5. Infine su quella parte di Thalassa che a noi interessa esiste — fortunatamente — un unico fuso orario.

Sirdar Bey (Cap.) 3863.02.27.21.30 TT 718.00.02.15.00 TTh «Chi l’avrebbe mai detto che una cosa cosi semplice fosse invece cosi complicata?» Mirissa si era messa a ridere quando aveva letto il bollettino affisso all’albo di Terra Nova. «Questo dev’essere uno dei famosi «fulmini di Bei». Ma che tipo d’uomo e il capitano? Non ho mai avuto modo di parlargli veramente.»

«Non e un uomo facile, il capitano» rispose Moses Kaldor. «Gli avro parlato in privato non piu di una decina di volte. Ed e l’unico a bordo che tutti chiamino «signore»… sempre. Tranne forse il comandante in seconda Malina, quando parlano a quattr’occhi… Tra parentesi, quel bollettino non e un vero «fulmine di Bei». E troppo tecnico. L’avranno scritto l’ufficiale scientifico Varley e il segretario, LeRoy. Il capitano Bey e un ottimo tecnico — migliore di me — ma in primo luogo e un amministratore. E certe volte, quando e necessario, comandante in capo.»

«Io non la sopporterei, tutta questa responsabilita.»

«E un compito che qualcuno si deve assumere. I problemi ordinari si possono risolvere consultando gli ufficiali piu anziani e le banche dati del computer. Ma certe decisioni vanno prese da un singolo individuo che abbia l’autorita di farle rispettare. A questo serve un capitano.

Un’assemblea non puo comandare una nave… non sempre, almeno.»

«Invece noi governiamo Thalassa proprio in questo modo. S’immagina il presidente Farradine che comanda qualcosa… qualsiasi cosa?»

«Queste pesche sono deliziose» disse Kaldor cambiando diplomaticamente discorso e prendendone un’altra pur sapendo che erano destinate a Loren. «Pero siete stati fortunati! Non avete avuto una crisi da settecento anni! Chi ha detto: «Thalassa non ha una storia, ma solo statistiche»?»

«Oh, ma non e vero! E il monte Krakan?»

«Quella e stata una catastrofe naturale… e nemmeno tanto grave. Io mi riferivo alle crisi politiche: disordini, tumulti, questo tipo di cose.»

«Per questo dobbiamo ringraziare la Terra. Ci avete dato una Costituzione Jefferson Tipo Tre. Un’utopia in due megabyte, l’ha definita qualcuno. Ha funzionato benissimo. Il programma non e stato modificato da trecento anni. Siamo ancora al Sesto Emendamento soltanto.»

«E che possiate rimanere sempre fermi a questo punto» disse Kaldor con calore. «Proprio non vorrei che fossimo noi; responsabili del Settimo Emendamento.»

«Ma se cosi dovesse avvenire, le modifiche verrebbero prima controllate dalle banche dati degli Archivi. Quando verra a trovarci? Ci sono tante cose che deve vedere.»

«Meno di quante ne vorrei vedere io. Chissa quante cose avete che potrebbero riuscirci utili su Sagan Due, anche se e un mondo molto diverso da questo.» E anche molto meno bello, aggiunse dentro di se.

Mentre cosi parlavano, arrivo Loren, evidentemente diretto alle docce.

Indossava calzoni corti e aveva un asciugamano gettato sulle spalle nude.

Vedendolo, Mirissa impallidi.

«Avrai battuto tutti come al solito» disse Kaldor. «Non finisci per annoiarti?»

Loren fece una smorfia.

«Alcuni giovani Thalassani mi sembrano promettere bene. Uno mi ha battuto di tre punti. Giocavo con la mano sinistra, naturalmente.»

«Nel caso improbabile che non gliel’abbia gia detto» disse Kaldor a Mirissa «Loren era campione mondiale di ping pong.»

«Adesso non esagerare, Moses. Ero si e no il quinto in graduatoria, e verso la fine non c’erano grandi campioni. Un qualsiasi Cinese del Terzo Millennio mi avrebbe battuto come niente.»

«Perche non fai vedere a Brant come si fa?» fece maliziosamente Kaldor. «Potrebbe essere interessante.»

