Perso nei suoi ricordi, Crespi si affaccio nuovamente alla finestra e il suo sguardo per un attimo incrocio quello dell’amico giapponese.

Il veneziano era un uomo che non conosceva scrupoli o indugi quando si trattava di raggiungere uno scopo, ma la mancanza di emozioni che esprimevano gli occhi sottili del samurai aveva sempre avuto il potere di metterlo a disagio. Questa volta, pero, a Crespi parve che lo sguardo del giapponese fosse acceso di una nuova luce.

«La vita e davvero strana. Chissa che cosa sta pensando adesso Hito Humarawa e chissa cosa penserebbero i suoi parenti se sapessero la verita. In fondo l’ex daimyo della prefettura di Matsue non solo non si e tolto la vita per riparare al disonore, ma e divenuto un eroe per i veneziani.»

Humarawa distolse lo sguardo dalla facciata dell’elegante palazzo nel quale risiedeva assieme ad Alessandro Crespi e al suo scudiero. Le urla di incitamento si levavano ai lati dell’imbarcazione che li stava trasportando lungo il canale gremito di folla.

Accanto al samurai, il doge e Angelo Campagnola salutavano agitando la mano, quasi fosse loro il merito della vittoria. Sul volto del membro del Consiglio dei Dieci aleggiava un sorriso di trionfo.

«La vittoria… la vittoria…» si trovo a pensare Humarawa con quel senso di malinconia che assale quando si e finalmente superato un ostacolo importante. Le voci gli giungevano attutite.

«Ma posso dire veramente di aver superato l’ostacolo?» si chiese Humarawa.

«Dio ti abbia in gloria, orientale», grido una donna sporgendosi da un ponte. «Ho due figli che vanno per mare: prima o poi si sarebbero imbattuti nel Muqatil. Ti ringrazio con tutto il mio cuore di madre.»

«Pensa invece, donna», avrebbe voluto rispondere, «che dal mio peggior nemico io ho ereditato un cuore di padre…»

La mente del guerriero corse a Celeste: sapeva che d’ora in poi avrebbe dovuto misurarsi con un sentimento nuovo e sconosciuto. Riusciva a dare un nome a quella sensazione, ma persino una macchina da guerra quale lui era aveva paura nel pronunciare la piu semplice delle parole: affetto.

Celeste si sposto dalla finestra della camera che le era stata assegnata in casa di Alessandro Crespi. La nave da parata sulla quale sfilava Humarawa era appena transitata. Accanto al giapponese si trovava colui che le avevano detto essere il padre di sua madre. Aveva un aspetto del tutto sinistro.

Le ritornarono alla mente le ultime ore trascorse con i suoi cari.

Sua madre, la moglie del grande Muqatil, la persona che piu amava al mondo, sempre pronta a correre in suo aiuto, aveva sul volto il colore grigio della morte. Le vene parevano esploderle sotto la pelle sottile. La peste la stava portando via. Pregandola di non avvicinarsi troppo, quell’angelo aveva pronunciato a fatica un’ultima frase: «Abbi coraggio, piccola mia, e cammina sempre a testa alta. Tuo padre avra cura di te sino a che vivra».

Poi i medici avevano allontanato la sua bambina.

Celeste ora ricordava le parole con cui suo padre le aveva annunziato il distacco da entrambi.

«Non ho mai smesso di amarti per un attimo, figlia mia», le aveva detto il Muqatil, la notte prima che lei lasciasse la citta di Tabarqa. «E per questo che io desidero sopra a ogni cosa che tu non debba morire. La nostra citta sta per cadere, vittima non del disonore, ma del male assassino. Domani ti affidero alle mani di una persona d’onore che si prendera cura di te.»

La piccola si era raggomitolata tra le forti braccia del guerriero e aveva provato a protestare per la decisione del padre.

«Non voglio, padre. Non posso perdere le due persone che amo di piu al mondo. Preferisco morire qui con voi.»

«Tu non immagini che cosa significhi la parola morte, bimba mia…»

«Lo so, invece. In poche ore sono stata allontanata dal letto di mia madre morente e adesso mio padre mi vuole abbandonare nelle mani di uno sconosciuto.»

