viaggiatori del Paratempo, che sembravano non aver toccato cibo da fin troppe ore e intenzionati a porvi rimedio. Facemmo anche conversazione. Io non vi presi parte molto attivamente, perche volevo sapere cosa stava succedendo ed ero piu interessata ad ascoltare.

Fu Dom a dare il maggior numero di spiegazioni, e John Kennedy a fare il maggior numero di domande. — C’e un milione di queste linee temporali, Jack — disse Dom. — No, non un milione: un milione di miliardi, forse. Penso che la parola giusta sia infinita.

— Notevole — disse John. — Mai l’avrei immaginato. — Sedeva di fronte a noi tenendo lievemente una mano di Jackie, come Dom stava facendo con me. Desiderai che quando fossimo giunti alla loro eta il nostro amore fosse vivo allo stesso modo, a dispetto del nostro infelice e adulterino inizio. (Ma c’erano state tutte quelle storie fra John e Dio sa quante donne, molti anni prima, e il loro matrimonio sembrava esser sopravvissuto).

— Possiamo raggiungere facilmente soltanto i piu vicini — disse Dom. — Il dottor Dom, qui — e annui amichevolmente verso quello che m’aveva visto piombargli addosso, e che scrutava il suo piatto di falafel con aria dubbiosa, — ne sa molto piu di me sull’argomento.

L’altro Dom inghiotti il boccone. — Sono simili al vostro e al mio — aggiunse, — ma ci sono, naturalmente, varie differenze. In quello che vi sta aggredendo il Presidente e Jerry Brown.

— Jerry Brown! — borbotto John. — Di tutte le cose, questa e la piu strana da credere.

— Ma e cosi. — L’altro Dom sollevo una forchettata di falafel e disse: — Ottime queste alghe. Dovro vedere se qualcuno e capace di prepararle allo stesso modo, una volta a casa. E questo e un altro vantaggio del Paratempo, vedete? Imparare cose diverse che migliorino la qualita della vita.

— Non posso dire che il nostro abbia imparato qualcosa di buono finora, Dom — disse John con una smorfia. — Parlaci di queste altre linee temporali.

— Be’, ce n’e un paio dove Ronnie Reagan e Presidente.

— Ronnie?

— Si. E in queste Lyndon Johnson e stato Presidente vent’anni fa, dopo la tua presidenza. Solo che… — Esito, come se avesse difficolta a dirlo. — Solo che in quelle linee temporali tu sei stato assassinato durante il mandato, senatore. Da un individuo di nome — Lee Harvey Osvald.

Jacqueline degluti a vuoto e mando un ansito… il rumore che emise fu un misto dei due. John le getto un’occhiata apprensiva, poi si volse a Dom. Per un attimo aveva stretto i denti, a disagio quanto sua moglie, ma le sopracciglia inarcate rivelavano curiosita. — Lee Harvey Osvald? Aspetta un momento… non era… si, ora ricordo, quel tipo che sparo al governatore del Texas?

— Proprio lui.

— Singolare — mormoro John Kennedy. Non sembrava esserci altro commento da fare. Era una sorta di ammazzaconversazione. Poi John trovo un sorriso. — Povera moglie mia! — disse, battendole un colpetto su una mano. — Mi chiedo che genere di vedova tu sia stata. Tu lo sai, Dom?

— Io… uh, non ricordo con precisione — disse lui in tono di scusa, e per qualche ragione mi parve che non stesse dicendo la verita. John annui con aria assente. Aveva avuto la mia stessa impressione, era chiaro; ma venne salvato dall’imbarazzo di far altre domande da un maggiore dell’esercito, con cordoni dorati che gli pendevano dalle spalle, che entro proprio allora nella camera. Era rasato di fresco e tirato a lucido, ma con gli occhi piu stanchi che avessi mai visto; sembrava non aver dormito per tre giorni di fila, e probabilmente era cosi.

— Senatore DeSota? — chiese, perplesso, girando lo sguardo da un Dominic all’altro. — La Presidentessa vuole vedervi subito. Tutti e tre voi — aggiunse. E Dom, il mio Dom, mi diede un bacetto su una guancia e si alzo, lasciandomi.

Sedetti su un divano coi Kennedy. Suppongo che chiacchierammo. Non credo d’aver prestato molta attenzione a quel che dicevamo, perche avevo la mente aggrovigliata su altre cose. Compresa l’altra Nyla. Benche avessimo concesso delle pause al nostro match di occhiate, non avevamo perso interesse. Lei era in piedi davanti al tavolo del buffet, e l’assenza dei pollici non le impediva di destreggiarsi a meraviglia nel servire fette di formaggio al suo scimmiesco compagno e a se stessa. Anche se i suoi occhi non erano su di me ero certa che distoglieva lo sguardo un attimo prima che fossi io a fissarla. Non avevo alcun dubbio su questo, perche facevo altrettanto con lei. Avevo l’impressione che il suo interesse per me fosse ancor maggiore del mio, o forse il suo interesse si accentrava su riflessioni diverse. Non c’era solo curiosita in lei. C’era un proposito, benche non sapessi immaginare che proposito fosse.

