Il Mago non rispose. Ancora corrucciato, udi i rumori sconnessi e caotici del club svanire lontano, come un’onda di riflusso. Un debole rullio di cubi lo colpi, o forse era solo il fantasma di una musica d’un altro tempo.
Finalmente si mosse, verso quella musica, gli parve. — Andiamo a bere una birra, finche c’e tempo. Non preoccuparti — aggiunse, rivolto allo stupito Professore. — Avremo un cubista.
Aaron, fuori servizio, sorseggiava scotch in uno dei bar piu tranquilli: un ampio semicerchio di mogano e ottone che gli ricor dava vagamente antiche navi a vela. Mentalmente esaminava degli elenchi: elenchi di operai, di personale di cliniche private, di reclute dell’esercito, elenchi di nomi che potevano essere inventati, o di vite che potevano essere completamente false, tranne che per un’incongruenza, un particolare trascurato nel momento della falsificazione. Fra 5,2 miliardi di persone sparse dalla Terra agli asteroidi, come poteva trovare qualcuno che non voleva farsi scoprire? Forse lei raccoglieva riso nel Settore Drago, dava da mangiare agli uccelli e alle tigri albine in uno zoo, guidava giri turistici della barriera corallina nel Settore Tramonto. Forse studiava per diventare sacerdote. Riflette un attimo su quest’ultima possibilita. Ma anche i sacerdoti avevano conti di credito, carte d’identita, cartelle delle tasse. Lei aveva cambiato nome, ma non poteva falsificare ogni singola registrazione del suo passato, e doveva pur esserci quell’unico momento in cui le due cose, il passato e il futuro, si sovrapponevano nella sua complessa identita. Fisso lo scotch, quasi troppo stanco per pensare di berlo. “Perche dovrei prendermela? Dopo sette anni? Che cosa me ne faccio, se mai la trovo? Le sparo perche la sua sorella pazza ha ucciso mia… Voglio trovarla. Devo avere qualcosa da lei. Ne ho bisogno.”
Calmo i suoi pensieri e subito fu avviluppato dai ricordi. Assaporo il fantasma di un bacio. “Aveva un vestito color kaki, l’ultima volta. Mi ha salutato con un bacio e se n’e andata, colpendomi quasi con il fucile mentre saliva sul trasporto truppe. Tre mesi dopo mi telefono. Era incinta, rideva, la lasciavano tornare a casa prima della scadenza… Disse che avevo un viso da pirata, che non voleva che lo cambiassi mai. Una volta mi tiro contro una padella. Aveva occhi di un nero cosi intenso che potevi volarci dentro…”
Qualcosa gli colpi gli stivali. Striscio fuori dal tunnel del passato e ritorno al presente, nel Paese delle Meraviglie di Sidney. Chino lo sguardo, stupito. Ai suoi piedi erano sparse sei rose. Si lancio un’occhiata alle spalle, vide una figura completamente avvolta in un bozzolo di lustrini d’oro a parte un braccio nudo ancora graziosamente teso nel gesto del lancio. Anche le ciglia brillavano d’oro. Gli occhi neri sorridevano, ma non c’era modo di dire a quale sesso apparteneva il braccio sottile. Aaron, che diffidava delle ambiguita, lascio le rose per terra.
— Cos’e successo all’arte della conversazione cortese? — mormoro al suo fianco Sidney Halleck. — E scomparsa insieme al controfagotto. — Si chino, raccolse le rose dal pavimento e le lascio cadere sul bancone. Aaron ne sfioro una: liscio, lucente acrilico nero. Erano tutte perfette e non sarebbero mai appassite.
— A volte e piu facile restare in silenzio… Niente confusione, niente imbarazzo, niente ferite… e niente domani.
— Davvero?
— La regola della rosa: una sola notte, niente domande, niente complicazioni…
— Niente nomi?
Si strinse nelle spalle. — Non ha importanza; nessuno ti crederebbe nemmeno se dicessi il tuo nome vero. E la piu semplice delle menzogne.
— Sul serio? — Raccolse le rose, le lascio ricadere con grazia. Aaron senti che l’affabile espressione del suo viso diventava tesa di colpo.
— E niente spine — aggiunse con tono leggero. — Niente con cui ferirsi.
— Io vedo spine — disse Sidney. Aaron lo guardo. Il viso energico e gentile gli strappo improvvisamente un sorriso stanco.
