— E una possibilita. No, non ho controllato.
— Be’, ti faro sapere se scopriamo qualcosa. Come dici tu, e un problema interessante.
— Grazie. Ve ne saro grato.
Quindi avrebbe dovuto cavarsela da solo. Tuttavia rimase seduto a guardare lo schermo vuoto, lui che era un uomo addestrato all’azione, alla prontezza di riflessi, alla rapidita di decisione; resto immobile come un’ombra in un antico rifugio sotto terra, mentre i secondi e i minuti del cronometro scivolavano silenziosamente nel passato. La sua mente abbozzo i contorni di un viso, che sembro balenare per un attimo sullo schermo; ne ricordo la sensazione, come se ricordasse una mano mancante.
Si scosse, mormorando qualcosa. La voce risuono quasi soprannaturale nella bolla sotto terra. Allora si mosse, rapido, agitato, desiderando schemi d’azione familiari, l’inizio e la fine di piccoli incidenti, voci umane.
Quando entro nel Constellation Club, le pareti si accesero di un rosa carico. Mezzanotte, secondo il frivolo orologio di Sidney Halleck. Rimase un attimo nell’ombra vicino a una guardia giurata del locale, di quelle che venivano chiamate i buttafuori di Sidney. Diciotto dei venti palchi erano racchiusi da seriche cortine di luce. I clienti vagavano dentro e fuori le zone luminose, risplendendo per un attimo come libellule in una cascata di colore. Diciotto complessi suonavano contemporaneamente sotto il tetto di Sidney, ma la musica stessa era catturata e trasformata dentro le cortine di luce. L’unica musica che superava il frastuono delle decine di bar era quella del complesso personale di Sidney, gli Historical Curiosity, che in un angolo suonava decorosamente musica da camera.
Il locale sembrava tranquillo. Aaron, che era in piedi da quattro ore, aveva bisogno di un intervallo. Si fece prestare da un buttafuori un lucente ricevitore a cintura e premette a caso una spia colorata. Un’orchestrina robot chiamata IQ eseguiva motivi popolari in voga, dietro una cortina azzurra. Aaron premette altri pulsanti, ricevette alfa-music dal palco verde, musica elettronica da quello giallo, e, da quello arancione, qualcosa che sembrava una battaglia fra bidoni di riciclaggio Finalmente localizzo i Nova, sul palco viola.
Quasar cantava a squarciagola una canzone che parlava di fare l’amore su un asteroide che passava troppo vicino al Sole. I versi fecero rabbrividire Aaron. Ma la musica si increspava dall’arpa a canne del Professore come un alito di vento solare, e il Mago creava uno sfrenato e intricato contrappunto servendosi dei neurocavi collegati alla sua testa. La batteria di cubi del Giocatore faceva pulsare l’aria come un campo di battaglia; Aaron si chiese, non per la prima volta, dove un tale scheletro ambulante nascondesse una forza del genere. Restitui il ricevitore a cintura e attraverso il locale. Fu fermato parecchie volte da gente che voleva salutarlo; quando fu a meta strada, la lontana luce viola svani.
Scorse il Mago seduto a un tavolino d’angolo, intento ad asciugarsi il sudore e a togliersi il trucco, mentre Sidney distribuiva le carte. Sidney, con il viso sereno e paffuto stravolto per la concentrazione, lo vide arrivare e si illumino.
— Aaron! Come stai?
Il Mago alzo dalla salvietta il viso pieno di sbavature e sorrise. — Prenditi una sedia — disse, e Aaron ridacchio.
— Grazie, ma non vorrei perdere il lavoro.
— Non e gioco d’azzardo vero e proprio.
— Perche no? — chiese Sidney, con aria offesa. Una bassa e pulsante cascata di note scaturi da un palco non illuminato, dalla parte opposta del locale; il suono era debole, ma il Mago si giro incuriosito in quella direzione.
— Che cos’era?
— Una chitarra pre-GLM; un basso elettrico. Un tale del Settore Tamigi l’ha trovata e mi ha scritto. L’ho comprata senza nemmeno darle un’occhiata. E in condizioni eccellenti.
— Chi e che la suona?
— Il Talpino, degli Starcatchers. Gli piaceva il suo suono. — Vedendo l’espressione perplessa del Mago, aggiunse allegramente: — Io non sono capace di suonarla bene, e hai gia visto che casa mia e piena di strumenti musicali. Ho tutto, dal pianoforte a coda di sei metri al didjeridoo…
— Didje… come?
