della Terra.
Abbiamo avuto molto da fare, ma nel complesso non ci e dispiaciuto.
L’unico vero problema e stato di ordine sanitario; malgrado tutte le precauzioni prese, siamo usciti dalla quarantena troppo presto, e abbiamo contagiato il venti per cento circa dei Thalassani con qualche virus. Quel che e peggio e che noi non ne abbiamo sofferto per niente. Per fortuna non e morto nessuno, sebbene il merito di cio non si possa attribuire, temo, ai dottori di qui. La scienza medica qui e molto arretrata; si sono talmente abituati a far conto su sistemi automatizzati che quando capita qualcosa di fuori dell’ordinario non sanno piu cosa fare.
Pero ci hanno perdonato: i Thalassani sono un popolo di ottimo carattere. Hanno avuto moltissima fortuna — forse anche troppa! — con il loro pianeta; e il confronto con Sagan Due e ancora piu stridente.
L’unica difficolta invalicabile e la mancanza di terre emerse, e sono stati abbastanza saggi da tenere la popolazione bene al di sotto del massimo consigliabile. E se mai fossero tentati di superarlo, hanno di fronte il monito terribile degli slum della Terra.
Sono un popolo cosi bello, cosi affascinante, che e difficile opporsi alla tentazione di aiutarli invece che di lasciarli liberi di far crescere la loro cultura nelle direzioni che meglio credono. In un certo senso sono figli nostri — e tutti i genitori stentano a rendersi conto che prima o poi devono smettere di interferire nella vita dei figli.
In una certa misura, naturalmente, non possiamo fare a meno di interferire: basta la nostra stessa presenza qui. Siamo arrivati, ospiti inattesi — sebbene, per fortuna, non indesiderati — del loro pianeta. E loro non dimenticano che la
Ho visitato il Primo Atterraggio, il loro luogo natale: una visita che ogni Thalassano compie almeno una volta nella vita. E una via di mezzo tra il tempio e il museo, l’unico luogo del pianeta in cui il concetto di sacro abbia un qualche senso. Nulla in settecento anni e cambiato. La nave inseminatrice, che ora e soltanto un guscio vuoto, sembra appena atterrata.
Intorno a essa vi sono le macchine ferme: gli escavatori e i costruttori e gli impianti chimici con gli operatori robot. E, naturalmente, le nursery e le scuole della Generazione Uno.
Non esistono quasi testimonianze di quei primi decenni forse deliberatamente. Malgrado la bravura dei pianificatori e le precauzioni prese ci saranno senz’altro stati degli incidenti biologici, che il programma di allevamento deve aver eliminato senza pieta. E il periodo di trapasso tra la prima generazione, che non aveva avuto genitori umani, e la seconda, che invece li aveva, deve essere stato qualcosa di terribile da un punto di vista psicologico.
Ma le tragedie dei Decenni della Genesi appartengono ormai al lontano passato. Come avviene per le tombe di tutti i pionieri, esse sono state dimenticate da chi ha costruito una nuova societa.
Io sarei felice di passare qui quanto mi rimane da vivere; su Thalassa c’e materia di studio per un esercito di antropologi e psicologi e sociologi.
Soprattutto, vorrei tanto incontrare qualcuno dei miei colleghi morti tanto tempo fa per dir loro che molte delle loro interminabili polemiche si possono dire risolte.
E
Dobbiamo stare molto attenti a colmare certi vuoti, a dar loro certe opere d’arte, per quanto belle e commoventi siano.
I Thalassani non sono mai stati avvelenati dai guasti delle religioni morte, e in settecento anni non e sorto tra loro un solo profeta che predicasse una nuova religione. Perfino la parola «Dio» e pressoche scomparsa dalla loro lingua, e ogni volta che capita loro di sentirla dalle nostre labbra si mostrano sorpresi, se non divertiti.
