dall’altra parte della strada in direzione di un malandato edificio dalle insegne sbiadite che offrivano affitti settimanali a prezzi dubbiosamente bassi — «e l’altro era al chiosco del caffe. Ryan e Peterson sono arrivati circa alle sette e mezzo; Peterson attraversa la strada, lasciando Ryan in macchina. Ryan di tanto in tanto chiude gli occhi. Non si accorge di un uomo bianco con i capelli corti, gli occhiali, longilineo, vestito o di marrone e verde o di marrone e grigio, che arriva da quella parte e si avvicina al veicolo con una mano dietro la schiena.»

Monroe punto di nuovo il dito, questa volta verso un parcheggio leggermente sopraelevato che portava all’ingresso del Knights, un motel a due piani con cortile. «Il tizio viene diritto qui e si piazza di fianco alla macchina di pattuglia. Dice qualcosa e subito dopo spara. Bang, bang. Poi sparisce.»

«Come fa a sparire?» disse Nina, girandosi per guardare intorno. «Il compagno di Ryan e a non piu di dieci metri di distanza.»

Monroe fece cenno con la testa verso un vicolo un po’ piu in la lungo la strada. «Alla velocita della luce. Abbiamo trovato la pistola laggiu. Nel momento in cui Peterson sente gli spari, si accorge di Ryan e comincia a correre, e troppo tardi. L’assassino e gia sparito.»

Monroe comincio a camminare in direzione del motel. Nina gli tenne dietro.

«Nessuno sa dire niente su Ryan eccetto che era un bravo poliziotto. Non dei migliori, di quelli che portano l’uniforme per tutta la vita, ma comunque uno che faceva un buon lavoro. Non ci sono elementi che facciano pensare che fosse stato corrotto o che si sia in qualche modo sporcato. Quindi l’impressione iniziale e stata che ci fosse un ammazza-sbirri a zonzo, fino a che qualcuno non ha parlato con il direttore di questo motel.»

L’ingresso del Knights era abbastanza largo da poterci entrare in macchina. In ogni caso, non ci sarebbe stato nessun motivo per farlo perche all’interno c’erano solo un piccolo cortile fatiscente con i resti di una fontana in cemento, e qualche pianta emaciata che cercava senza troppa convinzione di dimostrare che la vita puo prosperare ovunque. Sulla destra avevano trovato alloggio una macchina per il ghiaccio e un distributore di Coca- Cola. I poliziotti, che circondavano l’altro lato, si tirarono indietro di malavoglia quando Monroe condusse Nina sulla destra nell’ufficio con la vetrata. Avevano l’aria di qualcuno a cui sia stato impedito di fare un lavoro che ritiene di propria competenza. Dentro l’ufficio c’erano altri quattro poliziotti insieme a un tizio grasso con jeans sformati e una T-shirt immacolata.

«Raccontaci quello che hai detto a loro,» disse Monroe al ciccione. Alto, i capelli tagliati intorno a un’incipiente stempiatura, e con le spalle di uno che al college aveva praticato la boxe, Monroe era uno cui la gente tendeva a rispondere quando lui faceva una domanda.

«Non so niente,» piagnucolo il tipo, per l’ennesima volta. «So solo quello che mi ha detto la pollastrella della 12 quando se n’e andata. Ha raccontato di aver sentito dei rumori provenire dalla porta accanto, ma questo un paio di giorni fa. L’ho detto all’agente solo perche dicono che il tizio che ha sparato al poliziotto aveva i capelli corti e gli occhiali, e cosi mi sono detto che in effetti la sua descrizione corrispondeva al tipo della 11.»

Nina annui. I suoi occhi caddero su una rivista seminascosta sotto il bancone. Il direttore colse il suo sguardo e la cosa sembro dargli un brivido. «Io adoro questa roba,» disse Nina, volgendo lo sguardo verso l’uomo. «Mi fa venire voglia di scopare con ogni uomo sulla faccia della terra. Vuoi fartene una qui, ora?»

Il tipo distolse lo sguardo, voltandosi dall’altra parte. «Proprio come pensavo,» disse Nina. «Allora, nel frattempo, dacci le chiavi delle stanze 10, 11 e 12.»

Monroe prese le chiavi e fece un cenno a tre poliziotti, che seguirono Nina e lui quando lasciarono l’ufficio e attraversarono il cortile. La stanza 11 era la quinta porta lungo il lato destro. Le tende erano ancora tirate. A due dei poliziotti vennero date le chiavi delle stanze 10 e 12.

Estrassero le pistole e aprirono le porte senza far rumore. Le spalancarono e scivolarono dentro.

Un minuto dopo ricomparvero entrambi. Uno scosse la testa, mentre l’altro disse: «Mi era sembrato di sentire qualcosa, come se ci fosse stato qualcuno che parlava.»

«Tre ambienti,» osservo l’altro poliziotto. «Il salotto, la camera da letto nel retro e il bagno.»

