piangere a ruscelli. Le lacrime gli scorrevano giu per le guance a sette a sette. La strada fu subito bagnata come se fosse passato lo spazzino con la pompa.

'Questa non mi era mai capitata!' — rifletteva stralunato Pomodoro.

Infatti, siccome non aveva cuore, non gli era mai capitato di piangere, e poi non aveva mai sbucciato le cipolle. Il fenomeno gli parve cosi strano che balzo sul calesse, frusto il cavallo e scappo via a gran velocita. Mentre fuggiva, pero si volto indietro a gridare:

— Zucchina, sei avvisato… E tu, piccolo malandrino, pagherai salate queste lagrime.

Cipollino si butto per terra a ridere e il sor Zucchina si asciugava il sudore.

Una dopo l'altra le porte e le finestre si spalancavano, tranne quella del sor Pisello. Mastro Uvetta rialzo la saracinesca e venne fuori grattandosi la testa con entusiasmo:

— Per tutto lo spago dell'universo! — esclamava, — Ecco uno capace di far piangere il Cavalier Pomodoro. Di dove vieni, ragazzo?

E Cipollino dovette raccontare a tutti la sua storia, che voi conoscete gia.

Capitolo III

Un Millepiedi pensa: che guaio portare i figli dal calzolaio!

Cipollino comincio a lavorare nella bottega di Mastro Uvetta, e faceva molti progressi nell'arte del ciabattino: dava la pece allo spago, batteva le suole, piantava i chiodi negli scarponi, prendeva le misure ai clienti.

Mastro Uvetta era contento e gli affari andavano bene. Molta gente veniva nella sua bottega solo per dare un'occhiata a quello straordinario ragazzetto che aveva fatto piangere il Cavalier Pomodoro.

Cosi Cipollino fece molte nuove conoscenze.

Venne prima di tutti il professor Pero Pera, maestro di musica, con il violino sotto il braccio. Lo seguiva un codazzo di mosconi e di vespe, perche il violino di Pero Pera era una mezza pera profumata e burrosa, e si sa che i mosconi perdono facilmente la testa per le pere.

Piu di una volta, quando Pero Pera dava concerto, gli spettatori si alzavano e davano l'allarme:

— Professore, faccia attenzione: sul violino c'e un moscone.

Pero Pera interrompeva il concerto e con l'archetto dava la caccia al moscone. Qualche volta un bacherozzo riusciva a introdursi nel violino e vi scavava delle lunghe gallerie: cosi lo strumento era rovinato, e il professore doveva procurarsene un altro.

Poi venne Pirro Porro, che faceva l'ortolano: aveva un gran ciuffo sulla fronte e un paio di baffi che non finivano mai.

— Questi baffi, — racconto Pirro Porro a Cipollino, — sono la mia disperazione. Quando mia moglie deve stendere il bucato ad asciugare, mi fa sedere sul balcone, attacca i miei baffi a due chiodi, uno a destra e uno a sinistra, e ci appende i panni. E a me tocca starmene tutto il tempo al sole, fin che siano asciutti. Guarda i segni delle mollette.

Difatti sui baffi, a distanze regolari, si vedevano i segni delle mollette.

Venne anche una famiglia di Millepiedi forestieri, cioe il padre e due figli, che si chiamavano Centozampine e Centogambette e non stavano mai fermi un minuto.

— Sono sempre cosi vivaci? — domando Cipollino.

— Cosa dici mai? — fece il Millepiedi. — Adesso sono due angeli. Li dovresti vedere quando mia moglie gli fa il bagno: gli lava le gambe davanti e loro si sporcano quelle di dietro, gli lava quelle di dietro e loro si sporcano davanti. Non finisce mai e ogni volta ci vuole una cassa di sapone.

Mastro Uvetta domando:

— E cosi, gli prendiamo la misura per le scarpe, ai piccolini?

— Per l'amor del cielo: duemila paia di scarpe! Dovrei lavorare tutta la vita per pagare il debito.

— Io, poi, — aggiunse Mastro Uvetta, — non avrei abbastanza cuoio in tutta la bottega.

Date un'occhiata a quelle piu rotte, e vedremo di cambiare almeno quelle.

Centozampine e Centogambette si sforzarono volenterosanicnte di tener fermi i piedi mentre Mastro Uvetta e Cipollino esaminavano suole e tomaie.

— Ecco, a questo bisognerebbe cambiare le prime due paia e il paio numero trecento.

— Oh, quello puo andare ancora, — si affretto a dire babbo Millepiedi, — bastera rimettere i tacchi.

— A quest'altro bisogna cambiare le dieci scarpe in fondo alla fila di destra.

— Glielo dico sempre di non strisciare i piedi. I bambini camminano, forse? Macche: saltano, ballano, strisciano. Ed ecco il risultato: tutta la fila delle scarpe di destra si consuma prima della fila di sinistra.

Mastro Uvetta sospirava:

— Eh, avere due piedi o mille e lo stesso, per i bambini. Sarebbero capaci di rompere mille paia di scarpe con un piede solo.

Infine la famiglia Millepiedi se ne ando zampettando: Centozampine e Centogambette scivolarono via meglio che se avessero le ruote. Babbo Millepiedi invece era un po' meno veloce: infatti era un po' zoppo. Ma mica tanto, poi: era zoppo solo da centodiciassette zampe…

Capitolo IV

Il terribile cane Mastino e preso per sete da Cipollino

E la casa del sor Zucchina? Ando a finire che una brutta mattina il Cavalier Pomodoro si ripresento, a bordo della sua carrozza tirata da quattro cetrioli; ma stavolta era accompagnato da una dozzina di guardie. Senza tanti complimenti il sor Zucchina fu fatto sgomberare e nella sua casetta fu messo un terribile cagnaccio, di nome Mastino.

— Cosi, — esclamo Pomodoro guardandosi attorno con aria di minaccia, — i monelli del paese impareranno a portarmi rispetto, a cominciare da quel monello forestiero che Mastro Uvetta si e preso in casa.

— Bene, bene, — approvo Mastino.

— Quanto a quel vecchio scimunito di Zucchina, imparera ad opporsi ai miei ordini. Se vuole una casa, c'e un posto per lui in prigione. La dentro c'e posto per tutti.

— Bene, bene, — approvo di nuovo Mastino.

Mastro Uvetta e Cipollino, sulla soglia della bottega, assistettero a quella scena senza poter muovere un dito. Zucchina si sedette tristemente su un paracarro a lisciarsi la barba. E ogni volta che se la lisciava gli restava in mano un pelo. Cosi decise di non toccarsi piu la barba per non consumarla. Se ne stava seduto sul paracarro zitto zitto, e sospirava, perche avrete gia capito che Zucchina aveva una grande riserva di sospiri.

Pomodoro rimonto in carrozza. Mastino si mise sull'attenti e gli presento la coda.

— Tu, fai buona guardia, — comando il Cavaliere. — Diede una frustata ai quattro cetrioli e la carrozza riparti.

Era una bella giornata d'estate, molto calda. Mastino passeggio per un po' davanti alla casetta, in su e in giu, dimenando la coda per darsi delle arie. Poi comincio a sudare e penso che gli avrebbe fatto piacere un bicchiere di birra. Si guardo attorno per vedere se c'era qualche monello da mandare all'osteria a prendere la birra, ma monelli non se ne vedevano. C'era Cipollino sulla soglia della bottega di Mastro Uvetta che tirava lo spago, ma, chissa perche, da quella parte Mastino sentiva un odore sospetto. Decise di non dirgli nulla.

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