E sotto al tutto, un numero di telefono.

Richard guardo di nuovo la fotografia. Era senza dubbio la ragazza nel suo bagno.

«No» disse. «Purtroppo non l’ho vista. Mi dispiace.»

Mister Vandemar, tuttavia, non lo ascoltava. Aveva alzato la testa e stava annusando l’aria, come chi sentisse l’odore di qualcosa di strano o sgradevole. Richard allungo la mano per restituirgli la fotocopia, ma l’omaccione si limito a spingerlo via e a entrare nell’appartamento, un lupo in cerca di preda.

Richard lo rincorse.

«Dove crede di andare? Si fermi. Esca subito di qui. Guardi che non puo entrare…» perche mister Vandemar aveva proseguito dritto verso il bagno.

Richard si auguro che la ragazza — Porzia? — avesse avuto la presenza di spirito di chiudere la porta a chiave. Invece no, si spalanco alla prima spinta di mister Vandemar, che entro seguito da un Richard che si sentiva come un cane di piccola taglia che abbaia inutilmente ai tacchi del postino.

La stanza da bagno non era molto grande. Conteneva una vasca, un water, un lavandino, numerose bottiglie di shampoo, una saponetta e un asciugamano. Quando Richard ne era uscito, un paio di minuti prima, conteneva anche una ragazza piuttosto sporca e insanguinata, un lavandino molto insanguinato e un kit di pronto soccorso aperto. Ora brillava di un ordine perfetto.

Non c’erano angoli in cui la ragazza avrebbe potuto nascondersi.

Mister Vandemar usci dal bagno, spinse la porta della camera da letto e vi entro, guardandosi intorno.

«Non so cosa pensiate di fare» disse Richard. «Ma se voi due non uscite immediatamente da casa mia, telefono alla polizia.»

A quel punto mister Vandemar, che era intento a esaminare il salotto, si volto verso Richard, che all’improvviso si rese conto di avere una gran paura, come un cagnolino che avesse scoperto che quello che pensava fosse un normale postino era in realta un enorme alieno mangiatore di cani proveniente da uno di quei film per cui Jessica non aveva mai tempo.

Richard si trovo a chiedersi se mister Vandemar fosse il tipo di persona a cui si implora, «Non farmi del male!» e se, in caso affermativo, la preghiera sarebbe servita a qualcosa.

Quindi il volpino mister Croup disse, «Be’, si, mister Vandemar, cosa le e preso? Immagino che la preoccupazione per la nostra cara, dolce sorellina gli abbia fatto perdere la testa. Ora, domandi scusa a questo signore, mister Vandemar.»

Mister Vandemar annui e si fermo un attimo a pensare. «Credevo di aver bisogno di usare il bagno» disse. «Non era cosi. Mi dispiace.»

Mister Croup comincio a imboccare il corridoio.

«Bene. Mi auguro vorrete perdonare al mio errante fratello la mancanza di finezza nei rapporti sociali. L’ansia per la nostra povera madre vedova e per nostra sorella, che anche ora, proprio mentre parliamo, vaga per le strade di Londra senza alcuno vicino che le voglia bene e si prenda cura di lei, gli ha quasi sconvolto la mente, glielo garantisco. Ma a parte questo, e un ottimo compagno da avere al proprio fianco. Non e vero, omone?»

Avevano gia superato la soglia e si trovavano sulle scale. Mister Vandemar non disse nulla, ma non sembrava sconvolto dal dolore.

Croup si volto verso Richard, producendosi in un altro sorriso volpino. «Ci faccia sapere se la vede» disse.

«Addio» rispose Richard. Poi chiuse la porta a chiave e, per la prima volta da quando abitava li, tiro anche il catenaccio.

«Non grasso» disse mister Vandemar.

Mister Croup, che aveva tagliato i fili del telefono di Richard non appena questi aveva minacciato di chiamare la polizia, e cominciava a chiedersi se avesse reciso i fili giusti, dato che la tecnologia del ventesimo secolo non era il suo punto di forza, gli tolse di mano un volantino.

«Non ho mai detto che lo sia» disse. «Sputo!»

Mister Vandemar scatarro una boccata di muco e la sputo con precisione sul retro della fotocopia. Mister Croup spiaccico con forza il foglio contro il muro, accanto alla porta di Richard. Un incollaggio rapido, e un incollaggio forte.

AVETE VISTO QUESTA RAGAZZA? chiedeva.

«Ha detto ’omone’. Vuol dire grasso.»

«Omone vuole anche dire grand’uomo. Forte, gagliardo, robusto, valoroso, coraggioso, intrepido, prode, risoluto e deciso» disse mister Croup. «Gli crede?»

Ripresero a scendere le scale.

«Che mi venga un accidente» disse mister Vandemar. «Sentivo il suo odore.»

Richard attese accanto alla porta finche udi sbattere il portone del palazzo, parecchi piani piu sotto. Stava percorrendo il corridoio diretto in bagno, quando il telefono squillo, facendolo sobbalzare.

Torno indietro a tutta velocita e sollevo il ricevitore.

«Pronto?» disse. «Pronto?»

Dall’altra parte non proveniva alcun suono, poi si udi un click e la voce di Jessica che usciva dalla segreteria telefonica posta sul tavolino accanto all’apparecchio. E diceva: «Richard? Sono Jessica. Mi dispiace che tu non sia a casa, perche questa sara la nostra ultima conversazione e avrei tanto voluto dirtelo in faccia.»

Si rese conto che il telefono era completamente muto. Dal ricevitore spenzolava una trentina di centimetri di filo, che era poi stato tagliato di netto. Si mise a gridarci dentro comunque, urlando cose come «Jessica!» e «Sono qui!» e «Ti prego non riagganciare!»

