e?»

Kay Scarpetta apre e fa entrare Marino, che e rosso come un peperone ed evita lo sguardo della Paulsson. Chiude la porta ed entra nel salotto.

«Cristo santissimo!» esclama Suzanna Paulsson, di colpo rabbiosa. «Perche e venuto anche lui? Non lo voglio piu vedere!» Si rivolge a Kay Scarpetta. «Lo faccia uscire!»

«Ci dica dell’uomo che abitava nella casa dietro la sua, per favore» insiste Kay Scarpetta. «Non puo non aver visto almeno le luci accese.»

«Si chiama Edgar Allan, Al, qualcosa del genere?» le suggerisce Marino, sempre rosso in viso. «Niente bugie, Suz, facci il piacere. Non siamo proprio in vena. Dicci come si chiamava. Scommetto che eravate amici.»

«Vi ripeto che non lo conosco. Non ho mai visto nessun uomo in quella casa» ribadisce. «Perche? E stato lui a… Pensate che sia stato…? Oddio!» Ha gli occhi pieni di paura e di dolore. Sembra sincera, ma Kay Scarpetta rimane scettica.

«E mai venuto in casa tua?» chiede Marino.

«No!» La Paulsson scuote la testa, con le mani incrociate sul petto.

«Davvero?» la provoca Marino. «E come fai a esserne tanto sicura, se dici di non conoscerlo neppure? Magari si e fatto passare per il lattaio. O e venuto a fare con te qualcuno dei tuoi “giochetti”. Se non sai di chi parliamo, perche dici che non e mai entrato in casa tua?»

«Esigo di essere trattata con maggiore rispetto!» urla la Paulsson, guardando Kay Scarpetta.

«Risponda, signora Paulsson.»

«Le ho gia detto…»

«Ci sono le sue impronte digitali, in camera di Gilly» la interrompe Marino aggressivo, avvicinandosi a lei. «Lo hai fatto partecipare a uno dei tuoi “giochetti”, Suz?»

«No!» Scoppia in lacrime. «Quella casa e disabitata! Prima ci stava una vecchietta, ma sono anni che non c’e piu! Forse ho visto qualcuno andare e venire, ma non ci ha piu abitato nessuno. Lo giuro! Le sue impronte digitali? Oddio, la mia bambina! La mia bambina!» Scoppia in singhiozzi, stringendosi le braccia sul petto. A un certo punto si copre il viso con le mani tremanti. «Che cosa ha fatto alla mia bambina?»

«L’ha ammazzata» risponde Marino. «Parlaci di lui, Suz.»

«Oh, no!» urla lei. «Oh, Gilly!»

«Siediti, Suz.»

Ma la Paulsson resta dov’e e continua a singhiozzare, con le mani sugli occhi.

«Siediti!» urla Marino. Kay Scarpetta capisce dove vuole andare a parare e lo lascia fare, anche se a malincuore.

«Siediti!» Marino indica il divano. «Per una volta di’ la verita. Fallo per Gilly.»

La signora Paulsson si lascia cadere sul divano sotto la finestra, coprendosi il viso con le mani. Kay Scarpetta si va a sedere davanti al caminetto spento, di fronte a lei.

«Parlaci di Edgar Allan Pogue» ordina Marino ad alta voce. «Mi senti, Suz? Ascoltami bene: quello ha ammazzato tua figlia, te ne rendi conto? O te ne freghi? Era una grandissima rompiscatole, la tua Gilly, vero? Disordinata, ti dava un gran daffare. Dovevi sempre raccogliere quello che lasciava in giro…»

«Smettila!» strilla la Paulsson strabuzzando gli occhi, paonazza. «Smettila immediatamente! Sei uno stronzo, un bastardo, un maledetto…» Scoppia in singhiozzi e si asciuga il naso nel palmo della mano. «La mia Gilly…»

Marino si siede sulla poltrona, come se Kay Scarpetta non ci fosse. Ma lui sa che c’e e che lei ha capito dove vuole andare a parare. «Vuoi che lo prendiamo, Suz?» domanda, di punto in bianco calmo e gentile. Si protende verso di lei, posando gli avambracci sulle ginocchia. «Vuoi che lo prendiamo? Dimmelo.»

«Si» risponde Suz Paulsson. «Si voglio che lo prendiate.»

«Aiutaci, allora.»

La donna scuote la testa, in lacrime.

«Non vuoi aiutarci?» Si appoggia allo schienale e lancia un’occhiata a Kay Scarpetta, che e seduta davanti al caminetto. «Non vuole aiutarci, capo. Non vuole che prendiamo l’assassino di sua figlia.»

