lentamente si trasformarono in una tinta simile a quella inafferrabile e trasparente del cristallo… sembrava quella dello champagne, e cambiava con la mutevole inclinazione della luce. Il pulviscolo che riempiva l’aria si illumino d’oro e poi, improvvise, giunsero le fredde ombre delle colline ad accompagnare il sopraggiungere della sera. Il vento soffiava leggero tra l’erba rossiccia, ed ogni pietra, ogni ramo contorto degli alberi, si arricchiva di luce e di una sua caduca bellezza, unica e singolare…

Diventavano belli anche i profili della vecchia Chevy Impala e dell’impolverato Maggiolino di Gil che spuntavano tra l’erbaccia del piazzale.

La porta si apri e si richiuse, ed il vento porto a Gil l’acre sentore di sego e di lana impregnati di fumo del pesante mantello di Ingold. L’uomo si sedette accanto alla ragazza.

Per alcuni minuti non parlarono; rimasero li a godere dello spettacolo del tramonto in un caldo e confortevole silenzio.

Fu Ingold a romperlo.

«Grazie di essere venuta Gil. La tua presenza e molto importante…»

«Non c’e problema…», rispose la giovane scuotendo la testa.

«Ti da molto fastidio riaccompagnare Rudy in citta?»

Gil capi che Ingold aveva colto il suo imbarazzo e fu quasi compiaciuta per quel suo interessamento.

«No, nessun fastidio.» Giro la testa e l’appoggio al braccio che si reggeva alla balaustra. «Va bene…» Gil noto che, sebbene i capelli dello Stregone fossero candidi, le sue sopracciglia conservavano ancora il rosso acceso che doveva essere stato il colore originario di un tempo. «Ma lo portero solo fino alla strada principale, e poi tornero indietro. Non voglio lasciarvi qui da soli.»

«Staremo bene…», disse Ingold gentilmente.

«Non mi interessa,» replico lei.

Ingold la guardo piegando il capo.

«Tu non potresti essere d’aiuto, sia che succeda, sia che non succeda nulla.»

«Non hai poteri magici qui», osservo la ragazza dolcemente. «E sei con le spalle al muro. Non posso lasciarti.»

Ingold incrocio le braccia sulla balaustra ed appoggio il mento sui polsi: sembrava stesse contemplando il vento che scorreva tra l’erba dietro la veranda, e la prima brina che cominciava a comparire nelle pozze d’ombra sotto le colline lontane.

«Apprezzo la tua premura,» disse all’improvviso, «sebbene sia fuor di luogo. Non devi dire altro pero, perche ho deciso di rischiare il ritorno questa stessa notte, prima che faccia completamente buio!»

Gil si spavento. Si senti liberata da un gran peso, ma allo stesso tempo era turbata da quel suo sollievo.

«Non capitera niente a Tir?»

«Usero una formula magica per proteggerci. Dovrebbe essere sufficiente a fare da scudo per lui, perlomeno contro la parte peggiore e piu scioccante del tragitto.» Il sole ormai era giunto al margine piu alto delle colline e la brezza serale cominciava a portare con se le prime avvisaglie del freddo notturno che si avvicinava. «Ci dovrebbero essere ancora due ore buone di sole nel mio mondo quando io ed il Principe torneremo indietro. Sembra che ci sia qualche discronia nel Vuoto. I nostri rispettivi mondi non sono sempre in sincronia, e forse riusciremo a nasconderci prima che giunga la notte.»

«Non sara troppo rischioso?»

«Forse.» Ingold giro il capo per incontrare lo sguardo di Gil, e nella luce serale sempre piu tenue, la ragazza vide che era stanco. Le ombre della balaustra gli oscuravano il volto, ma non riuscivano a nascondere le rughe profonde intorno alla bocca ed agli occhi. Le sue dita giocherellavano con piccoli frammenti di legno della veranda, ed appariva troppo rilassato rispetto al pericolo che lo attendeva. «Preferirei correre il rischio pero, piuttosto che mettere a repentaglio il tuo mondo e la tua civilta, nel caso che le creature del Buio riuscissero a seguirmi attraverso il Vuoto.»

