non possano vendere la casa. Li ho fregati, tutti quanti. Puo viverci lei, se desidera. Solo, non glielo faccia sapere. E prenda pure anche la mia macchina. Non la guido da un sacco di tempo, purtroppo, avra la batteria scarica. Sta per arrivare la mia ora, lo so. Mi dica che cosa desidera, Edgar Allan. Vorrei tanto avere un figlio come lei.”

“Le sue riviste, signora Arnette. Quelle su Hollywood.”

“Oh Signore! Quella robaccia di la in salotto? Le ho raccontato di quando sono stata al Beverly Hills Hotel e ho incontrato un sacco di personaggi famosi?”

“Me lo racconti di nuovo, signora Arnette. Mi piace tutto quello che riguarda Hollywood.”

“Dopo tanto insistere, quello sciagurato di mio marito mi porto a Beverly Hills, questo glielo devo riconoscere. Ci divertimmo moltissimo. Io adoro il cinema. Lei va al cinema, Edgar Allan? Non c’e niente di meglio di un buon film.”

“Si, signora Arnette, piace molto anche a me. Un giorno andro a Hollywood anch’io.”

“Bravo, Edgar Allan. Se non fossi cosi vecchia e malata, ce la accompagnerei io. Oh, ci divertiremmo un mondo!”

“Non si butti giu, signora Arnette. Vuole che le presenti mia madre? Vuole che la porti qui, un giorno di questi?”

“Si, bravo. Le offro un gin tonic e i salatini con la salsiccia che so fare cosi bene.”

“La porto nell’urna, signora Arnette.”

“Come sarebbe, Edgar Allan?”

“La mia mamma e morta, ma conservo le sue ceneri in un’urna.”

“Le sue ceneri?”

“Si, signora Arnette. Non mi separerei da esse per tutto l’oro del mondo.”

“Che bravo figlio! I miei parenti non le vorranno nemmeno, le mie ceneri. Sa cosa vorrei, Edgar Allan?”

“Mi dica, signora Arnette.”

“Che le gettasse di la da quella maledetta staccionata, nel giardino del dottor Paulsson.” E scoppiata in una delle sue risate aspre. “Vorrei che il dottore mi mettesse nella sua pipa e mi fumasse! Vorrei concimargli il giardino.”

“Signora Arnette, non potrei mai fare una cosa simile con le sue ceneri.”

“Si, invece. Voglio che lo faccia, Edgar Allan. La ricompensero adeguatamente. Vada in salotto a prendermi la borsa.”

Gli ha fatto un assegno di cinquecento dollari, perche lui esaudisse i suoi desideri. Dopo averlo incassato, Edgar Allan Pogue le ha portato una rosa e si e pulito le mani nel fazzoletto. L’ha trattata bene, con dolcezza.

“Perche si pulisce sempre le mani nel fazzoletto, Edgar Allan?” gli ha chiesto la signora Arnette, distesa nel suo letto. “Tolga il cellophane alla rosa e la metta in un vaso, sia gentile. Perche la infila in quel cassetto?” gli ha domandato.

“Cosi la puo conservare in eterno” le ha risposto lui. “Adesso, per favore, si volti un attimo a faccia in giu.”

“Perche?”

“Perche glielo chiedo io, signora Arnette.”

L’ha aiutata a mettersi prona. Era leggera come una piuma. Poi si e seduto sulla sua schiena e le ha premuto il fazzoletto bianco sulla bocca perche non gridasse.

“Lei parla troppo, signora Arnette. Questo non e il momento di parlare” le ha detto.

“Non avrebbe dovuto parlare tanto” le ha ripetuto, tenendole le braccia sopra la testa. Gli pare di sentire ancora come cercava di scuotere la testa e di dibattersi sotto il suo peso. Poi, ha smesso di agitarsi e lui le ha lasciato andare le mani, le ha tolto delicatamente il fazzoletto dalla bocca ed e rimasto seduto su di lei, per essere certo che non si rimettesse a muoversi o a respirare. Intanto, le parlava, come ha fatto poi con la ragazzina, la figlia del dottore, la bella figlia del dottore sporcaccione che faceva quelle cose disgustose in casa propria. Che porcherie! Pogue non avrebbe dovuto vedere.

Sobbalza nel sentire che qualcuno gli bussa sul finestrino. Sbarra gli occhi e tossisce, ansioso. Un nero gli sta battendo sul finestrino con un anello, mostrandogli una scatola di M M’s.

