La povera gente del villaggio guardava la pioggia che cadeva come avrebbe guardato il finimondo. I tuoni gli parevano altrettante cannonate. I lampi, era come se gli scoppiassero nel cuore.

Don Prezzemolo si bagno la matita copiativa sulla lingua e comincio rapidamente a calcolare quanto ci guadagnava, con tutta quella grazia di Dio, l'Amministrazione del Castello. Ne venne fuori una bella cifra, e contando anche le multe addirittura un piccolo patrimonio.

La sora Zucca comincio a piangere, e la moglie di Pirro Porro la imito subito, bagnando da cima a fondo i baffi di suo marito, che adoperava per asciugarsi gli occhi.

Pomodoro si arrabbio moltissimo e li caccio tutti fuori dell'aula.

I poveretti uscirono sotto l'acqua e s'incamminarono giu per la discesa senza nemmeno affrettare il passo. Non gli importava niente di bagnarsi e di prendersi un raffreddore. Quando uno ha un male grosso, quelli piccoli non li sente nemmeno.

Prima di arrivare al villaggio c'era un passaggio a livello, e i nostri dovettero fermarsi, perche stava per arrivare il treno. Veder passare il treno al passaggio a livello e sempre uno spettacolo interessante. Si vede la macchina venire avanti sbuffando e gettando fumo dai fumaioli. Nella sua cabina il macchinista, con un fiore in bocca, tira allegramente la cordicella del fischio. Ai finestrini si affaccia la gente che e stata alla fiera, i contadini col tabarro, le contadine col fazzoletto nero in testa. Sull'ultimo vagone…

— Giusto cielo, — esclamo la sora Zucca, — guardate un po' sull'ultimo vagone.

— Si direbbe, — arrischio timidamente il sor Zucchina, — si direbbero orsi.

Tre orsi stavano affacciati ai finestrini e guardavano con interesse il paesaggio.

— Questa non si e mai vista, — dichiaro Pirro Porro, mentre i baffi gli si sollevavano per la sorpresa.

Uno dei tre orsi li salutava con grandi gesti.

— Villano screanzato, — gli grido dietro Mastro Uvetta, — hai anche la faccia tosta di prenderci in giro.

Macche, l'orso continuava a salutarli, e anche quando il treno fu passato, si sporgeva dal finestrino agitando la zampa e si sporse tanto che fu per cadere. Per fortuna gli altri due orsi lo afferrarono per la coda e lo tirarono dentro.

I nostri amici giunsero davanti alla stazione proprio mentre il treno si fermava. Ed ecco di nuovo i tre orsi, che uscivano dondolandosi gravemente. Il piu anziano dei tre consegno i biglietti al facchino.

— Sono tre orsi saltimbanchi, — disse con disprezzo Mastro Uvetta, — sono venuti certamente con l'intenzione di dar spei tacolo. Ora si vedra il domatore. Sono sicuro che si tratta di uno di quei vecchi tedeschi con la barba rossa e con un piffero di legno.

Il domatore invece era piccoletto, aveva un berrettino verde, un paio di pantaloni blu pezzati sul ginocchio… un musetto vispo e intelligente, con l'espressione di chi ne sta pensando uni bella.

— Cipollino! — grido Mastro Uvetta mettendosi a correre. Era proprio Cipollino, che prima di tornare in campagna era passato allo zoo ed aveva liberato la famiglia degli orsi. Il guardiano era stato tanto contento di rivederlo, che gli avrebbe regalato anche l'Elefante, se l'avesse voluto.

Ma l'Elefante non volle credere che c'era stata la Rivoluzione e rimase nella sua stalla, a scrivere le sue memorie.

Figuratevi gli abbracci, i baci, i racconti, eccetera eccetera.

E tutto sotto la pioggia, questo e il bello: quando uno e contento, i piccoli guai non gli importano niente, e non gli importa niente se prende il raffreddore.

Pero Pera continuava a stringere la zampa all'orsacchiotto piu giovane, balbettando commosso:

— Vi ricordate quando avete ballato al suono del violino? L'orsacchiotto se ne ricordava e comincio subito a ballare mentre i ragazzi battevano le mani.

