«Adesso lo e» ribatte mister Vandemar, e addento un’altra fetta di cucciolo crudo. Aveva trovato il suo pasto gia morto in un fosso mentre si allontanavano a piedi dal monastero. Amava il sedicesimo secolo.

«E ora?» domando.

Mister Croup fece un largo sorriso, con denti che parevano un cimitero disastrato. «A circa quattrocento anni da qui» rispose. «Londra Sotto.»

Mister Vandermar mando giu la notizia insieme a un altro pezzo di cucciolo. Infine chiese, «A uccidere gente?»

«Oh, si» rispose mister Croup. «Questo ritengo proprio di poterglielo garantire.»

UNO

Ormai erano quattro giorni che non smetteva di correre, una sfrenata fuga a capofitto attraverso tunnel e corridoi. Era affamata e stanca, e faceva sempre piu fatica ad aprire le nuove porte che le si paravano davanti.

Trovo un posto in cui nascondersi, un minuscolo cunicolo di pietra, sotto al mondo, dove sarebbe stata al sicuro, o almeno cosi sperava e pregava, e finalmente si addormento.

Mister Croup aveva assunto Ross all’ultimo Mercato Fluttuante, che si era tenuto nell’abbazia di Westminster.

«Lo consideri un canarino» aveva detto a mister Vandemar.

«Perche, canta?» aveva chiesto mister Vandemar.

«Ne dubito; ne dubito nel modo piu totale e assoluto. No, mio valente amico, il mio pensiero era metaforicamente associato all’utilizzo che di quegli uccellini viene fatto quando vengono portati in miniera.»

Vandemar fece un cenno di assenso.

Il signor Ross non somigliava a un canarino sotto nessun altro punto di vista: era grande e grosso — quasi quanto mister Vandemar — e sudicio, e parlava ben poco, anche se aveva ritenuto suo dovere chiarire che gli piaceva uccidere, e che era molto bravo; cio diverti mister Croup e mister Vandemar quanto le vanterie di un giovane Mongolo che avesse appena saccheggiato il suo primo villaggio o dato fuoco a una iurta per la prima volta avrebbero divertito Gengis Khan. Era un canarino e non l’avrebbe mai saputo. Percio il signor Ross, con la maglietta lercia e i jeans incrostati, ando per primo, mentre Croup e Vandemar, in elegante completo nero, lo seguivano.

Nell’oscurita del tunnel, un fruscio: mister Vandemar aveva in mano il coltello, che non ci resto a lungo perche stava gia vibrando dolcemente a una decina di metri di distanza.

Si avvicino e lo raccolse. Sulla lama era infilzato un ratto, la bocca che si apriva e si chiudeva impotente mentre la vita lo abbandonava. Ne frantumo il cranio tra pollice e indice.

«Ecco un topolino che non andra piu in giro a raccontare storie» commento mister Croup, sogghignando per la battuta di spirito.

Mister Vandemar non disse nulla.

«Topolino. Storie. Ha capito?»

Mister Vandemar tolse il ratto dal coltello e comincio a sgranocchiarlo con aria pensosa.

Mister Croup glielo levo di mano con un colpo secco. «La smetta» disse. Mister Vandemar, un po’ accigliato, mise via il coltello.

«Coraggio» sibilo mister Croup per rincuorarlo. «Ci sara sempre un altro ratto. E adesso avanti! Abbiamo cose da fare. Persone da rovinare.»

Tre anni a Londra non avevano cambiato Richard, anche se era cambiato il suo modo di percepire la citta.

Appena arrivato, Londra gli era sembrata immensa, strana e fondamentalmente incomprensibile, con soltanto la piantina della metropolina a dare una parvenza di ordine.

Poco a poco si era reso conto che la piantina della metropolitana era una comoda invenzione che rendeva piu semplice la vita, ma non aveva punti in comune con la realta: come appartenere a un partito politico, aveva pensato una volta, con orgoglio. Poi, dopo avere tentato di spiegare la similitudine tra la mappa della metropolitana e la politica a un perplesso gruppo di sconosciuti incontrati a una festa, aveva deciso per il futuro di lasciare ad altri eventuali commenti sulla politica.