«Tuo padre non vuole lasciarti, Celeste… non lo vorrebbe mai. Sono costretto a farlo perche tu sopravviva.»

Celeste lo abbraccio e provo un’altra volta a contrastare il volere del guerriero.

«Cosi ho deciso», disse il Muqatil con tono che non ammetteva repliche.

Un pianto sommesso scosse l’esile corpo della bambina.

Da quel momento sembravano passati secoli, mentre erano trascorsi soltanto pochi mesi. Celeste si era guardata intorno curiosa mentre percorreva per la prima volta le calli e i canali: quello che aveva sentito dire su Venezia corrispondeva a verita. Si sentiva attratta dal modo di vivere di quella gente, cosi diverso da tutto cio che aveva finora conosciuto. Il fatto di essere stata travestita da giovinetto non le pesava piu di tanto. Humarawa aveva deciso che fosse piu prudente non mostrarla in giro vestita con abiti femminili e lei aveva obbedito: il sangue del piu grande guerriero di ogni tempo correva nelle sue vene e gli insegnamenti militari di Wu erano stati il piu piacevole dei passatempi. Le lezioni si erano tenute, sotto lo sguardo attento di Humarawa, gia dagli ultimi giorni della navigazione verso Venezia, e avevano impegnato il tempo e i pensieri della fanciulla dalle prime ore del mattino fino al tramonto.

Angelo Campagnola distolse lo sguardo dalla casa lungo il Canal Grande. Aveva scorto Alessandro Crespi affacciato al balcone e gli era anche sembrato di vedere la figura di un bambino dietro una delle imposte del piano alto, quello riservato alla servitu.

Lo sguardo penetrante del giovinetto, che Humarawa sosteneva essere l’aiutante del suo scudiero, gli torno alla mente.

«Un giudice ha il dovere di indagare su tutte le questioni che non gli sembrano chiare», si disse l’anziano membro del Consiglio dei Dieci.

Non appena terminata la festa, Campagnola si sarebbe dato da fare per sapere qualcosa di piu su quel ragazzino che, stranamente, era capace di provocare in lui un senso di disagio.

Il giorno seguente avrebbe richiesto le informazioni necessarie.

Fu allora che accadde qualcosa di incomprensibile per coloro che incedevano sulle imbarcazioni: la folla assiepata lungo le calli e sui ponti parve di colpo impazzire e la gente si mise a correre urlando in preda al terrore.

Le prime case incominciarono a cadere come fossero state castelli di carta, poi fu come se una mano gigantesca e invisibile stesse percuotendo il suolo: il terremoto del 25 gennaio avrebbe causato gravi danni ed enormi lutti all’intera popolazione della citta lagunare.

La paura si impadroni di Angelo Campagnola e l’angoscia provocata dallo spettacolo di edifici che si accartocciavano, avvolti in una polvere densa, si sovrappose all’inquietudine causata dallo sguardo degli occhi colore del mare del giovane al seguito di Humarawa.

7

Ottobre 2002

«A causa dei loro peccati furono affogati e poi introdotti nel Fuoco, e non trovarono nessun soccorritore…»

Conrad Deuville lascio cadere pesantemente sul tavolo le foto che ritraevano l’immane rogo che ardeva nel golfo Persico, in prossimita dello stretto di Hormuz, e che per le sue drammatiche conseguenze era ormai considerato il piu grave disastro navale avvenuto in tempo di pace.

«Si prende gioco di noi!» esclamo il direttore dell’FBI, rivolgendosi ai membri del suo gabinetto. «Ecco che cosa voleva dire nel suo primo delirante messaggio. E adesso vuole metterci di nuovo alla prova con un terribile enigma.»

Lo staff personale del direttore, composto da nove persone, e da ognuno dei responsabili dei cinque dipartimenti in cui era suddiviso l’FBI, non aveva mai abbassato la guardia. L’attentato contro le sedi irachene a New York risaliva ormai a sette mesi prima, e non ci voleva un osservatore particolarmente attento per accorgersi che le indagini erano a un punto morto: nelle mani degli inquirenti c’erano soltanto alcuni oscuri messaggi di

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