Vi fu un breve silenzio. Poi Loren rispose con una certa sufficienza:

«No, c’e troppa disparita».

«E invece e Brant che vuol far vedere a lei una cosa, capitano Lorenson» intervenne Mirissa.

«Davvero?»

«Lei ha detto di non essere mai salito su una barca.»

«E vero.»

«Allora ha un appuntamento con Brant e Kumar al Molo Tre alle otto e mezzo di domattina.»

«Credi che debba correre il rischio?» Loren chiese con scherzosa serieta a Kaldor. «Non so nuotare.»

«Non preoccuparti» disse Kaldor incoraggiante. «Anche se hanno intenzione di farti fare un viaggio di sola andata, non cambiera nulla.»

18. Kumar

Una soltanto era la tragedia che gettava un’ombra sui diciotto anni di vita di Kumar Leonidas: sarebbe sempre stato dieci centimetri piu basso di quanto avrebbe voluto. Non sorprendeva che fosse soprannominato «Piccolo Leone», sebbene ben pochi osassero chiamarlo cosi in sua presenza.

Per compensare la sua bassa statura, Kumar aveva fatto di tutto per svilupparsi in larghezza e robustezza. Molte volte Mirissa gli aveva detto, a meta tra divertita ed esasperata: «Kumar, se tu ti dedicassi a sviluppare il cervello cosi come fai col corpo, diventeresti il massimo genio di Thalassa». Non gli aveva invece mai detto — e anzi solo con riluttanza l’ammetteva di fronte a se stessa — che, vedendo il fratello mentre faceva ginnastica la mattina, provava spesso sensazioni pochissimo sororali, nonche una certa invidia per quelli che convenivano ad ammirarlo. Tra costoro andavano annoverati, in diverse riprese, in pratica tutti i coetanei di Kumar. Correva voce che Kumar avesse fatto l’amore con tutte le ragazze e meta dei ragazzi di Tarna: era un’esagerazione, certamente, ma che conteneva un fondamento di verita.

Tuttavia Kumar, malgrado la sorella gli fosse intellettualmente molto superiore, non era un imbecille tutto muscoli e niente cervello. Se qualcosa lo interessava per davvero, non si dava pace finche non padroneggiava a fondo l’oggetto del suo interesse. Era un magnifico marinaio, e aveva dedicato due anni a costruire, con l’aiuto occasionale di Brant, uno splendido kaiak di quattro metri. La chiglia era finita, ma ancora non aveva cominciato a lavorare al ponte.

Un giorno, si era ripromesso, l’avrebbe varato, e allora nessuno avrebbe piu osato ridere. Nel frattempo, l’espressione «il kaiak di Kumar» aveva finito per significare, per gli abitanti di Tarna, un lavoro lasciato a meta — cosa di cui, invero, vi erano in giro parecchi esempi.

A parte questa tendenza a rimandare le cose al domani, comune a tutti i Thalassani, il carattere di Kumar presentava alcuni difetti, i principali dei quali erano un temperamento avventuroso e la tendenza a far scherzi certe volte abbastanza pericolosi. Era opinione diffusa che questi difetti avrebbero finito, una volta o l’altra, per metterlo nei guai.

Tuttavia non si poteva volergliene a lungo nemmeno per gli scherzi piu terribili, perche erano sempre fatti senza malizia alcuna. Era un ragazzo apertissimo, fin trasparente; era impensabile, ad esempio, che Kumar dicesse una bugia. Per questo motivo gli si perdonavano molte cose.

L’arrivo degli stranieri era stato, naturalmente, l’avvenimento piu eccitante della sua vita. Lo affascinavano le loro macchine, le registrazioni audiovisive e sensoriali che essi avevano portato, le storie che narravano, tutto degli stranieri lo affascinava. E poiche degli stranieri frequentava soprattutto Loren, non ci fu nulla di strano che gli si affezionasse.

Ma Loren non era del tutto soddisfatto della piega che avevano preso gli avvenimenti. Kumar con la sua continua presenza non si limitava a infastidirlo un poco; diventava un terzo incomodo, un fratello minore importuno di cui era impossibile liberarsi.

19. La Bella Polly

«Davvero non riesco a crederci, Loren» disse Brant Falconer. «Davvero non sei mai stato su una barca o su una nave?»

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