Sebbene bisognasse mettercela proprio tutta per cadere da quella bicicletta a ruote piccole, visto il baricentro basso (cosa che comunque a Loren riusci piu di una volta), i primi tentativi furono parecchio deludenti. Loren vi avrebbe volentieri rinunciato se non fosse stato per gli incitamenti di Mirissa, la quale sosteneva che la bicicletta era il modo migliore per scoprire l’isola — e per la sua speranza che la bicicletta sarebbe stato il modo migliore per scoprire Mirissa.
Il trucco, concluse Loren dopo qualche altra caduta, era di ignorare del tutto il problema e affidare la faccenda ai riflessi involontari del suo corpo.
Del resto era la soluzione logica; se bisognasse decidere volontariamente quali movimenti fare per camminare, non saremmo capaci di muovere un passo se non con grande fatica. Loren riconosceva, da un punto di vista teorico, la verita di questa soluzione, pero gli ci volle qualche tempo prima di potersi davvero fidare dei propri istinti. Tuttavia, superato questo primo ostacolo, fece rapidamente progressi. E infine, come aveva sperato, Mirissa si offri di mostrargli i recessi piu remoti dell’isola.
Con estrema facilita ci si sarebbe potuti convincere che non c’erano altri esseri umani al mondo tranne loro due eppure non erano lontani da Tarna piu di cinque chilometri. Avevano senza dubbio percorso una distanza molto maggiore, ma la stretta pista ciclabile era stata concepita appositamente per condurre nei luoghi piu pittoreschi, e non per collegare con il percorso piu breve un punto all’altro. Loren avrebbe potuto sapere dove si trovava ricorrendo al comunicatore, ma preferi non farlo. Era piu divertente far finta di essersi perduti.
Mirissa avrebbe preferito lasciare il comunicatore a casa.
«Perche portarsi dietro quell’affare?» aveva detto indicando il bracciale con tasti e quadranti che lui aveva al polso sinistro. «Certe volte e bello isolarsi dagli altri.»
«E vero, ma il regolamento della nave e molto rigoroso Se il capitano Bey mi cercasse e io non rispondessi…»
«Che farebbe? Ti metterebbe ai ferri?»
«Meglio ai ferri che la predica. Comunque, ho messo il comunicatore sul modo sonno. Se mi chiamano, vorra dire che c’e qualcosa di davvero urgente… e in tal caso mi dispiacerebbe non poter rispondere.»
Come tutti i Terrestri da almeno mille anni a quella parte, Loren si sarebbe sentito meno a disagio senza i vestiti che senza il comunicatore.
Sulla Terra si raccontavano terribili storie di gente distratta o imprudente che era morta — spesso a pochi metri dalla salvezza — solo perche non aveva potuto premere il tasto rosso con la scritta EMERGENZA.
La pista ciclabile era stata tracciata secondo criteri d’economia, e non certo per permettere il passaggio del traffico pesante. Era larga meno di un metro, e in un primo momento all’inesperto Loren era sembrato di procedere lungo una fune sospesa. Per evitare di cadere, aveva dovuto tenere gli occhi fissi sulla schiena di Mirissa (obbligo tutt’altro che sgradevole). Ma dopo qualche chilometro s’era fatto piu sicuro e aveva potuto godersi anche altri panorami. Avessero incontrato qualcuno che andava nella direzione opposta, sarebbero stati costretti a scendere di sella tutti quanti; il pensiero di uno scontro a una velocita complessiva di cinquanta e passa chilometri all’ora era insopportabile. Avrebbero dovuto fare un bel pezzo a piedi per tornare a casa, e per di piu spingendo a mano le biciclette danneggiate…
Parlavano molto poco; solo Mirissa, di quando in quando, apriva bocca per mostrare a Loren un albero dalla forma bizzarra o qualche luogo insolitamente bello. Gia quel silenzio era una cosa che Loren non aveva mai sperimentato in tutta la sua vita; sulla Terra era sempre stato circondato da suoni, e la vita di bordo era tutta una sinfonia di rassicuranti rumori meccanici, con qualche allarme ogni tanto da far balzare il cuore in gola.
Fu dunque con sorpresa che a un certo punto udi provenire da un folto d’alberi davanti a loro il ritmo ormai familiare di una musica da ballo thalassana. Poiche la stretta stradina raramente procedeva senza curve per piu di cento o duecento metri, non pote vedere da dove proveniva la musica fin quando, superata una curva stretta, si trovo di fronte a una sorta di mostro meccanico che occupava tutta quanta la sede stradale e, suonando, avanzava lentamente verso di loro. Assomigliava a un bulldozer robot. Dovettero smontare per lasciarlo passare, e cosi facendo Loren si accorse che compito della macchina era la manutenzione della strada.