«Cinque dollari per la mia Chiesa, signore» gli domanda attraverso il vetro.

Pogue mette in moto ed esce in retromarcia dal parcheggio.

52

Il dottor Stanley Philpott ha lo studio in una casa bianca di Main Street, nel quartiere del Fan. E stato molto gentile, quando Kay Scarpetta lo ha chiamato per telefono ieri pomeriggio per chiedergli informazioni su Edgar Allan Pogue.

“Sono legato al segreto professionale, lei lo sa meglio di me” le ha risposto li per li.

“Posso farmi emettere un mandato” ha replicato lei. “Preferisce che facciamo cosi?”

“Ma no, e lo stesso.”

“Ho bisogno di parlare con lei. Posso venire domattina presto nel suo studio?” gli ha chiesto. “Altrimenti, verra la polizia.”

Il dottor Philpott non ha voglia di parlare con la polizia. Non vuole volanti parcheggiate davanti a casa sua a mettere paura ai suoi pazienti in sala d’aspetto. E un uomo dall’aria tranquilla, bianco di capelli, molto aggraziato nei movimenti. Quando la segretaria accompagna da lui Kay Scarpetta, la accoglie con gentilezza.

La fa accomodare in cucina e, versandole una tazza di caffe, le dice: «L’ho sentita parlare diverse volte. Una volta alla Richmond Academy of Medicine, un’altra al Commonwealth Club… Ma lei non puo ricordarsi di me. Zucchero? Latte?».

«Niente, grazie» risponde. E seduta al tavolo, davanti a una finestra che da su una strada lastricata. «Al Commonwealth Club ho parlato un sacco di tempo fa.»

Philpott posa le tazze sul tavolo e si siede con le spalle alla finestra. La luce che filtra attraverso il cielo coperto fa sembrare ancora piu bianchi i suoi folti capelli e il camice perfettamente stirato. Ha ancora il fonendoscopio intorno al collo. Prende la tazza con la mano fermissima. «Ricordo che racconto alcuni aneddoti molto interessanti» dice meditabondo. «Con grande garbo. Pensai che era una donna coraggiosa. A quei tempi non eravate in molte a venire invitate al Commonwealth Club, tuttora frequentato prevalentemente da uomini. Sa, dopo aver ascoltato lei rimpiansi di non aver scelto la sua specializzazione. Trasmetteva un grande amore per il suo lavoro.»

«Puo ancora farlo» replica Kay Scarpetta con un sorriso. «C’e carenza di medici legali, a quanto so. Ed e un problema, visto che per firmare i certificati di morte e valutare se procedere o meno all’autopsia nei casi di morti sospette ci vuole un medico legale. Quando dirigevo l’istituto, in tutta la Virginia ce n’erano circa cinquecento. Perlopiu si trattava di medici che avevano il loro studio e collaboravano con l’istituto occasionalmente, quando si presentava un caso nella loro zona. Non sarei mai riuscita a gestire tutto il lavoro, senza il loro aiuto.»

«Immagino glielo offrissero gratuitamente» dice Philpott, tenendo la tazza con tutte e due le mani. «Oggigiorno nessuno fa piu niente per niente. I giovani, poi, non ne parliamo. L’egoismo regna sovrano, ormai.»

«Cerco di non pensarci, per non deprimermi.»

«Fa bene. Mi dica, in che cosa posso aiutarla?» C’e un velo di tristezza negli occhi celesti del dottore. «So che non e qui per darmi buone notizie. Di che cosa e sospettato Edgar Allan Pogue?»

«Omicidio, tentato omicidio, fabbricazione di ordigni esplosivi e aggressione» risponde Kay Scarpetta. «Ricorda la ragazzina di quattordici anni morta alcune settimane fa non distante da qui? Sono certa che ne ha sentito parlare al telegiornale.» Non vuole essere piu specifica.

«Mio Dio!» esclama Philpott, scuotendo la testa e abbassando gli occhi sul caffe.

«Da quanto e suo paziente, dottor Philpott?»

«Da sempre» risponde lui. «Da quando era ragazzo… Avevo gia in cura sua madre.»

«E ancora viva?»

«No, e mancata una decina di anni fa. Una donna piuttosto autoritaria, dal carattere difficile. Edgar Allan e figlio unico.»

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