«Christine capisce l’aritmetica di base, ma c’e anche una logica piu alta, o almeno cosi la vedo io. Solo Fleming puo comprenderla.»
«Non voglio John Fleming qui, a gironzolarmi attorno, a mandare all’aria il mio lavoro e le mie attrezzature.» La voce della Dawnay si era alzata di tono. Reinhart la guardava in silenzio. Era ancora teso, ma con quella decisione che gli aveva fatto fare molta strada.
«Non possiamo fare sempre tutto cio che desideriamo fino in fondo.» Era cosi brusco che la Dawnay lo fisso di nuovo, meravigliata. «Sono ancora io il responsabile di questo programma, proprio. E lo saro fin tanto che lavoriamo come squadra e ci comportiamo ragionevolmente. E questo significa avere qui Fleming.»
«Ubriaco o sobrio?»
«Buon Dio, Madeleine, se non abbiamo fiducia uno nell’altro, di chi possiamo aver fiducia?»
La Dawnay stava per protestare, ma poi si interruppe.
«D’accordo. Basta che si comporti bene e che faccia la sua parte di lavoro.»
«Grazie, mia cara.» Reinhart sorrideva.
Usci dal laboratorio e ando subito da Geers.
«Ma Fleming mi ha annunciato che sta per partire,» osservo Geers. «Ho appena mandato Miss Adamson a sorvegliare il calcolatore per essere sicuro che non gli tiri una fucilata di commiato.»
Fleming pero non era al calcolatore. Judy era nella sala di controllo, esitante, quando la raggiunse la Dawnay.
«Salve. Vuol vedere Ciclope?»
«Perche lo chiamate Ciclope?»
«Per via delle sue caratteristiche fisiche.» La Dawnay sembrava meravigliosamente distesa. «Ma non le istruiscono le ragazze al giorno d’oggi? Venga, e qui dentro.»
«Devo proprio?»
«Non la interessa?»
«Si, ma…»
Judy era sbalordita. Non aveva seguito i progressi dell’esperimento. Gli ultimi due giorni aveva praticamente pensato solo a Fleming e a Bridger, e alla propria difficile posizione, e quel poco che aveva visto della creatura della Dawnay era qualcosa di microscopico, senza alcun rapporto con la sua vita. Segui l’anziana signora fin dentro il laboratorio senza pensare e senza attendersi nulla.
«Guardi la dentro,» disse la Dawnay.
Judy guardo attraverso l’apertura superiore del grande serbatoio, impreparata a quello che stava per vedere. La creatura era simile a una medusa di forma allungata, senza arti e tentacoli, ma con un accenno di biforcazione a un’estremita, e all’altra un rigonfiamento che poteva essere una testa. Galleggiava nel liquido, massa di protoplasma tremante e percorsa da contrazioni, dalla superficie giallo-verde viscosa e lucente. Al centro di quella che sarebbe potuta essere la testa era posto, enorme, senza luce e senza colore, un occhio.
Judy avverti una violenta nausea, poi si senti prendere dal panico. Si volse, in preda a conati di vomito, e fisso la Dawnay come se anche lei facesse parte di un incubo, poi si premette una mano sulla bocca e corse fuori.
Attraverso lo spiazzo fino all’alloggio di Fleming, spalanco la porta e si precipito dentro.
Fleming stava fissando le ultime cose in una sacca; le sue valigie erano pronte allineate sul pavimento. La fisso con freddezza: la ragazza se ne stava ansimante e tremante sulla porta.
«Ora basta!» disse lui.
«John!» Judy riusciva appena a parlare: la testa le girava, le ronzava e si sentiva la gola chiusa. «John, devi venire.»
«Venire dove?» La guardava con sorda ostilita. Era ancora visibile nel pallore del viso e nelle profonde occhiaie quello che aveva passato nell’ultima settimana, ma era calmo e brusco e perfettamente padrone di se. Judy cercava di controllare la propria voce.
