. Il Presidente domando:
— Sono in regola le carte da bollo?
— Si, signor Presidente, — rispose il sor Pisello, balzando nuovamente in piedi.
— Benissimo, — concluse Pomodoro, — se le carte da bollo sono in regola le Contesse hanno ragione, e questo Tribunale si ritira I per pronunciare la sentenza.
Il Cavaliere si alzo, raccolse la toga nera che gli era scivolata dalle spalle e si ritiro in uno stanzino per stendere la sentenza del Tribunale.
Pero Pera diede una leggera gomitata al suo vicino, Pirro Porro, e bisbiglio timidamente:
— Trovate giusto che si debba pagare anche per la grandine e per la nebbia? Capisco per la pioggia e per la neve, che recano vantaggio alla campagna. Ma una grandinata e gia una bella sventurata sola, ed ecco che proprio sulla grandine mettono la tassa piu alta. E la nebbia non provoca forse un gran numero di disastri per terra e per mare?
Pirro Porro non rispose. Continuava a lisciarsi nervosamente i baffi, aiutato dalla moglie che cosi sfogava la bile.
Mastro Uvetta si cerco in tasca una lesina per grattarsi la testa, ma si ricordo che prima di entrare in aula aveva dovuto consegnare le armi. Don Prezzemolo non perdeva d'occhio l'aula e segnava continuamente a verbale:
Faceva proprio come quegli scolari che la maestra manda alla lavagna per fare la spia ai compagni, e mentre lei e in corridoio a parlare con le sue colleghe scrivono i nomi dei buoni e dei cattivi.
Nella colonna dei buoni, don Prezzemolo scrisse:
— Ali, — pensava Mastro Uvetta, — se ci fosse qui Cipollino, certe cose non succederebbero. Da quando Cipollino e in prigione, siamo trattati come schiavi, senza mai poter aprir bocca, per paura che don Prezzemolo ci segni nel suo libraccio.
Difatti quelli che don Prezzemolo segnava nella colonna dei cattivi, dovevano poi pagare la multa. Mastro Uvetta pagava quasi una multa al giorno, e certi giorni perfino due.
Finalmente la Corte, ossia Pomodoro, rientro nell'aula delle udienze.
— In piedi! — ordino don Prezzemolo, il quale pero rimase seduto.
— Vi do lettura della sentenza, — disse il Cavaliere. — Eccola:
La sala fu percorsa da un mormorio.
Tutti guardarono spaventati fuori delle finestre, sperando di vedere il cielo sereno. Purtroppo invece, videro che stava avvicinandosi un temporale.
— Mamma mia, — penso Mastro Uvetta, — ecco quattrocento lire da pagare.
— Maledizione alle nuvole.
Anche Pomodoro guardo fuori della finestra, e la sua faccia grassa e rossa si spiano in un bellissimo sorriso.
— Eccellenza, — grido il sor Pisello, — siamo fortunati. Il barometro si abbassa. Avremo certamente cattivo tempo.
Tutti gli lanciarono un'occhiata di odio, meritandosi un brutto segno da don Prezzemolo, che non ne perdonava una.
Quando il temporale scoppio davvero, di li a qualche minuto, il sor Pisello si mise addirittura a saltare sul banco del Presidente e Mastro Uvetta, con tutta la sua rabbia, dovette accontentarsi di guardare piu fissamente la punta delle proprie scarpe per non beccarsi un'altra multa.