DUE

Si trovava da qualche parte nel sottosuolo, molto in fondo: forse in un tunnel, o nelle fogne. La luce era ridotta a qualche debole sprazzo, che definiva il buio, piuttosto che disperderlo.

Non era solo. C’erano altre persone che gli camminavano accanto.

Che correvano, ora, attraverso la parte interna della fognatura, inzaccherandosi di melma e di sporcizia. Goccioline d’acqua cadevano lentamente, limpide come cristallo nell’oscurita.

Svolto un angolo, ed eccola la che lo aspettava.

Era enorme. Riempiva completamente lo spazio della fognatura: la testa massiccia abbassata, corpo e fiato fumanti nell’aria gelida. Una sorta di cinghiale, penso all’inizio, poi si rese conto che era una sciocchezza: non esistono cinghiali cosi grandi. Aveva le dimensioni di un toro, di una tigre, di un’automobile.

La Bestia lo fisso, indugio per un centinaio di anni, mentre lui sollevava la lancia.

Quindi carico.

Scaglio la lancia, ma era gia troppo tardi, e senti che la Bestia gli aveva tagliato il fianco con le zanne affilate come rasoi, senti che la sua vita si stava spegnendo nel fango: e si accorse di essere caduto a faccia in giu nell’acqua, che si era tinta di rosso acceso e creava densi mulinelli di sangue che lo soffocavano…

Tento di gridare, tento di svegliarsi, ma riusciva soltanto a respirare fango e sangue e acqua, e a provare un grande dolore…

«Brutto sogno?» chiese la ragazza.

Richard si mise a sedere sul sofa, respirando a fatica. Le tende erano ancora tirate, ma sapeva che era mattina. Cerco a tentoni il telecomando, che chissa come gli si era incuneato tra le reni, e spense il televisore.

«Si» rispose. «Piu o meno.»

Strofino via le tracce di sonno che gli incrostavano gli occhi e fece l’inventario di se stesso, notando con piacere di essersi tolto le scarpe e la giacca prima di addormentarsi. Lo sparato della camicia era coperto di sangue secco e sporcizia.

La ragazza senza casa non diceva nulla. Aveva un aspetto disastroso: pallida e minuta, sotto al sudiciume e al sangue ormai asciutto e di colore marrone. Era vestita con una quantita di abiti uno sopra l’altro: vestiti curiosi, velluti impolverati, pizzi inzaccherati, buchi attraverso i quali si potevano intravvedere ulteriori strati e stili.

Richard penso che sembrava uscire da un’incursione di mezzanotte nella sezione riservata alla Storia della moda nel Victoria and Albert Museum, e avesse ancora indosso tutto cio che aveva arraffato.

Richard non sopportava le persone che affermano cose ovvie, quelle che ti vengono a riferire situazioni di cui non potresti non accorgerti da solo neppure volendo: «Piove» oppure, «Ti si e appena rotto il fondo del sacchetto della spesa e tutto il tuo cibo e finito nella pozzanghera» o anche, «Ooh! Scommetto che fa male!»

«Sei sveglia, allora» disse Richard, odiandosi.

«Che baronia e questa?» domando la ragazza. «Che feudo?»

«Hmm. Come, scusa?»

Si guardo intorno con aria sospettosa. «Dove sono?»

«Appartamento quattro, Newton Mansions, Little Comden Street…»

Si fermo. Lei aveva aperto le tende e stava osservando la vista alquanto ordinaria che si godeva dalla finestra di Richard. Osservava a occhi spalancati le auto e gli autobus, e il piccolo insieme disordinato di negozi — un giornalaio, un panettiere, una farmacia e una rivendita di alcolici — sotto di loro.

«Sono a Londra Sopra» disse.

«Si, sei a Londra» ribadi Richard. Sopra a cosa? si chiese. «Penso che probabilmente ieri sera eri in stato di shock o qualcosa di simile. Il taglio sul braccio era molto brutto.» Attese che dicesse una parola, che spiegasse. Lei gli lancio un’occhiata, poi abbasso di nuovo lo sguardo verso gli autobus e i negozi. Richard continuo: «Io, be’, ti ho trovata sul marciapiede. C’era un sacco di sangue.»

«Non preoccuparti» gli disse con aria seria. «La maggior parte del sangue apparteneva a qualcun altro.»

Lascio ricadere la tenda.

Quindi si esamino il taglio sul braccio.

«Bisogna farci qualcosa» disse. «Vuoi darmi una mano?»

Richard cominciava a sentirsi in acque un po’ troppo profonde per le sue possibilita. «In realta non me ne intendo molto di pronto soccorso» disse.

«D’accordo,» fece lei «se sei davvero tanto schizzinoso, vuol dire che ti limiterai a tenere le bende e ad annodare le estremita che non riesco a raggiungere. Ce le hai le bende, vero?»

Richard annui. «Oh si» disse. «Nella scatola del pronto soccorso. Sotto il lavandino.»

Dopo di che ando in camera a cambiarsi, e si chiese se sarebbe mai stato possibile rimediare al disastro che aveva sulla camicia (la sua camicia migliore, quella che gli aveva comprato, oddio, Jessica, chissa come sara nervosa).

L’acqua sanguinolenta gli rammentava qualcosa, una specie di sogno che gli era capitato di fare, forse, ma che non riusciva a ricordare nemmeno fosse stata in gioco la sua stessa vita.

Tolse il tappo e lascio defluire il liquido dal lavandino, che riempi nuovamente di acqua pulita a cui aggiunse un torbido schizzo di Dettol: l’odore pungente del disinfettante gli parve oltremodo sensato e salutare: un rimedio per la stranezza della situazione e per la sua ospite. Lei si chino, per farsi sciacquare il braccio e la spalla con l’acqua tiepida.