Sospiro e si alzo, come per cancellare quei pensieri. Tese quindi una mano a Gil per aiutarla: era calda, forte, e ruvida, ma leggera e delicata come quella di un gioielliere. L’ultima luce del giorno la illumino, e formo strane ombre cinesi sui vetri impolverati delle finestre.

«Sono abituato a giocarmi la vita, Gil», disse Ingold. «Ma, ogni volta che lo faccio, non metto mai a repentaglio quella degli altri. Specialmente quella di chi mi e fedele come lo sei tu. Non preoccuparti. Saremo del tutto al sicuro…»

CAPITOLO TERZO

«Dove sei diretto?»

Gil fece fare prudentemente una piccola curva alla Volkswagen per evitare le pietre piu grandi e le irregolarita del sentiero, e riportarla cosi di nuovo sulla strada. Le colline e gli alberi del bosco erano diventati grigi-blu nella luce incolore del crepuscolo. Nello specchietto retrovisore, Gil vide luccicare la spada di Ingold, sguainata in segno di saluto. Poteva scorgerlo sulla veranda dritto ed immobile, avvolto dall’ondeggiante mantello nero, ed il suo cuore si strinse di paura a quella vista.

Rudy stava seduto sul sedile, con un filo d’erba in bocca ed il braccio abbronzato che penzolava fuori del finestrino, e la sua presenza era consolante quanto vedere un film dell’orrore in seconda visione in un cinema all’aperto, durante una notte buia e tempestosa.

«San Bernardino,» rispose Rudy, voltandosi a guardare la sagoma dello Stregone scomparire tra le ombre della catapecchia.

«Posso portartici,» disse Gil infilandosi nel sentiero ghiaioso e cercando di evitare le buche piu profonde scavate dalle ultime piogge invernali. «Sto andando a Los Angeles, e non dovro fare nessuna deviazione.»

«Ti ringrazio. E dannatamente difficile ottenere un passaggio di notte.»

Gil sorrise di malavoglia.

«Forse e per colpa della tua giacca…»

Rudy sorrise a sua volta.

«Sei di Los Angeles?»

«No. Vado all’UCLA: frequento la Facolta di Filosofia, e seguo un seminario di Storia Medievale.» Con la coda dell’occhio scorse lo sguardo sorpreso del suo compagno. Una tipica reazione maschile, penso. «Originariamente sono di San Marino…»

«Ah!», disse Rudy pacatamente, riconoscendo il nome di un sobborgo signorile. «Una ragazza ricca!»

«Non proprio», obietto Gil, pensando che l’abito continuava ancora a fare il monaco. «Ma forse hai ragione. Mio padre e medico.»

«Specialista?», chiese Rudy in tono leggermente derisorio.

«Psichiatra per bambini», puntualizzo Gil con un leggero sorriso, riconoscendo la perspicacia di Rudy.

«Wow…»

«Mi hanno cacciata pero!», si affretto a spiegare Gil stringendosi nelle spalle. «Ma non ha importanza.»

La sua voce era disinvolta. Accese i fari, e la polvere si alzo davanti al muso della macchina oscurando quella debole luce. Rudy, in quel riflesso, scorse un’espressione dura sul volto della ragazza. Forse si trattava di una forma di difesa contro tutti coloro dei quali non si fidava completamente.

«Perche ti hanno cacciato?» La voce di Rudy sali di tono: il ragazzo provo per un attimo una sensazione di affetto per la sua compagna, e di indignazione. «Cristo! Mia madre perdonerebbe anche un assassinio, a qualsiasi delle mie sorelle, se riuscisse ad andare alle Scuole Superiori!»

Gil rise amara.

«Il mio problema e proprio la Laurea in Filosofia,» disse. «Quale giovane, promettente dottore, o peggio dentista, sposerebbe una esperta di Storia Medievale? Nessuno oserebbe mai dichiararlo apertamente, ma questo e quello che pensano i miei genitori.»

Gil continuo a guidare per un bel po’ in silenzio.

Le sagome scure delle colline circondavano la piccola macchina mentre le prime stelle si accendevano sullo sfondo di velluto blu del cielo serale: erano tante piccole luci brillanti in lontananza. Osservando quella morbida

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