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Mi stringo nelle spalle. «Non te lo dico. Leggiti l’articolo domani.»
«Che bambinone.» Si guarda intorno. «Dov’e il tuo uomo con l’Instamatic?»
Accenno con la testa a un piccolo motoscafo fermo vicino all’imbocco dello stretto. «Sta scattando un po’ di foto con il grandangolo. E il tuo?»
«Io ne ho due», dice Iain. «Uno e qui, da qualche parte, l’altro e lassu, su un elicottero, insieme a quelli della BBC.»
Alziamo la testa. Conto quattro Sea King della marina. Iain e io ci guardiamo.
«Esagerati! Persino l’elicottero!» esclamo.
Lui alza le spalle. «Probabilmente stanno discutendo su chi deve dare la mancia al pilota.»
Torniamo a osservare il sottomarino. Le barche dei dimostranti continuano a puntare diritte verso il
«Prestami un attimo il binocolo», dice Iain.
Glielo porgo e lui lo punta sul rimorchiatore che lentamente apre la strada al sottomarino.
«Come vanno le cose al
«Oh, sempre allo stesso modo.»
«Uau!» esclama, distogliendo lo sguardo dal binocolo e assumendo un’espressione sorpresa. «Attento. Sei sicuro di volerlo ripetere? Sto registrando tutto, sai.»
«Sta’ attento tu, giornalista da strapazzo.»
«I vostri ragazzi della costa orientale sono semplicemente invidiosi del nostro sistema informatico perche
«Eh, come no.»
Osserviamo la lunga sagoma palesemente fallica scivolare nello stretto e, per un attimo, lo scafo nasconde alla nostra vista la piccola folla radunata sulla lingua di terra di fronte a noi. Minuscole teste con il cappello escono dalla torretta e guardano nella nostra direzione. Saluto con la mano. Uno di loro risponde. Provo una strana, colpevole felicita. Gli elicotteri fanno un sacco di rumore sopra le nostre teste; il movimento circolare delle imbarcazioni dei dimostranti e del ministero della Difesa risulta limitato dalle dimensioni del canale; i gommoni danzano e sobbalzano uno intorno all’altro, spesso scontrandosi. Sembrano otto spastici che cercano di ballare una quadriglia, ma non e un’immagine che userei in un articolo.
«Bella dimostrazione, ieri, a Londra, eh?» fa Iain, restituendomi il binocolo.
Annuisco. Ieri sera ho visto in televisione le immagini di migliaia di persone bagnate fradice percorrere lentamente le strade di Londra per protestare contro la chiusura delle miniere.
«Gia.» Spengo la sigaretta schiacciandola con la scarpa sul tetto arrugginito del container. «La gente si e resa finalmente conto che Scargill aveva ragione. Peccato che c’e arrivata dopo sei anni, quando ormai e troppo tardi.»
«Lui pero e uno stronzo arrogante.»
«Non importa. Aveva ragione lui.»
«Comunque rimane uno stronzo arrogante», ribadisce Garnet e fa un gran sorriso.
Scuoto la testa e indico la nave guardapesca che chiude la flottiglia ormai prossima a infilarsi nello stretto. «Che ne pensi, e meglio dire che la nave e in coda al sottomarino o che gli va di poppa? In termini marinareschi, intendo dire.»
Socchiudendo gli occhi, Iain osserva la nave, mentre lo scafo del sottomarino continua a sfilarci davanti. Capisco che sta cercando disperatamente una battuta, sta pensando che ce ne deve essere qualcuna sul genere: «No, gli va in culo», o qualcosa di egualmente stiracchiato, ma entrambi i termini si prestano poco a battute intelligenti; evidentemente se ne rende conto anche lui perche si limita a stringersi nelle spalle. «Non ne ho la piu pallida idea, amico», dice, e tira fuori il taccuino.
Comincia a scarabocchiare ghirigori. Garnet deve essere uno degli ultimi che usano la stenografia; sono pochi quelli della nostra generazione che si fidano ancora di Pitman, i piu preferiscono affidarsi ai Pearlcorder Olympus.
«Sei sempre senza una rubrica fissa, Cameron?»
«Gia, sono un segugio in cerca di notizie, senza rubrica e senza portafoglio.»
«Hmm… Ho sentito dire che hai un animaletto tra i governativi che ogni tanto ti da qualche bel bocconcino, vero, Cameron?» ridacchia Garnet, imperturbabile, senza alzare gli occhi dal taccuino.
«
«Un bell’animaletto peloso», mi fa, rivolgendomi un sorriso a trentasei denti.
Continuo a fissarlo.
«Un animaletto peloso che vive sottoterra e si nutre d’insetti. Non ci arrivi?» Scuote la testa per la mia lentezza. «Una
«Oh?» dico, sperando di apparire adeguatamente meravigliato.
Fa l’aria offesa. «Allora, e vero?»
«Vero cosa?»
«Che hai una talpa nei servizi di sicurezza o in qualche altro ente altrettanto supersegreto che ti passa ghiotte primizie a proposito di una grossa storia che sta per venire a galla?»
«No», rispondo, scuotendo la testa.
Mi sembra deluso.
«Chi te l’ha detto?» gli chiedo. «Frank?»
Aggrotta la fronte, spalanca la bocca fino a formare una O perfetta e inspira a fondo. «Spiacente, Cameron, ma non posso assolutamente rivelare le mie fonti.»
Gli rivolgo un’occhiata mesta. Tutti e due ci voltiamo di nuovo a guardare il sottomarino.
Si odono deboli, distanti esclamazioni di trionfo quando, finalmente, uno dei gommoni degli antinuclearisti riesce a forzare il cordone delle imbarcazioni militari, sfugge al controllo e si lancia a tutta velocita contro la poppa tonda e nera del Trident, riuscendo a salirgli appena sulla coda — pare un moscerino che tenta d’ingropparsi un elefante — prima di essere allontanato. Una troupe televisiva cattura il momento. Sorrido, compiaciuto per i dimostranti. Dopo un po’ ci sfila davanti la grossa massa grigia della
«Orkney», mormora Garnet con aria pensosa. «Orkney…»
Mi sembra quasi di sentire il suo cervello che macina nel tentativo di scoprire un collegamento con il pezzo forte delle notizie dall’interno dell’indomani, quando verra pubblicato il rapporto sul finto scoop del caso Orkney, riguardante le molestie sessuali sui minori. Conoscendo Garnet, c’e da aspettarsi un qualche commento sui marinai.
Me ne sto zitto, per non incoraggiarlo.
Getta via il mozzicone di sigaretta. Forse equivocando il suo gesto, qualcuno a poppa della
«Sei davvero uno spasso, Iain», gli faccio, avvicinandomi al bordo del container. «Ci facciamo una birra, dopo?» Salto giu sul barile e da li a terra.
«Te ne vai gia?» chiede Iain. E aggiunge: «No, devo intervistare il comandante di Faslane e poi devo tornare in ufficio».
«Anch’io devo rientrare alla base», gli dico. «Ci vediamo la.» Mi volto, dirigendomi alla macchina.
«Non mi dare una mano a scendere, eh, bastardo? Sempre lo stesso edimburghese bastardo!» mi urla dietro.
Alzo una mano e continuo per la mia strada senza voltarmi. «Hai ragione!»