«La notte scorsa mi hai messo davvero in grande imbarazzo, Richard» continuo la voce. «Per quanto mi riguarda il nostro fidanzamento e rotto. Non ho alcuna intenzione di restituirti l’anello, e neppure di rivederti mai piu. Mi auguro che tu e la tua paperella zoppa bruciate all’inferno. Addio.»

«Jessica!» strillo piu forte Richard, sperando forse di riuscire a introdursi nella rete delle telecomunicazioni grazie all’aumento di volume.

La cassetta smise di girare, ci fu un ulteriore clic, e una lucina rossa comincio a lampeggiare.

«Brutte notizie?» chiese la ragazza.

Se ne stava in piedi proprio dietro di lui, nella piccola zona cucina, con il braccio accuratamente bendato. Stava togliendo dalla scatola delle bustine di te, per metterle in due tazze. La teiera bolliva.

«Si» rispose Richard. «Molto brutte.» Si diresse verso di lei e le mostro il volantino dell’AVETE VISTO QUESTA RAGAZZA? «Sei tu, vero?»

Aggrotto le sopracciglia. «La fotografia e mia.»

«E tu sei… Porzia?»

Scosse il capo. «Sono Porta, Richardrichardmayhewdick. Latte e zucchero?»

A quel punto Richard si sentiva in acque davvero troppo profonde per le sue possibilita e disse, «Richard. Solo Richard. Niente zucchero.» Poi aggiunse, «Senti, se non e una domanda troppo personale, puoi dirmi cosa ti e successo?»

Porta verso l’acqua bollente nelle tazze. «E meglio che tu non lo sappia» rispose semplicemente.

«Oh, be’, scusa se…»

«No, Richard. Davvero. E meglio che tu non lo sappia. Non ti servirebbe a niente. Hai gia fatto piu di quanto dovevi.»

Tolse le bustine di te e gli allungo una tazza. Nel prenderla in mano si accorse di essersi portato appresso il ricevitore del telefono.

«Be’, insomma, non potevo certo lasciarti la.»

«Avresti potuto» disse lei «ma non l’hai fatto.»

Si appiatti contro il muro per sbirciare dalla finestra. Richard si alzo e la raggiunse, mettendosi anche lui a guardare fuori. Sull’altro lato della strada mister Croup e mister Vandemar si stavano allontanando dall’edicola, e la scritta AVETE VISTO QUESTA RAGAZZA? risaltava in primo piano in vetrina.

«Sono davvero tuoi fratelli?» chiese.

«Per favore» disse Porta, per nulla impressionata. «Dammi un attimo di tregua.»

Lui prese a sorseggiare il te, fingendo che fosse tutto normale.

«E allora dove sei stata?» chiese. «Fino a ora?»

«Ero qui» rispose. «Senti, con quei due ancora in giro dobbiamo far avere un messaggio a…» Esito. «A qualcuno che ci puo aiutare. Non oso uscire di qui.»

«Bene, non hai un posto dove andare? Qualcuno a cui telefonare?»

Gli tolse di mano il ricevitore muto, filo penzoloni, e scosse la testa. «I miei amici non si contattano per telefono» disse. Riaggancio il ricevitore sul telefono, dove rimase, solo e inutile.

All’improvviso sorrise con aria maliziosa. «Briciole di pane!» disse.

«Come, scusa?» chiese Richard.

Apri la finestrella sul retro della camera da letto che dava su uno spicchio di tegole e grondaie e sparse all’intorno le briciole. Per raggiungere la finestra era necessario mettersi in piedi sul letto di Richard.

«Ma non capisco» disse Richard.

«Certo che non capisci» convenne Porta. «Zitto, adesso.»

Un battere d’ali ed ecco la lucentezza cangiante rosso-grigioverde di un piccione. Si mise a beccare le briciole e Porta allungo la mano per afferrarlo. La osservo incuriosito, ma senza lamentarsi.

Si sedettero sul letto. Porta diede il piccione in mano a Richard, mentre lei gli legava un messaggio alla zampa utilizzando un elastico blu acceso che in precedenza era servito a tenere unite le bollette dell’energia elettrica.

Richard non era un reggi-piccioni particolarmente entusiasta.

«Non ne vedo la ragione» spiego. «Voglio dire, non e un piccione viaggiatore. E solo un normalissimo piccione di Londra. Di quelli che cacano sulla statua di Lord Nelson.»

«Ecco fatto» disse Porta. Aveva le guance piene di escoriazioni e i capelli spettinati; spettinati, ma non arruffati. Gli tolse di mano il piccione e lo sollevo delicatamente, portandoselo all’altezza del viso. Lui inclino la testa da un lato e ricambio lo sguardo.

«D’accordo» disse, poi emise un suono che pareva il liquido gorgoglio tipico del linguaggio dei piccioni, «d’accordo Crrupll, vai a cercare il Marchese de Carabas. Hai capito?»

Il piccione le rispose con un altrettanto liquido gorgogliare.

«Bravo ragazzo! Ora ascolta, e molto importante, quindi faresti meglio a…»

Il piccione la interruppe con un borbottio di impazienza. «Scusa» disse Porta. «Certo che sai quello che fai.»

Porto il volatile alla finestra e lo lascio andare.

Richard aveva osservato il tutto con un certo stupore. «Sai, pareva quasi che ti capisse» commento mentre l’uccello rimpiccioliva nel cielo e spariva dietro a qualche tetto.

«Ma guarda» disse Porta. «E adesso aspettiamo.»

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