Decisi che io e lei dovevamo fare due chiacchiere.

Non potei pero mettere in pratica quella decisione, perche proprio mentre stavo pensando di alzarmi e andare da lei nel vasto locale entro a passo svelto Lavrenti Djugashvili, quello vero. Sorrise, inarco le sopracciglia elargendo la sua curiosita all’altra Nyla, ma fu decisamente verso di me che si diresse. — C’e di che confondersi! — esclamo, baciando la mano a me e poi a Jacqueline. — Che giornata difficile!

— Hai accompagnato qui i tuoi ragazzi? — domando John Kennedy.

— Oh, si, naturalmente. Zupchin e Merejkowsky, due brillanti fisici dell’Istituto Lenin per la Ricerca di Base. Poi sono stato informato che la mia presenza non era necessaria — aggiunse, un po’ acremente.

— Non ti ha dedicato molto tempo, eh? — annui con simpatia il senatore Kennedy.

Lavi scrollo le spalle. — Non ho potuto scambiare una sola parola con la vostra Presidentessa — disse, allargando le braccia per mostrare il suo disappunto. — Ma mi sembra chiaro che i comunisti non le piacciono, incluso particolarmente me.

Il senatore si scuri in viso. — Neppure io sono in ottimi rapporti con lei — ammise. — Non siamo dello stesso partito. D’altronde ha ben altri pensieri per la testa, Lavi. Hanno catturato suo marito. Hanno occupato la Casa Bianca. Non ha molta voglia d’essere cordiale in questo momento, e soprattutto non vuole essere il primo Presidente dal 1812 ad avere forze nemiche nella stessa capitale.

— Oh, si, questo e certo — annui Lavrenti. — Specie da quando si nota una nuova attivita fra gli invasori… — Tacque, guardandoci. — Non ne siete stati informati? Ma se perfino la televisione ne sta dando notizia! Dovra pur esserci un apparecchio in questo appartamento monumentale. Coraggio, vediamo di rintracciarlo!

L’apparecchio c’era infatti, benche nascosto dietro due sportelli di mogano intarsiato. E le notizie che stava trasmettendo erano molte.

Nessuna di esse era buona.

Lo accendemmo nel bel mezzo della ripresa in diretta di un duro scontro a fuoco. E non si stava svolgendo in chissa quale terra lontana: era a pochi isolati di distanza da noi, all’estremita del Mall e tutto intorno al Campidoglio. Carri armati e cingolati da trasporto truppe sembravano avvicinarsi da dietro il palazzo della Corte Suprema, allargandosi come per prendere il Campidoglio da due lati. C’erano dei cadaveri laggiu. La telecamera zumo per riprendere piu da vicino alcuni di essi, e avrei voluto che non l’avesse fatto. La regia stacco su un’altra telecamera, e sullo schermo apparve una fila di carri armati. Abbastanza strani. Non mi resi conto del perche li trovavo strani finche non sentii Lavi imprecare qualcosa: la frase suono acre e velenosa, ma non potei capirla perche era in russo. Passo all’inglese per dire: — E una nuova arma, senatore!

D’un tratto riuscii a vederli nelle proporzioni giuste: erano carri armati, ma di piccole dimensioni: non piu lunghi di due metri e mezzo, e alti meno d’un metro dal suolo, ciascuno con un grosso cannone che ruotava da una parte e dall’altra come la coda di uno scorpione. — Non abbiamo niente di simile in Russia — si lamento Lavi.

— Neppure noi, in questa America — disse John Kennedy. — Radiocomandati, ci scommetto! Gesu santo, stanno sparando! — E infatti quei cannoni non erano giocattoli: facevano fuoco contro il Campidoglio, e ad ogni colpo grandi nuvole di fumo e rigurgiti di macerie esplodevano dai muri esterni dell’edificio.

La scena cambio. Sullo schermo apparve il grande studio della NBC, in attivita come quando ne facevano il loro quartier generale la notte delle elezioni. Dietro Tom Brokaw e John Chanceller c’era un’enorme carta murale con la situazione del Distretto di Columbia, e i due stavano illustrando quello che succedeva.

Non era necessario che dicessero molto. La carta parlava per loro. Pressoche un quarto della citta era adesso ombreggiato di rosso — il rosso delle forze d’occupazione — ovvero tutta l’area circostante il Campidoglio che avevamo appena visto, la Casa Bianca, l’Ellisse, parte della zona intorno al Monumento a Washington, una vasta fascia lungo il fiume e piccoli punti isolati sparsi per il Distretto. Scaglionate lungo il perimetro c’erano luci

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