colazione con la visita di un imprecisato complesso da night club, il rifiuto di trasferimento, Terra Viridian disseppellita come un personaggio di un vecchio film e che si aggirava per Averno come una furia carica di infausti presagi e infine il guasto meccanico di una spaziomobile di pattuglia nei pressi della Luna durante un inseguimento. Adesso sulla Luna c’era un cratere nuovo. C’erano stati scambi di messaggi durati ore intere, con Artemide e con l’UIGLM: i corpi erano stati ritrovati? Si. No. Non era rimasto niente da trovare. Com’era successo? Di chi era la colpa? Chi erano i morti? Chi erano i parenti piu prossimi? Dove… E intanto la spaziolancia in fuga aveva esaurito il carburante e andava alla deriva da qualche parte oltre la faccia scura della Luna, e mandava irregolari e confuse richieste d’aiuto.

Una giornata cosi doveva toccare a Nils, penso Jase. Lui avrebbe saputo apprezzarla.

Terra era arrivata in infermeria. Jase distolse lo sguardo dallo schermo, limitandosi ad augurarsi che non succedesse niente. Si strofino gli occhi con aria stanca e fu ricompensato, quando lascio ricadere le mani, dalla vista di Jeri Halpren che entrava in ufficio.

Attiro la sua attenzione e attraverso la sala. Jeri sogghignava. “Dovremmo collegare quei denti a un generatore”, penso stancamente Jase. Si sedette e lascio che Jeri parlasse per qualche istante, finche non fu colpito da un particolare aspetto del suo discorso.

— Continui a dirmi Sidney Halleck ha detto questo e Sidney Halleck ha suggerito che… Non mi spiacerebbe affatto sentire dal signor Halleck in persona quello che ha da dire.

Il sorriso di Jeri si attenuo. — Be’, potrete chiamarlo quando sara arrivato a casa, fra quattro giorni.

— Cosa?

— Ha dovuto andarsene stasera. Domani deve presenziare a una conferenza nel Settore Foresta Tropicale. Ho tentato di dirvelo, prima che partisse — aggiunse nervosamente Jeri — ma non sono riuscito a mettermi in contatto con voi, e mi becco regolarmente un cicchetto se mi presento qui senza avvisare. — Jase sospiro. — Mi ha detto che gli spiaceva non potervi incontrare.

— Spiace anche a me.

— Un suo complesso verra qui a suonare.

Jase lo guardo con occhio torvo. — Continui a ripetermi anche questo.

— Con il vostro permesso, naturalmente.

— Non me ne frega niente. E un programma tuo. Non voglio nemmeno sapere che sono stati qui finche non se ne saranno andati. Musica. Complessi da night club. E un…

— E un precedente storico — disse Jeri con cautela, ma con fermezza. — L’ha detto Sidney Halleck.

Jase si appoggio allo schienale. — Grazie — disse acidamente. Delle spie luminose gli ammiccarono contro, come in risposta al suo momento di distensione; si chino nuovamente sulla scrivania, chiedendosi a chi toccava ora… la Luna, la spaziolancia dispersa, il GLM, il dottor Fiori e Terra, l’ignoto… chiunque fosse, si sarebbe rivolto a lui per una situazione di crisi o di caos, con l’urgente necessita di privarlo anche questa volta della birra.

— Terra. Mi senti, Terra?

Era seduta dentro una bolla. Calda, cedevole, sospesa nelle ombre sopra il pavimento. Alzo la mano, la tocco con stupore. La parete traslucida si tese sotto il suo tocco, poi ritorno come prima.

— Terra.

Una giovane donna in tuta rossa parlava piano in un computer. Terra fisso la macchia rossa, ondeggiando come attirata da una fiamma.

— Progetto: Cavia. Dottor A. Fiori. Assistenti: Reina Barton, Nathaniel Ng, Pietro Ames. Soggetto: Terra Viridian. Femmina. Anni 28. Detenuta, Anello Scuro di Averno. Segue fedina penale. Autorizzazione all’impiego di detenuti di Averno per programma sperimentale di bio-computer concessa dal dottor Grace Czerny, UIGLM, dipartimento di Psicobiologia. Famiglia: una sorella, residenza sconosciuta.

