— Il primo ha connotazioni politiche, l’altro deriva da un’antica lingua pre-GLM chiamata latino. La radice e analoga. Una preposizione che significa “sotto” e un sostantivo che significa “terra”.

— Possiamo tornare alle cose serie? — supplico il Mago. — Prima che l’intervallo sia…

— Comunque, il contrario di legale non e sotterraneo, ma…

— Averno — suggeri il Giocatore. Il Mago piego le braccia e alzo la voce.

— Che sarebbe il motivo per cui ho convocato la riunione, ammesso che qualcuno se ne ricordi ancora.

— Be’, allora? — chiese affabilmente il Professore. — Siamo tutti qui, e ti ascoltiamo. Sidney ha offerto un aumento di stipendio?

— Sidney ci offre una tournee spaziale, con partenza da Averno.

Si zittirono tutti e lo fissarono; e i loro visi vividamente truccati sembrarono sospesi tutt’attorno, immobili come maschere appese in aria.

Poi Nebraska sorrise, e il Giocatore compi una mossa brusca per non scivolare a terra.

— Averno — disse il Professore riprendendo fiato. — Magico Capo…

— Suoneremo li una sera, poi andremo sulla Luna, a Rimrock e a Moonshadow, poi a Helios…

— Il sole? — chiese sorprendentemente il Giocatore.

— La citta spaziale.

— Un caldo terribile — disse Nebraska. Quasar, senza manifestare emozioni, si accese una sigaretta e soffio uno sbuffo di fumo sopra la testa del Mago.

— Prigione — disse la ragazza con tono incerto. Aggiunse un’altra parola, breve e intraducibile. — Magico Capo…

— Un unico concerto — ripete lui, in fretta, notando che la mano le tremava mentre si portava la sigaretta alle labbra. — Ci resteremo solo una notte.

— Ma cosa se ne fanno della musica, su Averno? — chiese perplesso il Professore. — Della nostra, soprattutto.

— Stanno avviando un nuovo programma di riabilitazione. — Sorrise freddamente. — Cercano di portare un po’ di rumore su Averno. Ci ha raccomandati Sidney. L’agenzia della Costadoro sta preparando il resto della tournee. — Annui al fischio del Professore. — Troppo bello per rinunciare. Se ci facciamo un po’ di pubblicita, forse potremo continuare a fare tournee nel Settore.

Il Giocatore era tornato in vita, e si teneva quasi eretto. Aveva un’aria terrorizzata. — Volare?

Il Mago chiuse gli occhi e li riapri. — L’idea generale sarebbe questa.

— Spazio?

— E onnipresente — disse serio il Professore.

— No.

— No cosa?

— No e basta. Magico Capo, non posso. Non ho equilibrio.

— Non ti sto chiedendo di camminare su una fune tesa fino ad Averno. Cosa vuol dire, che non puoi? Tu vieni con noi. Non possiamo fare a meno di portarti.

— Qui. — Il Giocatore si tocco l’orecchio. — Non ho equilibrio, qui. Sto male. Rimetto. Anche in cima a un palazzo. Dappertutto.

Il Mago lo fisso con aria distaccata, come se avesse appena versato una pinta di birra nel piano. — Esistono delle cure — disse con decisione.

— Non posso…

— Non puoi tirarti indietro proprio adesso, ecco cosa non puoi. Hai suonato la mia musica per cinque anni. Forse e l’unica cosa che hai dentro quello che chiami cervello, ma la conosci come le tue tasche, e se pensi che i Nova affrontino una tournee spaziale con un cubista raccolto per strada e solo tre settimane di prove, vuol dire che ragioni con i piedi. Verrai con noi e basta.

— Non posso. — Si sottrasse alla collera del Mago, drappeggiando lungo il palco le pallide braccia nervose. Solo le sue spalle, ampie e diritte per l’uso continuo dei cubi, suggerivano la presenza di muscoli sotto la casacca. — Non volo nemmeno su un elicar. Magico Capo, devo restare a terra. Non mi piace l’aria sotto i piedi. Per niente. Mai. Per me — si porto il palmo alle labbra e poi al pavimento — la Terra. Ci amiamo. Non posso farci niente. Sapevo che ti saresti arrabbiato con me un giorno o l’altro.