— Anch’io le vedo. Ma se prendo una rosa, la prendo per quello che vale, e a volte questo significa aggrapparsi con un solo dito all’orlo della vita ancora per un giorno… — Si interruppe, meravigliato di se stesso, e prese il bicchiere. Sidney chiese con un gesto una birra.
— Capisco — disse piano. — Sono cosi critico solo perche mi intasano gli aspirapolvere. — Sorrise quando Quasar, vestita di cuoio nero dalla testa ai piedi, si avvicino a loro. Poi divento tutto rosso quando lei gli butto le braccia al collo e gli lascio una macchia di rossetto arcobaleno sulle labbra. Quasar giro sui tacchi a fronteggiare Aaron, aspiro a fondo dalla sigaretta e gliela butto ai piedi. Lui la schiaccio, con aria serena, mentre lei si allontanava. Sidney si puli le labbra, con l’aria di chi ha appena visto uno dei suoi robocomplessi pop darsi alla lirica.
— Impulsiva — commento Aaron. I Nova si sparpagliarono attorno al bar, e il Mago gli fu a fianco.
— Penso — disse Sidney, emergendo da dietro la salvietta — che potrebbe davvero aver successo. Un dinosauro sociale che torna di moda, battendo alla distanza anche le rose.
— Ma di cosa parla? — chiese il Mago ad Aaron.
— Del bacio.
— Sempre a proposito di gesti sociali, la sigaretta mi ha lasciato di stucco. Significa che le piaci, o che non le piaci?
— Significa che vuole darmi fuoco agli stivali.
— E piu facile che un giorno o l’altro dia fuoco al mio locale. — Si rivolse al Mago. — Allora, i Nova vanno su Averno?
Il Mago annui con aria un pochino corrucciata. — In un modo o nell’altro. Il Giocatore soffre di mal di spazio, e Quasar… E schedata, Aaron?
— Si — disse Aaron. Poi poso il bicchiere, arrossendo un pochino. — Come facevi a sapere…
— Una volta mi hai detto che avevi controllato perfino me, quando ci incontrammo la prima volta. Per quale tipo di reato? Le daranno il passaporto spaziale? La lasceranno entrare su Averno? E dopo la lasceranno uscire?
Aaron annui. — Ha avuto una gioventu piuttosto scapigliata nel Settore Lumiere. Ha vissuto sotto terra, nelle vecchie fognature e nei tunnel della metropolitana. L’hanno accusata di un mucchio di cose, ma gli unici reati che riuscirono a provare sono danneggiamento di proprieta e disturbo della quiete pubblica.
— E stata in prigione?
— Per due o tre mesi. E successo tanto tempo fa che non dovrebbero esserci problemi. A meno che non ne crei qualcuno lei stessa. Non le piacciono i poliziotti.
— Penso che tu le piaccia — disse il Mago, con un insolito lampo di genio. — Quello che non le piace e che tu le piaci.
— Ripeti.
— Lascia perdere. Un pensiero brillante ma fuggevole. Pensare alla gente mi confonde i circuiti. Sei mai stato su Averno?
— Solo una volta. Ho fatto delle ricerche nei loro archivi. Non lasciano entrare gente della Terra. E un posto sorprendente. Tranquillo come un obitorio e efficiente come la morte.
— Ho avuto una piacevole conversazione con il direttore di Averno — commento Sidney. — Abbiamo parlato di filastrocche.
— Klyos? — disse Aaron, stupito. — Filastrocche?
— Lo conosci?
— No. Ma ne dicono tante su di lui, perfino che sia umano.
— E una cosa cosi strana? — In un carcere grande come quello, con un simile potenziale di disastro, si. — Scosse la testa. — Filastrocche. Come hai fatto a ottenere che il direttore di Averno ammettesse anche solo di essere nato?
— Non sono arrivato fino a questo punto — disse Sidney. Il Mago volto la testa verso il palco dei Nova un attimo prima che la cortina di luce lo avvolgesse e poi si risollevasse, segnalando che mancavano due minuti. Nebraska controllo l’orologio.
— L’intervallo e finito — esclamo allegramente. — Si torna alle miniere di sale.
Il Mago poso il bicchiere. — Ti fermi ancora un po’, Aaron?
Aaron scosse la testa e termino lo scotch. — Stasera no. C’e troppo casino. Ma presto passero a trovarti sul
— Grazie. — Comincio a girarsi, poi si blocco. — Stai bene?