L’assistente guardo il dottore, in piedi vicino alla bolla. Questi annui con un sorriso.

— Vai avanti, Reina. Cominciamo pure.

Uno schermo sopra la consolle si illumino. Dei colori lo attraversarono, si fusero per formare nuovi colori che rotearono insieme in sfumature diverse. Terra, che per sette anni non aveva visto colori se non nella propria mente, li osservo con le labbra socchiuse. Improvvisamente si porto la mano alla testa e senti che aveva un casco. Ma con i fucsia, gli azzurri e gli ori che si fondevano davanti ai suoi occhi, il sottile cavetto che le sporgeva dalla testa le sembrava privo d’importanza.

— Terra. Cosa vedi?

— Colori. Stelle che esplodono.

— Terra. — La voce del dottore era lenta, adesso, molto calma. — Voglio che tu faccia una cosa molto semplice. Tutto quello che ti chiedero di fare nei prossimi giorni sara molto semplice.

— Nulla e semplice.

— L’inizio e molto semplice. Vuoi provarci?

Lei allontano lo sguardo dallo schermo, e lo guardo negli occhi. — Annullato — disse chiaramente. Un fulmine nero guizzo in un cielo rosso, colpi una chiazza di sabbia viola che si fuse e corse a unirsi alla marea crescente. I colori sullo schermo si dissolsero in scariche di elettricita statica. Qualcuno emise un fischio.

— Come ha fatto? Dottor Fiori, ha evocato quel…

— Sst. Terra. Concentrati sui colori. Ricordali. Lasciali tornare.

Lei penso ai colori, ed essi tornarono sullo schermo: colori tanto meravigliosi da berli, annusarli, indossarli.

— Bene, bene… Continua a concentrarti… — La voce svani; i colori danzarono insieme, si separarono, rotearono in un ricordo per lei improvviso e sorprendente come le altre sue visioni. Le serre della minuscola luna informe su cui era nata… l’aria umida e calda, il profumo di una terra aliena, tutti i colori che sgorgavano da quella terra con la stessa spontaneita dei desideri, con la stessa facilita con cui polvere e ghiaccio e magma sgorgavano da tutti i mondi che aveva conosciuto…

— Terra. Dimmi cosa vedi.

— Una rosa — mormoro lei.

5

— Da dove viene quella luce? — chiese il Mago, sorpreso.

I Nova si guardarono l’un l’altro, poi lo fissarono. Nel centro del Constellation Club, con i suoi palchi inondati di luce e le pareti che risplendevano a quell’ora di una morbida foschia ametista, la domanda sembrava assurda. Nebraska si tiro gli smorti baffi ricurvi e si guardo attorno compiacente. Il Professore, con il viso nero attraversato da un fulmine argenteo, strinse gli occhi incredulo.

— Ti dispiacerebbe delucidare?

— Io non vedo nulla — disse il Giocatore in tono vago. Appoggiato al palco, dava l’impressione che il suo lungo corpo emaciato sarebbe crollato in un mucchietto informe se il palco fosse scomparso all’improvviso. — Tranne, lo sai, le solite luci.

— Delucidaci — disse Quasar, assaporando ogni sillaba come se fosse commestibile. Lancio al Mago un sorriso di sbieco, mettendo in mostra i denti scarlatti. — Moi, ti aiutero a spiegarti meglio, Magico Capo. Dimmi solo dov’e.

— Non viene dal nostro palco — disse Nebraska. — A cosa assomiglia?

— Che cosa?

— La luce — disse Nebraska, stupito. — Hai appena detto…

— Ah! — Mosse appena il capo, ammiccando. — Ho scorto qualcosa con la coda dell’occhio. Ma forse era solo un’impressione. Adesso non la vedo piu.

— Nemmeno io — disse il Giocatore, cercando di essere d’aiuto.

— Parlami di questo “delucidare”. E una cosa legale, o sotterranea?

— Underground — mormoro il Professore. — Se e questa la parola che cerchi.

Quasar mosse le unghie che si intonavano al colore della corta chioma arcobaleno. — La meme chose… e lo stesso. Underground, sotterraneo…

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