Il caldo aumentava col salir del sole, e col caldo la sete.

— Chissa cos'ho mangiato, questa mattina, — borbottava Mastino. — Che mi abbiano messo troppo sale nella zuppa? Mi sembra di avere il fuoco in gola e ho la lingua di cemento armato.

Cipollino si fece sulla porta a dare un'occhiata.

— Ehi! — guai Mastino con un fil di voce.

— Dite a me?

— Si, dico a voi, giovanotto. Mi andreste a prendere una aranciata?

— Ci andrei volentieri, signor Mastino, ma giusto adesso il mio padrone mi ha dato questa scarpa da risuolare e non ho tempo.

E rientro senz'altro nella bottega.

— Che maleducato! — brontolo il cane, scuotendo con rabbia la catena che gli impediva di fare senz'altro una scappata all'osteria.

Dopo un poco, Cipollino si affaccio di nuovo.

— Signorino, — mormoro Mastino, — mi portereste un bicchiere d'acqua?

— Io si che ve lo porterei, — rispose pronto Cipollino, — ma giusto adesso il mio padrone mi ha comandato di rimettere i tacchi a un paio di scarpe del barbiere.

Verso le tre del pomeriggio il sole scottava tanto che perfino i sassi sudavano. Il Mastino non ne poteva piu. Allora Cipollino riempi d'acqua una bottiglia e ci verso una polverina bianca che la moglie di Mastro Uvetta usava per addormentarsi la sera. Difatti la povera donna era tanto nervosa che senza quella polverina non le riusciva di dormire.

Cipollino mise il pollice sulla bocca della bottiglia e poi, portandosela alle labbra, finse di bere.

— Ah! — esclamo poi lisciandosi la gola, — quant'e fresca!

Il Mastino inghiotti un litro di acquolina e per un momento gli parve di star bene.

— Signor Cipollino, — disse poi, — e molto buona quell'acqua?

— Buona? Dite pure che e meglio del rosolio.

— E non ci sono microbi?

— Macche, e acqua purissima, distillata da un professore dell'universita di Barberino.

E cosi dicendo si porto di nuovo la bottiglia alla bocca e finse di inghiottirne un paio di sorsate.

— Signor Cipollino, — fece il Mastino, — com'e che la bottiglia resta sempre piena?

— Dovete sapere, — rispose Cipollino, — che questo e un regalo del mio povero nonno. E' una bottiglia che non si vuota mai.

— Me ne dareste una sorsatina? Tanto come un cucchiaio mi basterebbe.

— Una sorsatina? Ma io ve ne do una mezza dozzina di bottiglie! — rispose Cipollino.

Figuratevi la gioia di Mastino: non la finiva piu di ringraziare il ragazzo, gli leccava le ginocchia dimenando la coda come non avrebbe fatto nemmeno per le sue padrone, le Contesse del Ciliegio. Cipollino gli porse la bottiglia. Il cane se l'attacco alle labbra e bevve, la bevve tutta fino in fondo con una sola sorsata e stava per dire:

— E' gia finita? Non mi avevate detto che era una bottiglia miracolosa?

Ma non fece in tempo a dirlo e cadde addormentato.

Cipollino lo slego dalla catena, se lo carico sulle spalle e si avvio verso il Castello. Si volto indietro ancora una volta a guardare il sor Zucchina che ripigliava possesso della sua casuccia: nel finestrino, la faccia del vecchietto, con la sua barba rossiccia spelacchiata, sembrava il ritratto della felicita.

— Povero cagnaccio! — pensava Cipollino camminando verso il Castello. — Te l'ho dovuta fare. Chissa se mi ringrazierai ancora per l'acqua fresca, quando ti sveglierai.

Il cancello del parco era aperto. Cipollino poso il cane sull'erba, lo accarezzo dolcemente e disse:

— Scusami tanto, e salutami il Cavalier Pomodoro.