— Cosa vuoi che faccia? Che la metta in un museo? Il Talpino ci si e attaccato come se fosse venuto al mondo suonandola. Come se fosse il fantasma della musica che aspettava di ascoltare. La musica e fatta per essere suonata.
— Fino a un certo punto.
— No. Se non imponi limiti, non troverai limiti. — Si rivolse ad Aaron, che se ne stava appoggiato alla parete dietro di lui chiedendosi quando Sidney avrebbe raccolto le carte. — Non e vero, Aaron?
— Tranne che per le leggi del GLM sui superalcolici e per il tuo credito personale.
— A meno di essere il padrone del bar — disse Sidney compiaciuto. — Lancio un gettone da due crediti sul tavolo e chiese al Mago rimasto in paziente attesa: — Giochi?
Il Mago spinse avanti il proprio gettone. — Di solito — commento — si guardano le carte, prima di puntare.
— Rischio — spiego Sidney. Esegui lo scarto, a caso secondo Aaron, e bevve birra. Il Mago chiese solo una carta. Il suo viso era piu magro, piu distaccato che mai; Aaron poteva quasi udire il cervello muovere le rotelle con precisione spietata per vincere il denaro di Sidney. Sidney si passo le dita sul naso e bevve ancora birra, sorvegliando amorevolmente la sua brillante e funzionale creazione. Il Mago alzo lo sguardo, prima sul viso assente di Sidney, poi su quello di Aaron, che ricambio l’occhiata senza cambiare espressione.
Il Mago chino la testa, perdendo completamente l’intensa espressione da rettile. Poso le carte sul tavolo, trattenendo a fatica una risata. — Come giocatore di poker fai paura, Sidney.
— Cosa c’e che non va? — chiese Sidney. — Cos’ho combinato? Mi hai letto nel pensiero.
Il Mago sembro sorpreso. — Ti tradisci senza accorgertene. Ogni volta che hai carte pessime ti passi le dita sul naso e bevi birra. Quando hai carte buone, resti immobile, e ti concentri in modo quasi palpabile. Mi da tanto fastidio che diventa difficile prendere i tuoi soldi.
Sidney rimase zitto. Scopri le sue carte con un sospiro. Il Mago le guardo e rise.
— Cosi — disse Sidney bonariamente — non sei spietato quanto vuoi far credere.
— Pare proprio di si. — Raccolse le carte. Poi giro la testa verso il palco alle sue spalle, e Aaron disse: — Non sono ancora arrivati.
— Un’altra mano?
— Cerchero di concentrarmi in modo meno evidente. — Sidney si appoggio allo schienale per dire qualcosa ad Aaron; il suo ricevitore da polso emise un segnale acustico prima che cominciasse. Poggio la testa sul pugno e rimase in ascolto. Aaron passo in rassegna la folla, scopri che c’era un problema a un ingresso poco distante.
Un uomo che indossava gli abiti sbrindellati dell’immensa e lugubre zona desolata del Settore Discarica era capitato nel club. Sembrava stupito di trovarsi li. La luce argentea che aveva negli occhi rivelava che aveva bisogno di droga. Aaron mando un segnale alla pattuglia stradale; qualche istante dopo delle uniformi grigie comparvero ai margini della chiazza luminosa oltre la porta, mentre i buttafuori di Sidney convincevano il vagabondo a tornarsene in strada. Sidney si allungo sulla sedia.
— Grazie, Aaron.
— Strano che sia arrivato da queste parti. Quelli come lui pensano che il mondo fuori della Discarica sia pericoloso.
Il Mago, che stava per dare le carte, alzo lo sguardo con aria incredula. — Tu hai parlato con loro?
— Sono stato in quella zona due o tre volte. E un luogo bizzarro. Hanno le loro piste, i loro territori, i loro rifugi per nascondersi da gente come me, gente dell’esterno. Si possono seguire i loro sentieri attorno a montagne e vallate di porcherie, e rifiuti di un altro secolo… Ho visto relitti d’aeroplani, persino vecchie spaziomobili arenate su un fianco. Raramente si vede qualcuno; si scorge un movimento, un’ombra, forse un ragazzino che non ha ancora imparato a nascondersi in fretta. C’e sempre silenzio, un silenzio di morte, e ci si sente osservati…
— Come sei riuscito a parlare con loro?
— Non tutti hanno paura. Alcuni sono solo dei vecchi eccentrici che vivono nella discarica perche e piu tranquilla della citta. Non gliene frega niente se non hanno notizie del resto del mondo.
— Come hai fatto — chiese semplicemente Sidney — a trovare il coraggio di andarci?
— Cercavo qualcuno.