Aveva notato in precedenza parecchi tratti sconnessi e anche alcune buche piuttosto profonde, e si era chiesto quando l’apposito ente si sarebbe preso la briga di riparare la strada.
«Ma perche la musica?» chiese. «La macchina non puo certo apprezzarla.»
Non fece quasi in tempo a finire la battuta che il robot parlo e con voce severa disse: «Si prega di non passare sulla strada finche io non mi sia allontanato di cento metri. La superficie e ancora molle. Si prega di non passare sulla strada finche io non mi sia allontanato di cento metri. La superficie e ancora molle. Grazie».
Mirissa scoppio a ridere vedendo l’espressione sorpresa di lui.
«Hai ragione, naturalmente. Lui non e molto intelligente. La musica serve ad avvertire la gente che il robot si sta avvicinando.»
«Non sarebbe piu efficace un clacson o qualcosa del genere?»
«Forse si, ma sarebbe cosi…
Tolsero dalla strada le biciclette e attesero che il convoglio di articolati, di unita di controllo e di macchinari passasse lentamente. Loren non seppe resistere alla tentazione di sfiorare con le dita la superficie stradale ancora fresca; calda e lievemente cedevole, sembrava umida ma al tatto era asciutta. Nel giro di pochi secondi divenne dura come roccia; Loren noto che vi era rimasta, appena visibile, l’impronta delle sue dita ed ebbe un pensiero malinconico: «Ecco che ho lasciato la mia impronta su Thalassa… fin quando il robot non ripassera».
La strada prese a salire e Loren scopri di possedere nelle cosce e nei polpacci muscoli di cui non aveva prima sospettato l’esistenza. Un motorino ausiliario sarebbe stato il benvenuto, se non che Mirissa non ne aveva voluto sapere dicendo che era un espediente da debosciati. Mirissa non aveva rallentato affatto per la salita, e cosi Loren non ebbe altra alternativa che darci dentro per tenerle dietro.
Cos’era quel rombo lontano che si sentiva piu lontano? Di sicuro non stavano provando dei motori a razzo tra le montagne dell’Isola Meridionale! Il rumore si fece sempre piu forte via via che avanzavano lungo la strada; Loren capi di cosa si trattava solo pochi secondi prima di vederne la causa.
Da un punto di vista terrestre, la cascata non era poi un gran che — alta un centinaio di metri, e larga venti. Uno snello ponte di metallo luccicante di spruzzi scavalcava le acque ribollenti al piede della cascata.
Mirissa scese di sella, con gran sollievo di Loren, e lo guardo maliziosa.
«Non noti niente di strano?» gli chiese indicando il panorama.
«Strano in che senso?» disse Loren per ricavare qualche indizio in piu.
Non c’era altro da vedere che un ampio tratto di bosco, o foresta che fosse, entro cui, di la della cascata, continuava la strada.
«Gli alberi… gli alberi!»
«Si? Cos’hanno gli alberi? Io non m’intendo di botanica.»
«Nemmeno io, ma si dovrebbe capire lo stesso. Guardali bene.»
Loren guardo, perplesso. E all’improvviso capi, perche un albero e un’opera di ingegneria naturale, e lui questo era: un ingegnere.
Di la della cascata la vegetazione era come opera di un altro progettista.
Non sapeva quale fosse il nome degli alberi che lo circondavano da questa parte, ma avevano comunque un aspetto familiare, e certamente provenivano dalla Terra… Si, quella era di sicuro una quercia, e i bei fiori gialli di quel cespuglio li aveva gia visti molto tempo prima.
Oltre il ponte, era un altro mondo. Gli alberi — ma erano poi davvero alberi? — avevano un’aria primitiva, incompleta. Alcuni avevano tronchi bassi, a forma di botte, da cui si protendevano pochi rami spinosi; altri erano piu simili a enormi felci; altri ancora assomigliavano a gigantesche dita scheletriche, con una corona di peli alle giunture. E non si vedeva un solo fiore…
«Adesso ho capito. Quella e la vegetazione indigena di Thalassa.»
«Si… e ha lasciato il mare solo pochi milioni di anni fa. Noi chiamiamo questo punto il Grande Spartiacque. Ma piu che uno spartiacque e il fronte tra due eserciti, e nessuno sa quale dei due vincera. Noi speriamo che non vinca ne l’uno ne l’altro! La vegetazione della Terra e piu evoluta, ma quella di Thalassa e meglio adattata alla chimica di questo pianeta. Di quando in quando il fronte si sposta, e una parte cerca d’invadere l’altra.
Allora noi interveniamo con zappe e badili prima che possa rafforzare le nuove posizioni.»
Che strano, penso Loren attraversando il ponticello con la bicicletta a mano. Per la prima volta da quando sono su Thalassa ho sentito di trovarmi in un mondo alieno…
Quegli alberi goffi, quelle felci primitive, potevano benissimo essere stati la materia prima dei giacimenti di