«Okay,» disse Monroe. Per una frazione di secondo Nina penso che il suo capo avesse l’intenzione di dare la chiave rimasta a uno dei poliziotti, salvo poi rendersi conto di come la cosa sarebbe stata vista. Quel tipo di atteggiamento — in aggiunta all’abitudine di abbandonare le persone come se non contassero nulla, come aveva fatto quando era arrivata lei — era esattamente uno dei motivi per cui i poliziotti in uniforme non li amavano come fratelli. Nina estrasse la sua pistola, tenendola a due mani e lontano dal corpo. Fu attenta a non far notare a nessuno la lieve smorfia di dolore. Erano passati ormai tre mesi, ma il braccio destro le dava ancora qualche problema. Due dottori e tre fisioterapisti le avevano detto che non c’era piu nulla che non andava. Nina aveva finito per convincersi che forse era la piccola cicatrice rotonda nella parte alta del petto che parlava, che le diceva di conoscere tutto ormai sulle pistole e che non voleva aver nulla a che fare con loro. Una suggestione sterile, comunque: gli agenti dell’FBI sono costretti a portare sempre con se le loro armi. Per quel che la riguardava, lei dormiva con la sua sotto il letto.

Monroe si mise di fronte alla porta, con Nina immediatamente dietro di lui. Disse ai poliziotti di stare pronti a seguirli, ma di dar loro un po’ di tempo. Annuirono. Sembravano piu risoluti di quanto non fosse lei, ma questo faceva parte dell’essere un uomo, ne era consapevole. Se uno di loro si fosse mostrato debole di fronte a un collega nessuno lo avrebbe mai piu voluto a coprirgli le spalle.

Monroe infilo la chiave nella serratura. La giro. Poi aspetto un secondo e spinse. La porta si apri su una stanza buia. Anche le tende dall’altro lato erano tirate. Faceva caldo.

«FBI,» disse Monroe con voce ferma. «Mettete giu qualsiasi tipo di arma e venite fuori con le mani in alto. Questo e l’unico avvertimento.»

Aspettarono, ma nessuno disse niente. Non apparve nessuno. Era il solito enigma: o non c’era nessuno nella stanza e tutto era ormai tranquillo e finito, oppure c’era un tizio molto cattivo intenzionato a sparare a qualche poliziotto.

Nina era in posizione. Entro nella stanza.

Buio ostinato, aria viziata, un gran caldo, come se qualcuno avesse spento il condizionatore ventiquattr’ore prima. La stanza era quadrata e ospitava un malandato sofa, due sedie, un tavolo, un enorme televisore risalente all’eta della pietra. Non c’erano effetti personali in vista. Una luce tremolante proveniva dalla porta socchiusa nell’angolo sul lato del cortile.

Si sentiva anche un suono smorzato, molto probabilmente quello di una televisione accesa.

Chi la sta guardando?

Nina si sposto lateralmente dentro la stanza per fare spazio a Monroe. Senza fare il minimo rumore, l’uomo entro, facendo segno ai poliziotti di rimanere dov’erano. Una volta che fu arrivato sulla soglia dell’altra stanza la donna si volto e si diresse in silenzio verso il bagno. Apri la porta continuando a tenere la pistola vicina al corpo.

Dentro non c’era niente se non un forte odore di chiuso. Lascio la porta aperta. Giro sul piede destro per tornare a guardare la stanza e annui verso Monroe. I poliziotti all’entrata rimasero in silenzio e pronti ad agire. Monroe si diresse verso la porta che dava sulla seconda stanza. Nina lo segui a un metro e mezzo di distanza. Poi si fermo.

Tutto si condensa nell’ora: Monroe spinge delicatamente la porta con la mano sinistra, e quando questa si apre rivela gran parte del muro laterale della camera da letto, una cangiante luce grigio-blu e un suono un po’ piu forte che ha quel tono frusciante e acuto al di sopra del brontolio basso. E sicuramente un televisore. A volte le persone lo lasciano acceso perche tiene compagnia, e se lo dimenticano quando escono. Se ne fregano, tanto l’elettricita non la pagano loro.

Monroe fa un passo che lo porta a essere sulla soglia. Un attimo. Ne fa un altro e si volta immediatamente puntando la pistola verso una zona che Nina non puo vedere.

Ma nota che la parte alta della schiena di Monroe ha una specie di sussulto, come se il piede d’appoggio si fosse ritrovato d’improvviso cinque centimetri piu in basso di quanto si aspettasse.

Ancora un lungo istante. «Signora?»

Nina sente il suo stomaco contrarsi, mentre Monroe deglutisce a bocca aperta, con un colpo secco. Sta osservando, e pronto a fare fuoco. Fa ancora un mezzo passo avanti, sembra piegarsi e guardare verso l’alto. Poi si sposta di lato scomparendo dalla vista. Per un attimo c’e un silenzio assoluto, poi un leggero fruscio. Ancora silenzio.

«Nina,» disse alla fine, «entra.»

Sapeva che significava che doveva entrare solo lei, quindi alzo la mano per fare segno agli altri di rimanere in posizione. Abbasso leggermente l’altro braccio, ma non aveva ancora l’intenzione di posare la pistola.

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