Con il passare del tempo, si era sorpreso a dare Londra per scontata; dopo un po’ aveva cominciato a vantarsi di non avere visitato nessuno dei monumenti (a eccezione della Torre di Londra, quando zia Maude era arrivata in citta per un fine settimana e, benche riluttante, era dovuto andare con lei).

Jessica aveva cambiato tutto. Durante dei fine settimana altrimenti ragionevoli, Richard si era ritrovato ad accompagnarla in luoghi come la National Gallery e la Tate Gallery, dove aveva imparato che se si cammina troppo a lungo per le sale di esposizione si ha male ai piedi, che dopo un po’ i grandi tesori dell’arte mondiale finiscono per fondersi e confondersi l’uno con l’altro, e che e quasi al di la delle umane possibilita di comprensione accettare il prezzo sfacciatamente imposto da bar e caffe all’interno dei musei per una fetta di torta e una tazza di te.

«Ecco il tuo te e il tuo bigne» le disse. «Avremmo speso meno per comprare uno di quei Tintoretto.»

«Non esagerare» rispose Jessica, allegramente. «E in ogni caso alla Tate non ci sono quadri del Tintoretto.»

«Se avessi preso la torta di ciliege avrebbero potuto permettersi un altro Van Gogh» ribatte Richard.

«No che non avrebbero potuto» disse Jessica piccata.

Richard aveva incontrato Jessica in Francia due anni prima, durante un fine settimana a Parigi; in realta l’aveva scoperta al Louvre, perche camminando a ritroso nel tentativo di ritrovare il gruppo di colleghi di lavoro che aveva organizzato la gita le aveva pestato un piede mentre lei stava ammirando un diamante di dimensioni e importanza storica davvero notevoli. Dopo avere inizialmente provato a scusarsi in francese, aveva rinunciato e cominciato a scusarsi in inglese, per poi di nuovo tentare di chiedere scusa in francese per avere chiesto scusa in inglese, finche si era accorto che Jessica era inglese che piu inglese non si puo e quindi, a mo’ di risarcimento, le aveva offerto un costoso panino francese e del succo di mela frizzante incredibilmente caro e, insomma, in verita e cosi che era cominciato tutto.

Dopo di che non era piu riuscito a convincere Jessica che non era il tipo di persona che visita musei e gallerie d’arte.

Richard era rimasto intimidito da Jessica, che era bella e spesso anche spiritosa, e che di certo avrebbe fatto strada. Jessica, invece, aveva visto in Richard enormi potenzialita le quali, opportunamente incanalate dalla donna giusta, l’avrebbero reso un perfetto complemento matrimoniale.

Se solo fosse un pochino piu ambizioso, mormorava tra se, e quindi gli regalava libri dai titoli come Vestito per il successo e Le centoventicinque abitudini dell’uomo di successo, e manuali per la gestione degli affari come si trattasse di una campagna militare, e Richard ringraziava sempre e altrettanto sempre si prefiggeva di leggerli tutti. Gli comprava i capi di abbigliamento che pensava dovesse indossare — e lui lo faceva, durante la settimana; e un giorno, ritenendo fosse il momento giusto, gli disse che sarebbero dovuti andare a cercare un anello di fidanzamento.

«Perche esci con lei?» chiese Garry, della sezione conti aziendali, diciotto mesi dopo. «E terrificante.»

Richard scosse il capo. «E dolcissima quando la conosci bene.»

Garry appoggio il troll che aveva preso dalla scrivania di Richard. «Mi sorprende che ti lasci ancora giocare con questi.»

«La questione non e mai stata sollevata» rispose Richard.

In realta la questione era stata sollevata. Jessica, pero, si era convinta che la raccolta di troll di Richard rappresentasse un tenero segno di eccentricita, paragonabile alla collezione di angeli del signor Stockton, ed era giunta alla conclusione che i grandi uomini collezionano sempre qualcosa.

