«Potresti equipaggiare un elettroencefalografo,» suggeri Reinhart. «Come quelli che si usano per le analisi mentali. Disponi una serie di piastrine elettriche sulla testa di Ciclope e fa correre un cavo coassiale da qui ai terminali per convogliare le informazioni. Devi farlo passare attraverso un trasformatore, o, con quelle scariche elettriche, lo ucciderai.»

«E a che puo servire?» La Dawnay lo fissava scettica.

«A mettere il calcolatore in contatto con la sua sub-intelligenza,» rispose Fleming.

«E a che scopo?»

«Per il suo scopo.» Volse loro le spalle e percorse la stanza a grandi passi. La Dawnay aspettava che Reinhart parlasse, ma il vecchio se ne stava immobile, ostinato, fissandosi le mani, accigliato.

«Si sente meglio, ora?» chiese a Christine.

«Si, grazie.»

«Pensa di riuscire a combinare qualcosa del genere?»

«Credo di si.»

«Il dottor Fleming l’aiutera. D’accordo, John?»

Fleming era all’altro capo della stanza: il complesso degli apparecchi si levava massiccio alle sue spalle.

«Se e proprio quel che vuole…» rispose.

«L’alternativa,» riprese Reinhart, parlando piu a se stesso e alla Dawnay che non a Fleming, «e di fare le valigie e sloggiare. Non abbiamo una gran scelta, no?»

8

Agonia

Judy si teneva il piu possibile lontana da Fleming e quando per caso le capitava di incontrarlo, lui di solito era in compagnia di Christine. Tutto era cambiato dopo la morte di Bridger: perfino quel precoce soffio di clima primaverile era presto svanito, lasciando sulla base e su Judy un manto grigio di tristezza. Con sofferenza anche maggiore capiva come fosse probabile che Christine prendesse nella vita di Fleming non solo il suo posto ma anche quello di Dennis Bridger: lavorava e collaborava con lui come lei stessa non aveva mai fatto. In un primo tempo Judy penso che non sarebbe mai riuscita a sopportare questa situazione e, scavalcando Geers, scrisse lei stessa direttamente a Whitehall, chiedendo di essere trasferita. L’unico risultato che ne ottenne fu un ennesimo colloquio con Geers.

«Il suo lavoro qui, Miss Adamson, e appena cominciato.»

«Ma l’affare Bridger e chiuso.»

«E finito Bridger, forse, ma il caso no.» Sembrava non accorgersi affatto del suo disagio. «Quelli dell’Intel hanno avuto tanto quanto basta a stuzzicargli l’appetito e ora che hanno perso Bridger cercheranno qualcun altro… Forse uno dei suoi amici.»

«Pensa che il dottor Fleming venderebbe informazioni?» chiese sdegnata.

«Chiunque lo farebbe, se gliene diamo la possibilita.»

In conclusione, pero, fu Fleming e non Judy a far rapporto sulla prima mossa dell’Intel.

Lui, Christine e la Dawnay avevano trovato il sistema per assicurare le piastre di contatto con un encefalografo a quella che sembrava essere la testa di Ciclope, e Christine aveva aiutato Fleming a collegarlo per cavo ai terminali ad alto voltaggio del calcolatore. Ai dispositivi sottostanti il quadro di controllo aggiunsero un trasformatore, attraverso il quale fecero passare il circuito, cosicche la corrente, quando arrivava a Ciclope, aveva pressappoco l’intensita della batteria di una lampadina. Cio nonostante l’effetto fu spaventoso. Non appena fu dato il contatto, la creatura si irrigidi completamente, e le lampade del quadro di controllo registrarono delle grosse interferenze. Dopo un po’, tuttavia, la creatura e la macchina sembrarono trovare un punto di equilibrio: i dati continuavano con regolarita il loro processo, sebbene dalla stampa-dati non uscisse nulla e sebbene Ciclope nel suo serbatoio nuotasse placidamente guardando fuori dallo spioncino con il suo unico occhio.

Tutto questo lavoro aveva occupato parecchi giorni e a Christine era stata lasciata la responsabilita della sala di controllo e del laboratorio, ora collegati, con istruzioni di chiamare la Dawnay e Fleming se si fosse verificato qualcosa di strano. La Dawnay si concesse il meritato riposo, ma Fleming, di tanto in tanto, visitava l’edificio del calcolatore per fare dei controlli e per vedere Christine. Man mano che i giorni passavano la trovava sempre piu tesa e in capo a una settimana era diventata cosi nervosa che si senti costretto ad affrontare con lei l’argomento.

«Senti… Sai bene che questa faccenda mi spaventa maledettamente, ma non sapevo che facesse paura anche a te.»

«Non mi fa paura,» gli rispose. Erano nella sala di controllo, dove stavano osservando le luci che continuavano a lampeggiare sul quadro. «Pero mi da una sensazione strana.»

«Quale?»

«Questa faccenda dei terminali, e…» Esito lanciando un’occhiata nervosa verso l’altra stanza. «Quando sono la dentro sento quell’occhio che mi osserva continuamente.»

«Osserva tutti.»

«No. Me in modo particolare.»

Fleming abbozzo un sorriso. «Non me ne meraviglio. Anch’io ti osservo.»

«Pensavo che tu avessi altro da fare.»

«Avevo altro da fare.» Accenno una carezza poi cambio idea e si diresse alla porta. «Sii prudente.»

Percorse il sentiero della scogliera fino alla spiaggia, dove poteva stare solo, in silenzio, a riflettere. Era un pomeriggio grigio e vuoto: la marea si stava ritirando e la sabbia sembrava una distesa di tetra ardesia grigia tra i promontori di granito. Avanzo fino alla riva, a capo basso, le mani in tasca, cercando di esaminare mentalmente quanto stava accadendo all’interno del calcolatore. Torno lentamente verso la battigia rocciosa: era troppo profondamente immerso nei suoi pensieri per notare un uomo tarchiato e calvo che, seduto su un masso, fumava un sottile sigaro.

«Un momento, per piacere, signore.» La voce gutturale lo colse di sorpresa.

«Chi e lei?»

L’ometto calvo trasse dal taschino della giacca un biglietto da visita e glielo porse.

«Non so leggere,» disse Fleming.

L’uomo calvo sorrise. «Lei, ad ogni modo, e il dottor Fleming.»

«E lei?»

«Non le direbbe nulla.» L’ometto calvo era lievemente affannato.

«Come e arrivato qui?»

«Facendo il giro del promontorio. Si puo, quando c’e bassa marea, ma e proprio una scalata.» Trasse un portasigari di argento. «Fuma?»

Fleming lo ignoro. «Che cosa vuole?»

«Sono venuto a fare una passeggiata.» Si strinse nelle spalle e rimise l’astuccio in tasca. Pareva che stesse riprendendo fiato. «Anche lei viene qui spesso.»

«Questo e territorio riservato.»

«Non il litorale. In questo libero paese il litorale…» Alzo ancora le spalle. «Mi chiamo Kaufmann. Non l’ha mai sentito?»

«No.»

«Il suo amico, Herr Doktor Bridger…»

«Il mio amico Bridger e morto.»

«Gia. L’ho saputo.» Kaufmann aspiro il fumo del suo cigarillo. «Molto triste.»

«Conosceva Dennis Bridger?» chiese Fleming, perplesso e sospettoso.

«Oh, si. Abbiamo collaborato per qualche tempo.»

«Lei lavora per la…» La verita cominciava a farglisi luce e cercava di ricordare il nome.

«Per la Intel? Si.»

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