crepe gelide, formando una rete sotto i suoi piedi, mentre correva in tondo.

I lapislazzuli divennero azzurro-acciaio e trasparenti, e poi scomparvero, lasciando solo la rete delle fratture, su cui Barker e Hawks continuavano a correre, mentre sotto di loro giaceva l'armatura coperta di neve e gli osservatori stavano evidentemente a pochi centimetri di distanza, e dietro di loro si scorgeva l'orizzonte tormentato della Luna, contro il quale s'incastrava l'arco del cielo.

Erano nella formazione da nove minuti e diciannove secondi. Barker si fermo di nuovo, agganciandosi alla rete con i piedi e le pinze, appeso immobile, voltandosi a guardare Hawks che lo seguiva. Gli occhi di Barker avevano un'espressione disperata. Respirava ad ansiti, muovendo la bocca a fatica. Hawks gli si fermo accanto.

La rete di fratture comincio a infrangersi in schegge affilate come pugnali; queste cadevano lasciando grandi squarci in cui turbinavano nubi di particelle fumose grigio-acciaio che formavano strati taglienti e si sospendevano nel grande spazio aperto, sopra il punto dove stavano aggrappati Hawks e Barker; le frange vorticavano salendo e congiungevano gli strati in una griglia di incroci marmorei a piani bruschi, che avanzavano verso di loro.

Barker improvvisamente chiuse gli occhi, scosse con violenza la testa dentro al casco e con una smorfia comincio ad arrampicarsi sulla rete, tenendo il braccio sinistro premuto contro il fianco, e aggrappandosi con la mano destra non appena il suo peso lasciava l'appiglio abbandonato dal piede sinistro.

Quando Hawks e Barker uscirono sul bordo della rete, accanto all'armatura che giaceva sotto la crosta di punte di pugnali spezzati, erano ormai nella formazione da nove minuti e quarantadue secondi. Barker si giro verso gli osservatori, attraverso la parete, e usci all'aperto, sulla Luna. Hawks lo segui. Si fermarono a guardarsi attraverso i vetri dei visori: la formazione era alle loro spalle.

Barker la guardo. — Sembra che quella cosa non sappia che cosa abbiamo fatto — disse, nel circuito del radiotelefono.

Hawks getto un'occhiata dietro di se. — Pensava che se ne accorgesse? — chiese, scrollando le spalle. Si rivolse agli osservatori che attendevano, in piedi, chiusi nelle tute, con espressioni pazienti dietro le sfere di plastica trasparente dei caschi.

— Avete visto accadere qualcosa di nuovo, mentre eravamo la dentro?

Il piu anziano del gruppo, un uomo dalla faccia grigia e chiusa, con gli occhiali cerchiati d'acciaio fissati da una fascia elastica, scosse il capo. — No. — La sua voce arrivo distorta, attraverso il microfono applicato sulla gola. — La formazione non mostra segni esteriori di aver discriminato tra un individuo e un altro, o di aver reagito in modo speciale alla presenza di piu di una persona. Cioe, suppongo che sia cosi, presumendo che siano state osservate tutte le sue regole interne.

Hawks annui. — E stata anche la mia impressione. — Si giro verso Barker. — Cio significa, molto probabilmente, che adesso possiamo cominciare a mandare la dentro le squadre di tecnici. Credo che lei abbia portato a termine il suo lavoro, Al. Ne sono convinto. Bene, andiamo con questi signori, per un po'. Potremmo fare a loro i nostri rapporti verbali, nel caso che Hawks e Barker abbiano perso i contatti con noi prima che uscissimo. — S'incammino lungo il sentiero verso il bunker, e gli altri lo seguirono.

4

Gersten s'inginocchio, si piego sul vetro aperto del casco. — Tutto bene, Hawks? — chiese.

Hawks lo guardo stordito. Un filo di sangue gli scendeva dall'angolo della bocca. Lo lecco, passandosi la lingua sul labbro inferiore inciso dai morsi. — Devo essermi spaventato piu di quanto pensassi, dopo che si e staccato da me e mi sono accorto di essere nella tuta. — Giro la testa da una parte all'altra, disteso sul pavimento del laboratorio. — Barker sta bene?

— Lo stanno tirando fuori adesso dal ricevitore. Sembra in buone condizioni. Ce l'avete fatta?