Non e che Richard collezionasse davvero troll. Piuttosto, in un vago e decisamente vano tentativo di infondere un po’ di personalita al suo mondo lavorativo, aveva piazzato troll di plastica in zone strategiche della scrivania, dove si trovava anche una fotografia di Jessica su cui quel giorno faceva bella mostra di se un bigliettino adesivo post-it giallo.

Era venerdi pomeriggio.

Richard aveva notato che gli avvenimenti di un certo rilievo sono vigliacchi: non si presentano uno a uno, ma preferiscono procedere in massa e lanciarsi su di te tutti in una volta.

Prendiamo questo particolare venerdi, per esempio.

Era, come Jessica gli aveva fatto notare almeno una dozzina di volte nel mese precedente, il giorno piu importante della sua vita. Non il piu importante nella vita di lei, e ovvio. Quello si sarebbe verificato in futuro quando, Richard non aveva dubbi in proposito, l’avrebbero nominata primo ministro, o regina, o Dio. Ma era con assoluta certezza il piu importante nella vita di lui. Percio era un vero peccato che, a dispetto del post-it giallo che Richard aveva lasciato sulla porta del frigorifero di casa e dell’altro post-it appiccicato sulla fotografia di Jessica sulla scrivania, se ne fosse del tutto e completamente dimenticato.

Per di piu, c’era il rapporto Wandsworth, i cui tempi di consegna erano scaduti e che aveva assorbito praticamente tutti i suoi pensieri. Richard controllo un’altra sfilza di numeri; poi si accorse che pagina 17 era sparita e si mise all’opera per stamparne una copia; ed ecco un’altra pagina, e sapeva che se solo l’avessero lasciato finire in pace… se, miracolo dei miracoli, il telefono non avesse squillato…

Squillo. Premette il pulsante del vivavoce.

«Pronto? Richard? L’amministratore delegato vuole sapere quando gli consegnerai il rapporto.»

Richard guardo l’orologio. «Cinque minuti, Sylvia. E quasi concluso. Devo solamente aggiungere la proiezione profitti e perdite.»

«Grazie, Dick. Scendo poi a prenderlo.»

Sylvia era, come amava spiegare, la «PR dell’AD», e si muoveva sempre in un’atmosfera di assoluta efficienza.

Spense il vivavoce; il telefono squillo di nuovo, immediatamente.

«Richard» disse chi stava all’altro capo del filo, con la voce di Jessica, «sono Jessica. Te ne sei dimenticato, vero?»

«Dimenticato?» Cerco di ricordare cosa poteva avere dimenticato. Guardo verso la fotografia di Jessica in cerca di ispirazione, e trovo tutta quella di cui aveva bisogno sotto forma di bigliettino giallo appiccicato sulla di lei fronte.

«Richard? Solleva il ricevitore.»

Sollevo il ricevitore, leggendo contemporaneamente l’annotazione sul post-it.

«Scusa, Jess. No, non me ne sono dimenticato. Ore diciannove, ristorante italiano Ma Maison. Ci incontriamo la?»

«Jessica, Richard. Non Jess.» Tacque per un istante. «Dopo quello che e successo l’ultima volta? Non penso proprio. Tu riusciresti a perderti sul balcone di casa!»

Richard stava per ribattere che chiunque avrebbe potuto scambiare la National Gallery con la National Portrait Gallery, e che non era stata lei a passare l’intera giornata fuori sotto la pioggia (cosa che a suo parere era divertente almeno quanto aggirarsi in uno qualsiasi dei due musei in questione fino a farsi venire male ai piedi), ma penso fosse meglio soprassedere.

«Vengo a prenderti a casa» disse Jessica. «Cosi facciamo due passi insieme fino al ristorante.»

«D’accordo, Jess. Scusa… Jessica.»

«Hai confermato la prenotazione, non e vero Richard?»

«Si» menti Richard tutto serio. L’altro telefono sulla scrivania si era messo a squillare con insistenza. «Jessica, guarda, io…»

«Bene» disse Jessica, e interruppe la conversazione.

La piu grossa somma di denaro che Richard avesse mai speso in assoluto era servita per l’anello di fidanzamento di Jessica, diciotto mesi prima.

Sollevo il ricevitore dell’altro telefono.

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