— Si — rispose Aaron, e si accorse che il suo viso si irrigidiva. — Grazie. Sono solo stanco.

Guardo il Mago che attraversava il locale, lo perdette fra la folla, poi lo ritrovo quando prese posto sul palco. Ci fu una cascata di viola; i Nova sparirono nella luce, e Aaron trattenne il fiato di fronte all’improvvisa, possente e assurda visione della luce, una mano aliena che li aveva afferrati come per nasconderli in eterno entro mondi segreti e misteriosi, che si sovrapponevano alla Terra.

Si era conficcato le dita nel muscolo del braccio. Lascio ricadere le mani, meravigliandosi di se stesso. Troppi messaggi inutili nel rifugio antiatomico? Troppo poco sonno, troppi sogni in un letto solitario? Scopri che Sidney lo guardava, tutto serio. Fece un sorriso obliquo e raccolse una rosa nera.

— Forse una di queste potrebbe servirmi.

— Parla con Quasar — suggeri Sidney.

— No. Preferisco l’anonimato, di questi tempi. — Guardo corrucciato la sala con occhi socchiusi e critici, poi alzo le spalle, sentendo che la noia gli premeva sulle ossa come la forza di gravita. Soffoco uno sbadiglio, desiderando di essere nel rifugio silenzioso a fare altri elenchi, a cercare nuove tracce. — Sono stanco stasera. Lavoro troppo.

— Aaron, se c’e qualcosa che ti preoccupa…

— Sto benissimo, solo… — Si interruppe, stupito del tono di voce che aveva usato per rispondergli. Si scosto dal bar, e dall’amichevole curiosita di Sidney. — Qualche volta sembra peggio. Sono solo stanco, ma grazie. Buonanotte.

Si immerse nel mucchio di facce, profumi, stoffe metalliche, belletti, voci; mormoro qualche saluto, raddrizzo un ubriaco, scanso innamorati e robocamerieri. Raggiunse infine la porta ed era a meta strada nella notte quando si accorse che in mano stringeva qualcosa. Si senti pungere il pollice. Avverti il dolore, e insieme colse un leggero, elusivo profumo. Si fermo, battendo le palpebre.

Qualcuno gli aveva dato una rosa vera.

6

— D’accordo — disse il dottor Fiori, sfregandosi con le dita gli occhi iniettati di sangue. — D’accordo, d’accordo, d’accordo. Forse non ne avremo mai la certezza. Forse non sapremo mai se quello che vediamo e esattamente cio che lei pensa. Ma dovete ammettere che e difficile dire “manzo arrosto” e pensare contemporaneamente a un elefante.

— E allora perche ci da in risposta un sole rosso? — chiese Reina.

— Io ho detto “rosso”.

— Perche non un fuoco?

— Perche e pazza.

— E allora come mai… — Reina si interruppe, confusa, restando a bocca aperta. Terra, rannicchiata contro la curvatura della bolla, ascoltava senza interesse le loro parole. Il dottor Fiori sospiro: — Scusami. E una spiegazione stupida. E logico che le sue risposte appaiano un pochino distorte sullo schermo, chissa fino a che punto. Ma io ho detto rosso, e lei ha pensato rosso. La Macchina dei Sogni ha raccolto le sue reazioni cerebrali alla parola “rosso” e le ha registrate. La macchina funziona.

Tutt’e due guardarono la detenuta: sia la giovane donna alla consolle, con la lucida uniforme argentea e le labbra truccate ancora aperte, sia il dottore dall’aspetto arruffato, con i capelli dritti a furia di passarci dentro le dita.

— In lei non riesco a trovare niente di sbagliato — aggiunse il dottor Fiori. — Ne lesioni, ne squilibri chimici, ne escrescenze anomale, ne caratteristiche insolite nella comunicazione fra i lobi cerebrali. Dovrebbe essere in perfetta salute. L’unica aberrazione che i test hanno individuato e quella che potremmo definire un “disturbo cerebrale”. Un’eccitazione degli impulsi elettrici senza scopi o risultati apparenti. Non ho mai visto niente del genere… Ma questi disturbi si manifestano a intervalli; fra l’uno e l’altro non c’e motivo per non considerarla cosciente e lucida. E invece lei sembra assuefatta a questi “disturbi cerebrali” e alle immagini che apparentemente si portano dietro. Perche? Forse, vedendo anche noi quelle immagini, potremo conoscerla meglio. — Sorrise a Terra con aria rassicurante, quasi con affetto. E sorprendentemente lei parlo, in tono di ostinata e annoiata sopportazione.

— Nella visione non c’e.

Reina lancio un’occhiata a uno schermo piu piccolo, che mostrava in continuazione mutevoli spaccati a colori vivaci del cervello di Terra. — E presente. Nessuna interferenza.

— Terra — disse il dottor Fiori gentilmente. — Terra Viridian.

— Si?

— Come ti senti?

— Non sono pazza.

Fiori rimase un attimo in silenzio. — Le tue percezioni della realta sono distorte. Stiamo cercando di analizzare questo fatto, di aiutarti a vedere piu chiaramente. Sai dove ti trovi?

— Non sono qui.

— Sei in un padiglione dell’infermeria di Averno, ormai da cinque giorni. Finora ti ho mostrato delle figure. Adesso e il tuo turno. Ti rivolgero parecchie domande; voglio che tu mi mostri i tuoi pensieri, i tuoi sogni. Se lo fai, aiuterai te stessa, e forse aiuterai anche altri malati come te. Capisci?

Lei lo fisso con occhi enormi, smarriti. — Vedo — sussurro.

— Capisci?

— Siete voi a dover capire. La visione e tutto. La visione. La visione e conoscenza. La visione e vita.

— Quale visione?

— Bruchi.

— Cosa?

— Genesi.

— Le tue parole non hanno senso, per me.

— Forma. Prendere forma. Qualcosa ha bisogno di prendere forma.

— Che cosa ha bisogno di prendere forma?

— Una cosa… nella mente.

— Nella tua mente?

— Si.

— Che cosa?

— Non lo so. C’e solo la visione. L’Anello Scuro non e niente, non esiste. La visione e tutto.

— Allora sai dove ti trovi.

— No. So solo la visione.

La testa della donna crollo stancamente contro la parete della bolla. Un’immagine comparve nell’occhio della Macchina dei Sogni: un bizzarro ovale distorto sopra una sabbia granulosa viola chiaro.

Il dottor Fiori si tiro i capelli con aria assente, rimasticando il linguaggio che lei creava. — Sabbia. Sabbia del Settore Deserto? Lo stai registrando? Audio e video.

— Si, dottore.

— Diventa sempre piu complicato.

— Si, signore. Che cos’e l’ovale?

— La testa di qualcuno? Un ricordo della strage, forse, distorto in un simbolo innocuo. — Guardo lo schermo mutevole. — Adesso cosa c’e?

— Sembra un muro.

— O una scogliera? Si innalza dalla sabbia.

— Ma e completamente nero.

— Un muro, allora, immagino.

— E troppo irregolare — obietto l’assistente, guardando affascinata lo schermo, come il dottore e Terra.

— E un muro della stazione militare, distorto nel ricordo. Qualcosa ha bisogno di prendere forma… E la sua

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