«No» protesta la Paulsson, singhiozzando. «E solo che non so niente. Lo conoscevo solo di vista. L’avro visto una volta o due… Una sera uscii e… Insomma, mi avvicinai alla recinzione. Cercavo Sweetie, e vidi che di la c’era un uomo.»

«Nel giardino della casa dietro la tua?» chiede Marino. «Al di la della recinzione?»

«Si. Era di la della recinzione. Aveva infilato la mano nello spazio fra un’asse e l’altra e accarezzava la cagnetta. Lo salutai. “Buonasera” gli dissi. Oddio…» Non riesce quasi a respirare. «Merda, merda. Accarezzava Sweetie. E stato lui?»

«Che cosa ti disse?» domanda Marino con dolcezza. «Ti parlo?»

«Disse…» Le si incrina la voce. «Disse che Sweetie era molto bella.»

«Come faceva a sapere che la cagnetta si chiamava Sweetie?»

«Disse: “Sweetie e proprio una bella cagnetta”.»

«Come faceva a sapere come si chiamava?» insiste Marino.

La Paulsson trae un respiro profondo. Piange meno forte, adesso, e guarda per terra.

«Avra preso lui la cagnetta, immagino. Visto che la trovava tanto bella» dice Marino. «Non l’hai piu ritrovata, vero?»

«Mi ha portato via anche Sweetie.» Giunge le mani. Le stringe con tanta forza che le nocche diventano bianche. «Mi ha portato via tutto.»

«Che cosa pensasti, la sera in cui lo vedesti accarezzare Sweetie attraverso la recinzione? Non ti stupi vedere un uomo in quel giardino?»

«Parlava sottovoce, a voce bassissima. Non era ne gentile ne antipatico. Non so.»

«Non gli dicesti nient’altro?»

Suz Paulsson tiene gli occhi bassi e le dita intrecciate. «Forse mi presentai, gli chiesi se abitava li e lui disse che era di passaggio. Tutto qui. Presi Sweetie in braccio e andai verso casa. Rientrando, vidi Gilly in camera sua, che guardava dalla finestra. Mi vide con Sweetie e mi corse incontro per prenderla in braccio. Adorava quella cagnetta!» Le tremano le labbra. «Sarebbe disperata, se sapesse che non c’e piu.»

«Quando Gilly guardava dalla finestra, le tende erano aperte o chiuse?» domanda Marino.

La signora Paulsson continua a guardare per terra senza batter ciglio. Stringe i pugni, piantandosi le unghie nella carne.

Marino lancia un’occhiata a Kay Scarpetta, che dice: «Stia calma, signora. Cerchi di tranquillizzarsi. Quando vide quell’uomo accarezzare Sweetie? Quanto tempo prima che Gilly morisse?».

La Paulsson si asciuga gli occhi. Poi li chiude.

«Giorni? Settimane? Mesi?»

La donna la guarda negli occhi. «Non so perche e tornata qui, dottoressa. Le avevo detto di non farsi rivedere mai piu.»

«Stiamo parlando di Gilly» le ricorda Kay. «Vogliamo informazioni sul conto dell’uomo che lei vide nella casa dietro la sua, che le disse che Sweetie era una bella cagnetta.»

«Non e giusto che lei torni qui, se io le chiedo di non farlo.»

«Mi dispiace» replica Kay Scarpetta, in piedi davanti al camino. «Non ci credera, ma sto cercando di aiutarla. Preme a tutti noi capire che cosa e successo a sua figlia. E a Sweetie.»

«No» ribatte la Paulsson lanciandole un’occhiata strana. «Voglio che se ne vada.» Non parla di Marino. Sembra essersi dimenticata del tutto di lui, benche sia seduto vicinissimo a lei. «Se non se ne va immediatamente, chiamo la polizia. Giuro.»

Kay Scarpetta pensa che forse vuole restare sola con Marino, ritirarsi nel mondo dei giochi e della fantasia, perche la realta e troppo scomoda e difficile da affrontare. «Ricorda che la polizia prese alcuni oggetti dalla camera di sua figlia?» domanda. «Le lenzuola, per esempio. Sono state esaminate e analizzate con cura.»

«Se ne vada!» ripete la Paulsson, immobile sul divano, guardandola con aria gelida.

«Per cercare indizi, prove. Sono stati esaminati la biancheria, il pigiama, alcuni oggetti prelevati nella sua stanza, il corpo stesso di Gilly, ma non e stato trovato neppure un pelo di cane» spiega Kay Scarpetta restituendole lo sguardo. «Nemmeno uno.»

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