Naturalmente Ciliegino fu subito avvisato del ritorno di Cipollino: e giu altri abbracci e baci a non finire.

— Adesso basta con le feste, — disse ad un certo punto Cipollino, — debbo esporvi un piccolo piano.

Mentre Cipollino espone il suo piano, andiamo un po' a vedere che ne e stato del Principe Limone.

Capitolo XXIX

Qui Limone per la paura cambia le leggi di natura

Abbiamo lasciato il Governatore con la testa infilata in un letamaio, con la scusa che ci stava comodo.

— Qui si sta caldi e tranquilli, — diceva il Governatore, sputando il letame che gli entrava in bocca.

— Restero qui finche le mie guardie avranno ripristinato l'ordine pubblico.

Essendo scappato senza voltarsi indietro, non sapeva nemmeno che le sue guardie avevano tagliato la corda, che i suoi Limoni riempivano le prigioni e che era stata proclamata la Repubblica.

Quando la pioggia comincio ad innaffiargli abbondantemente il di dietro, il Principe cambio idea:

— Questo posto e umido, — disse, — e meglio che me ne cerchi uno piu asciutto.

Raddoppio gli sgambettamenti e infine gli riusci di tirarsi fuoii dal letamaio.

Allora si accorse di essere a pochi passi dal Castello del Ciliegio.

— Come diavolo sono venuto a finir qui? — si domando, nel tandosi gli occhi dal letame.

Si nascose dietro un pagliaio per lasciar passare una strana processione di gente — e voi sapete di chi si trattava — poi si avvio su per la salita. Suono il campanello e Fragoletta gli venne ad aprire.

— Le Contesse non ricevono mendicanti, — disse la fanciulla sbattendogli la porta sul muso.

— Ma quale mendicante, io sono il Governatore!

Fragoletta lo guardo con compassione:

— Poveruomo, — disse, — la miseria vi ha dato alla testa.

— Ma quale miseria, sono ricchissimo!

— A vedervi non si direbbe, — aggiunse Fragoletta, pulendogli la faccia col fazzoletto.

— Lasciatemi stare con quel moccichino e annunciatemi alle Contesse.

— Che cosa succede? — domando don Prezzemolo, che passava di li soffiandosi il naso.

— C'e un poveretto che crede di essere il Governatore.

A don Prezzemolo basto un'occhiata per riconoscere il Principe.

— Mi son travestito cosi per osservare da vicino il mio popolo, — dichiaro Limone, che si vergognava dello stato in cui si trovava.

— Altezza, si accomodi, — esclamo emozionato don Prezzemolo, inchinandosi fino a terra.

Il Governatore entro, fulminando con un'occhiata Fragoletta.

Le Contesse non finivano mai di lodare la premura del Governatore verso il suo popolo.

— Vedete quali disagi gli tocca affrontare.

— Tutto per il bene del popolo, — rispondeva il Governatore, senza neanche arrossire, perche non si e mai visto un Limone rosso.

— E Vostra Altezza come ha trovato il suo popolo?

— Felice e contento, — dichiaro il Principe. — Non conosco un popolo piu felice del mio.

E non sapeva di dire la verita: il suo popolo era difatti felice, in quel momento, ma solo perche si era sbarazzato di lui.

— Vostra Altezza desidera un cavallo per tornare al Palazzo? — domando Pomodoro.

— No, no, — rispose vivacemente il Principe, — aspettero che passi la bufera.

— Faccio rispettosamente osservare, — disse il Cavaliere, stupito, — che il temporale e finito, e che splende di nuovo il sole.

— Avete il coraggio di contraddirmi? — strillo il Principe battendo i piedi.

— Veramente non capisco la vostra audacia, — osservo il Barone Melarancia, — se Sua Altezza dice che c'e un temporale, per me questa e la verita.

Cominciarono tutti a parlare del tempo.

— Che brutto tempo, — diceva Donna Prima, guardando dalla finestra nel giardino, in cui il sole faceva

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