Richard non era mai stato schifiltoso come pensava di essere. O meglio, era incredibilmente sensibile quando si trattava di sangue sullo schermo: un film di zombie ben fatto o anche una storia realistica relativa a medici e chirurghi lo lasciavano raggomitolato in un angolo, in iperventilazione, con le mani sugli occhi, a brontolare cose come «Ditemi quando e finito.» Ma se doveva confrontarsi con sangue vero, con vero dolore, si metteva d’impegno e provava a fare qualcosa per migliorare la situazione.

Ripulirono la ferita — che era meno profonda di quanto Richard ricordasse dalla sera precedente — e la bendarono, e la ragazza fece del proprio meglio per non tirarsi indietro durante l’operazione. Richard si ritrovo a chiedersi quanti anni potesse avere, e quale fosse il suo aspetto sotto a tutto quel sudiciume, e perche vivesse in strada e…

«Come ti chiami?» gli chiese.

«Richard. Richard Mayhew. Dick.»

Fece cenno di si con il capo, come stesse imparandolo a memoria. «Richardrichardmayhewdick» ripete.

Il campanello suono.

Richard guardo la confusione nel bagno e la ragazza, e si domando cosa ne avrebbe pensato un osservatore esterno dotato di buon senso. Come, per esempio… «Oh, Signore» disse, immaginando il peggio. «Scommetto che e Jess. Mi uccidera.» Limitare i danni. Limitare i danni. «Senti» disse alla ragazza. «Tu aspetta qui.»

Si chiuse la porta del bagno alle spalle e si diresse verso il corridoio.

Apri la porta d’ingresso e si produsse in un grandioso e sentito sospiro di sollievo. Non era Jessica. Si trattava di — cosa? Mormoni? Testimoni di Geova? La polizia? Non era in grado di dirlo. Comunque, erano in due.

Indossavano completi neri un po’ unti, un po’ lisi, e persino Richard, che si annoverava tra quanti soffrono di dislessia sartoriale, percepiva che c’era qualcosa di strano nel taglio di quegli abiti. Erano il tipo di completo che avrebbe potuto creare un sarto di duecento anni fa, a cui gli abiti moderni fossero stati soltanto descritti, senza averli visti realmente. Le linee erano sbagliate, e altrettanto dicasi per gli accessori.

Una volpe e un lupo, penso involontariamente Richard. Poi si chiese perche mai l’avesse pensato.

Il primo uomo, la volpe, era piu basso di Richard. Aveva capelli lisci e untuosi e colorito pallido; quando Richard apri la porta fece un ampio sorriso, con appena una frazione di secondo di ritardo. «Un buon mattino a lei, buon signore,» disse «in questa bella e piacevole giornata.»

«Si, certo, buongiorno» rispose Richard.

«Stiamo conducendo un’indagine personale e di natura assai delicata come dire, porta a porta. Le dispiace se entriamo?»

«Be’, non e proprio il momento migliore» fece Richard. Poi chiese, «Siete della polizia?»

Il secondo visitatore, un uomo alto, il lupo, che se ne stava qualche passo dietro al suo amico, tenendo stretta al petto una pila di fotocopie, fino a quel momento non aveva detto nulla, limitandosi ad attendere, imponente e impassibile. Ora scoppio a ridere, una sola volta, con tono profondo e volgare. C’era qualcosa di insano in quella risata.

«Purtroppo» disse l’uomo piu basso «non abbiamo questo privilegio. Una carriera nella legge e nella giustizia, per quanto indubbiamente allettante, non era scritta nelle carte che la Signora Fortuna ha distribuito a mio fratello e a me. No, siamo soltanto privati cittadini. Permettete che faccia le presentazioni. Io sono mister Croup, e questo gentiluomo e mio fratello, mister Vandemar.»

Non sembravano fratelli. Non sembravano niente che Richard avesse gia visto.

«Suo fratello?» chiese Richard. «Non dovreste avere lo stesso cognome?»

«Sono colpito. Che cervello, mister Vandemar. Definendolo perspicace e sottile non gli si rende giustizia. Alcuni di noi sono cosi acuti» e si chino verso Richard, mettendosi sulla punta dei piedi per arrivargli al viso, «che potrebbero addirittura tagliarsi da soli

Richard arretro di un passo.

«Possiamo entrare?» chiese mister Croup.

«Cosa volete?»

Mister Croup sospiro in quello che ovviamente immaginava fosse un tono alquanto malinconico. «Stiamo cercando nostra sorella» spiego. «Una bambina ribelle, testarda e volitiva, che ha quasi spezzato il cuore della nostra povera mamma vedova.»

«E scappata» chiari mister Vandemar, mellifluo. Ficco in mano a Richard una fotocopia. «E un pochino… strana» aggiunse, facendo roteare un dito vicino alla tempia, a indicare che la ragazza era completamente matta.

Richard abbasso lo sguardo sul foglio.

Diceva:

AVETE VISTO QUESTA RAGAZZA?

Sotto alla scritta c’era una fotografia fotocopiata in bianco e nero di una ragazza che a Richard parve una versione dai capelli lunghi, piu curata e pulita, della giovane che aveva lasciato nel bagno.

Ancora piu sotto, un’altra scritta:

RISPONDE AL NOME DI PORZIA. MORDE E SCALCIA. SCAPPATA DA CASA. DITECI SE L’AVETE VISTA. LA RIVOGLIAMO INDIETRO. PREVISTA RICOMPENSA.
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