I miei amici scienziati amano dire che su un solo caso si costruiscono pessime statistiche, cosi che non so per certo se la mancanza totale di una qualsiasi religione in questa societa sia davvero significativa. Sappiamo anche che i Thalassani sono stati sottoposti a un’attentissima selezione genetica, cosi da escludere il maggior numero possibile di caratteristiche socialmente indesiderabili. Si, si… lo so che soltanto il quindici per cento del comportamento umano e geneticamente determinato, ma questo quindici per cento e
Come vorrei sapere che ne e stato delle navi inseminatrici lanciate dai gruppi religiosi del ventiseiesimo secolo! L’
L’ateismo totale dei Thalassani ha avuto un’altra conseguenza: lo scarsissimo numero di imprecazioni. Quando un Thalassano si lascia cadere qualcosa di pesante sul piede, non sa cosa dire. Anche i consueti riferimenti a certe funzioni corporee non servono a molto, perche esse appaiono del tutto naturali e scontate. Praticamente l’unica imprecazione di impiego generalizzato e «Krakan!», e di essa si fa un uso fin eccessivo.
Essa dimostra quanto sia rimasta impressa l’eruzione del monte Krakan di quattrocento anni fa; spero di potervi fare un’escursione prima della nostra partenza.
Ancora mancano molti mesi, eppure gia ne ho paura. Non per i possibili pericoli — dovesse capitare qualcosa alla nave, io non me ne accorgerei neppure. Ma perche la partenza significhera rompere un altro degli anelli che ci legano alla Terra, e che mi legano a te, mia carissima.
13. Task Force
«Al presidente questo non piacera» disse il sindaco Waldron con una certa soddisfazione. «Lui aveva deciso per l’Isola Settentrionale.»
«Lo so» fece il vicecomandante Malina. «E ci spiace molto doverlo contrariare, perche ci e stato di grande aiuto. Ma l’Isola Settentrionale e tutta roccia, e tutti i tratti di costa adatti sono molto popolati. C’e pero una baia deserta con una comoda spiaggia sabbiosa a solo nove chilometri da Tarna… quella andrebbe benissimo.»
«Troppo bello per essere vero. E
«Perche e li che aveva sede il Progetto Mangrovia. Tutti gli alberi sono morti, e ancora non sappiamo come mai. Nessuno se l’e ancora sentita di fare un po’ di pulizia. La vista e brutta, ma il puzzo e ancora peggio.»
«Quindi si tratta di un’area gia ecologicamente disastrata. Si accomodi pure, capitano! Tanto la situazione non potrebbe essere peggiore di come e gia!»
«Le assicuro che i nostri impianti saranno esteticamente validi e non danneggeranno per niente l’ambiente. E naturalmente li smantelleremo prima della partenza. A meno che non vogliate tenerli voi.»
«La ringrazio, ma non penso che avremo mai bisogno di produrre parecchie tonnellate di ghiaccio al giorno. E, a proposito, possiamo esservi utili in qualche cosa? Vi servono alloggi, vitto, mezzi di trasporto? Saremo lieti di esservi utili. Immagino che scenderete quaggiu in parecchi.»
«Un centinaio di persone circa. Naturalmente apprezziamo molto la vostra ospitalita. Ma purtroppo temo che come ospiti non vi daremo grande soddisfazione: avremo conferenze e riunioni con i nostri compagni rimasti a bordo a ogni ora del giorno e della notte. Quindi dovremo rimanere assieme… e non appena avremo montato il nostro villaggio prefabbricato ci stabiliremo la con tutto il nostro equipaggiamento. Non vorrei che ci giudicaste poco cortesi, ma ogni altra soluzione sarebbe poco pratica.»
«Lei ha ragione, immagino» disse la Waldron con un sospiro. Si era stillata il cervello per trovare il modo, nel rispetto del protocollo, di offrire il cosiddetto appartamento degli ospiti non al vicecomandante Malina, ma allo spettacolare comandante Lorenson. Il problema le era parso insolubile; adesso, ahime, non si sarebbe posto mai.
Era abbattuta a tal punto che per un attimo fu tentata di richiamare il suo ultimo consorte ufficiale — ora residente sull’Isola Settentrionale — e invitarlo per una breve vacanza assieme. Ma quel maledetto l’avrebbe probabilmente respinta un’altra volta, e questo sarebbe stato insopportabile.