«Al laboratorio.»
«Per amor tuo?» Era insultante.
«No, non per me. Hanno fatto qualcosa di terribile. Una specie di creatura.»
«Perche non lo dici a M.I. 5?»
«Per piacere.» Judy gli si avvicino: si sentiva completamente indifesa ma non le importava quello che lui potesse dirle o farle. John le volse le spalle e comincio a riempire la sacca. «Ti prego, John. Sta accadendo qualcosa di terribile. Devi impedirlo.»
«Non dirmi quello che devo o non devo fare,» sbotto.
«Ma c’e questo affare. Questa cosa mostruosa con un occhio. Un occhio!»
«E affar loro.» Ficco un vecchio maglione nella sacca e tiro il cordone per chiuderlo.
«John, sei il solo…»
Prese la sacca dal letto e le passo accanto per andare ad accatastarla con le altre. «Di chi e la colpa?»
Judy trasse un profondo sospiro.
«Non sono stata io ad uccidere Bridger.»
«Ah, non sei stata tu? Non sei stata tu a sguinzagliargli addosso la tua banda?»
«Ho cercato di metterti in guardia.»
«Hai cercato di ingannarmi. Facevi all’amore con me…»
«Non e vero. Una volta sola. Anch’io sono un essere umano. Ma avevo un lavoro.»
«Avevi uno sporco lavoro e lo facevi a meraviglia.»
«Non ti ho mai spiato. Bridger era un’altra cosa.»
«Dennis Bridger era il mio piu vecchio amico, e il mio collaboratore migliore.»
«Ti tradiva.»
«Mi tradiva?» La guardo per un istante, poi si allontano e incomincio a tirar fuori un ammasso di vecchie bottiglie e di bicchieri da una credenza. «Tientele per te le tue formule ufficiali. Meta di questa macchina era di Dennis. Era opera del suo cervello e del mio; non apparteneva ne a te ne ai tuoi capi. Se Dennis voleva vendere quello che era suo, buon per lui. Erano affari tuoi?»
«Te l’ho detto che non mi piaceva fare quello che dovevo. Ti ho detto di non fidarti di me. Credi che io non abbia…?»
La voce di Judy tremo contro la sua volonta.
«Oh, piantala di piagnucolare,» disse Fleming. «E vattene.»
«Me ne vado se tu vai a parlare con la professoressa Dawnay.»
«Sto per partire.»
«Non puoi farlo. C’e quella cosa orrenda.» Judy tese una mano per afferrargli disperatamente il braccio, ma Fleming se ne libero e si diresse all’uscita.
«Arrivederci.» Giro la maniglia e apri la porta.
«Non puoi andartene adesso.»
«Arrivederci,» ripete lui con calma, aspettando che se ne andasse. Judy rimase immobile per un istante, cercando qualcos’altro da dire; in quel momento sulla soglia apparve Reinhart.
«Salve, John.» Passo lo sguardo dall’uno all’altra. «Salve, Miss Adamson.»
Judy usci passando fra i due, senza parlare, sbattendo le palpebre per ricacciare le lacrime. Reinhart si volse verso di lei mentre usciva, ma Fleming chiuse la porta.
«Sapeva qual era il suo incarico?»
«Si.»
Reinhart ando verso il letto e sedette. Sembrava vecchio e stanco.
«Perche non me l’ha detto?» chiese Fleming in tono accusatore.
«Non potevo, John.»
«Bene.» Fleming apriva e chiudeva i cassetti, per controllare che fossero vuoti. «Puo assumere qualcuno di cui si possa fidare per metterlo al mio posto.»
«Mi offri qualcosa da bere?» Si passo una mano sulla fronte. Il secondo colloquio con Geers non era stato facile. «Che cosa ti fa pensare che io non abbia fiducia in te?»
«Nessuno ha fiducia in noi, vero?» Fleming rovistava fra le bottiglie. «Nessuno si sogna di prestare attenzione a quello che diciamo.»