Il Mastino rispose con un mugolio felice: stava sognando di nuotare in un laghetto in mezzo alle montagne, un laghetto di acqua fresca e dolcissima, e nuotando beveva a sazieta, diventava d'acqua lui pure, un cane d'acqua, con due orecchie d'acqua e una coda d'acqua zampillante.

— Sogna in pace, — disse Cipollino. E torno al villaggio.

Capitolo V

Signori ladri, prima di entrare il campanello vogliate suonare

Al villaggio Cipollino trovo molta gente radunata attorno alla casa del sor Zucchina a discutere. A dire la verita, erano tutti piuttosto spaventati.

— Che fara ora il Cavaliere? — si domandava il professor Pero Pera con aria preoccupata.

— Io dico che questa storia finira male. In fin dei conti, loro sono i padroni e loro comandano, — osservo la sora Zucca. La moglie di Pirro Porro le diede subito ragione, afferro il marito per i baffi come se fossero due redini e fece:

— Arri la! Torniamo a casa, prima che succedano altri guai. Anche Mastro Uvetta crollava il capo.

— Pomodoro e rimasto beffato due volte: ora si vorra vendicare, — disse.

L'unico a non preoccuparsi era il sor Zucchina: aveva cavato di tasca i piu bei confetti che si fossero mai visti e ne offriva a tutti per festeggiare l'avvenimento. Cipollino prese un confetto, lo succhio ben bene, poi disse:

Sono anch'io del parere che Pomodoro non si arrendera tanto presto.

— Ma allora… — comincio Zucchina, sospirando. Tutta la sua felicita era scomparsa come il sole quando passa una nuvola.

— Allora, la mia idea e questa. Non c'e che una cosa da fare: nascondere la casa.

— Nascondere la casa?

— Appunto. Se fosse un gran palazzo non lo direi nemmeno, ma una casa tanto piccola non si fara fatica a nasconderla. Scommetto che ci sta tutta sul carretto del cenciaiolo.

Fagiolino, che era il figlio del cenciaiolo, scappo subito a casa e torno di li a poco col carretto.

— Qua sopra? — domando Zucchina, preoccupato che la sua casetta potesse andare in pezzi.

— Ci stara benissimo, — sentenzio Cipollino.

— E dove la portiamo?

— Si potrebbe, — propose Mastro Uvetta, — si potrebbe nasconderla nella mia cantina, per intanto. Poi si stara a vedere.

— E se Pomodoro lo viene a sapere?

Tutti guardarono dalla parte del sor Pisello, che passava di li fingendo di essere in un altro posto. L'avvocato arrossi e si affretto a giurare e spergiurare:

— Da me Pomodoro non sapra mai nulla. lo non sono una spia, sono un avvocato.

— In cantina sara umido: la casa potrebbe sciuparsi, — obietto timidamente il sor Zucchina. Perche non la nascondiamo nel bosco?

— E chi la custodira? — domando Cipollino.

— Io conosco un tale, — disse Pero Pera, — che abita nel bosco, il sor Mirtillo. Si potrebbe provare ad affidargli la casa per qualche tempo. Poi si vedra.

Decisero di provare. In tre minuti la casina fu caricata sul carretto del cenciaiolo: il sor Zucchina la saluto con un ultimo sospiro e ando a riposarsi di tante emozioni a casa della sora Zucca, che era sua nipote.

Cipollino, Fagiolino e il professore si diressero verso il bosco, spingendo il carretto senza nemmeno fare troppa fatica: la casetta non pesava piu di una gabbia per i passeri.

Il sor Mirtillo abitava in un riccio di castagna dell'anno prima: un bel riccio grosso e spinoso, dove il sor Mirtillo ci stava comodissimo, lui e le sue ricchezze, che consistevano in una mezza forbice, una lametta per la barba, un ago con una gugliata di cotone e una crosta di formaggio.

Appena ebbe sentito la proposta si spavento moltissimo: l'idea di abitare in una casa cosi grande gli dava i

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