Hawks annui. — Oh, si, e andata bene. L'ultima volta che ho sentito, stava facendo un rapporto verbale agli osservatori. — Sbatte gli occhi per liberarli dalle lacrime. — Che razza di posto, quello lassu. Senti… Gersten… — Il suo volto era contratto in un'espressione di disgusto, mentre lo guardava. Quand'era bambino, e soffriva di forti raffreddori, suo padre aveva cercato di guarirlo facendogli bagni bollenti e poi avvolgendolo nelle lenzuola umide, stringendogliele addosso a strati, e lasciandolo cosi inchiodato per tutta la notte. — Mi… mi dispiace chiederlo — disse senza accorgersi di aver girato il viso direttamente verso Gersten — ma non potrebbero tirarmi fuori dalla tuta prima di tirar fuori Barker?

Gersten, che in un primo momento aveva scrutato Hawks con interesse premuroso, assunse un'aria gelida e offesa. — Certo — disse e si allontano, lasciando Hawks solo sul pavimento, come un bambino nella notte. Egli rimase cosi per parecchi istanti, prima che uno dei tecnici ritti in cerchio tutto intorno comprendesse che aveva bisogno di compagnia e s'inginocchiasse accanto a lui, entro la portata della visuale limitata dai bordi della visiera.

5

Hawks guardo il capo degli osservatori che richiudeva il taccuino. — Credo che basti, allora — disse all'uomo. Barker, che era seduto accanto a lui, al tavolo d'acciaio, annui esitante.

— Io non ho visto nessun lago di fuoco — disse a Hawks.

Lo scienziato alzo le spalle. — E io non ho visto al suo posto un'arcata di vetro verde. — Si alzo e disse agli osservatori: — Signori, se ci richiudete le visiere, ce ne andremo.

Gli osservatori annuirono e si avvicinarono. Quando ebbero finito, lasciarono la stanza attraverso il portello stagno, per passare all'interno del bunker, e Hawks e Barker rimasero soli, a usare il portello esterno. Hawks fece un gesto impaziente, mentre la valvola d'aspirazione del casco ricominciava a trarre aria dalle bombole, con un fruscio intenso. — Andiamo, Al. — Disse. — Non abbiamo molto tempo.

Mentre svuotavano d'aria la camera stagna, Barker disse amaramente. — Certo che e bello avere qualcuno che si commuove per te e ti da una pacca sulla spalla, quando hai realizzato qualcosa.

Hawks scosse il capo. — Costoro, qui, non s'interessano affatto a noi come individui. Forse oggi avrebbero dovuto farlo, ma e difficile cambiare abitudini. Non dimentichi, Al… per quelli lei non e mai stato altro che un'ombra nella notte. Solo l'ultima di tante ombre. E altri uomini verranno quassu a morire. Vi saranno occasioni in cui i tecnici sbaglieranno. Forse vi saranno ragioni che costringeranno lei e magari anche me a ritornare quassu. Gli uomini in quel bunker osserveranno, registreranno cio che vedono, faranno del loro meglio per strappare informazioni a quella cosa… — Indico con un gesto la massa d'ossidiana, che precipitava perpetuamente e perpetuamente tornava a rizzarsi, cambiando posto, incombendo sul bunker, ora riflettendo la luce delle stelle, ora nera e buia. — Quell'enorme enigma. Ma io e lei, Al, siamo soltanto strumenti, per loro. E necessario che sia cosi. Dovranno vivere qui fino al giorno in cui l'ultimo tecnico smontera l'ultimo pezzo di quella formazione. E poi, quando cio avverra, gli uomini di quel bunker dovranno affrontare qualcosa cui avranno cercato di non pensare per tutto questo tempo.

— Sa, Hawks — disse Barker, impacciato — quasi non volevo uscire.

— Lo so.

Barker fece un gesto d'indecisione. — E stata la cosa piu strana. Per poco non mi sono buttato nella trappola che mi ha fregato l'ultima volta. E poi, poco e mancato che restassi li ad attendere che ci prendesse. Hawks, io… non so. Non volevo uscire. Avevo la sensazione di stare per perdere qualcosa. Che cosa, non lo so. Ma stava li, e all'improvviso ho capito che c'era qualcosa di prezioso che avrei perduto, se ne fossi uscito fuori.

Hawks, che gli camminava al fianco con passo fermo, si volto a guardarlo per la prima volta da quando avevano lasciato il bunker. - E l'ha perduta?

— Non… non so. Dovro pensarci a lungo, credo. Mi sento diverso. E quanto posso dire. — La voce di Barker

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