— Cosa?

— Ho lasciato il complesso di prima proprio per questo. Dovevamo cominciare ad andare in giro. Volare. Sapevo che sarebbe successo anche ai Nova. — Sospiro. — I complessi migliori mi abbandonano sempre. — Stringendo con le dita il bordo del palco, come se temesse di vederlo volar via, aggiunse: — Mi spiace.

Il Mago lo guardo senza espressione ancora per qualche istante. Poi si giro verso il Professore. — Il tuo equilibrio come sta? — chiese in tono pericolosamente calmo.

— Magnificamente — si affretto a rispondere il Professore. — Per me — bacio l’aria — lo spazio. Sono con te, Magico Capo.

Il Mago guardo Quasar, che continuava a tirare rapide boccate di fumo. — Non possiamo andare senza il Giocatore — disse lei con noncuranza, ma evito di guardarlo negli occhi.

— Andiamo lo stesso.

— Ma…

— Il Giocatore verra con noi o ci trovera un sostituto. Buono quanto lui.

— Buono come me? — disse il Giocatore, dubbioso. Il Mago sposto lo sguardo da Quasar quanto bastava per lanciargli un’occhiata inviperita.

— E lo troverai in fretta. — Torno a girarsi verso Quasar, concentrando su di lei tutta l’attenzione, perche mentre le sue sopracciglia inarcate con grazia suggerivano indifferenza, gli occhi erano cupi, inespressivi, e il movimento della sigaretta troppo brusco. La ragazza non avrebbe tradotto la propria riluttanza in parole, eppure quella sensazione restava sospesa tra loro, tangibile come la nebbiolina di fumo che la circondava.

— Suoneremo per i detenuti — le disse, perche la donna si opponeva all’autorita costituita istintivamente e senza rimorso. — Quelli dell’Anello Chiaro; non per i poliziotti. — E poi se ne accorse: i suoi movimenti aspri e nervosi confinati in uno spazio troppo stretto, i suoi occhi che si sforzavano di penetrare un’oscurita artificiale.

Respiro a fondo in silenzio; allora lei lo guardo, con un pallido sorriso che prendeva malignamente in giro il proprio terrore.

— Se lo vuoi tu, Magico Capo — disse, rilanciandogli l’avvertimento. Lui non fece niente per intercettarlo.

— Lo voglio — disse. Voleva anche prenderle la mano, baciargliela in segno di gratitudine. Non si mosse, ma in qualche modo bizzarro l’aria tutt’attorno trasmise il suo impulso: lei sembro sorpresa, e il suo sorriso divenne di colpo piu fresco.

— Bene! — disse Nebraska, dimentico degli ostacoli. — Quando partiamo?

— Fra tre… fra meno di tre settimane.

— Userai il Pianto volante?

— Certo.

— E ancora in grado di volare? — chiese il Professore.

— Certo che vola — disse il Mago, indignato. — Ha solo un problemino di ricetrasmittente.

— Un problemino grande quanto?

— Lo sistemero io.

— L’ultima volta che hai avuto un problemino, l’impianto di refrigerazione si scasso e passammo due settimane senza birra gelata.

— Birra — mormoro Nebraska. — L’intervallo e quasi terminato.

— Ci riuniremo domani sera, per mettere a punto i particolari e scegliere i pezzi da suonare. Se — aggiunse in tono glaciale — con noi ci sara un cubista.

Nebraska si tormento i baffi. — Potremmo narcotizzarlo per il viaggio — suggeri. Il Giocatore, come se avesse preso la scossa, si allontano di scatto dal palco in direzione del bar piu vicino, con lo sguardo pensieroso del Mago puntato fra le scapole.

Il Professore scosse la testa. — Come faremo a suonare senza di lui? Suona quei cubi come se fosse dentro la nostra testa e ascoltasse in anticipo la nostra musica.

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