Mi fermai sulla porta dell'ufficio con la chiave in mano. Poi avanzai lentamente, verso l'altra porta, quella che non e mai chiusa a chiave e rimasi immobile, in ascolto. Forse lei era gia la, ad aspettarmi, con gli occhi lustri dietro le lenti oblique, e la piccola bocca umida che voleva essere baciata.

Avrei dovuto dirle delle cose dure, piu dure di quanto avesse mai sognato, e poi, dopo un certo tempo lei se ne sarebbe andata e non l'avrei piu rivista.

Non udii nulla. Tornai sui miei passi, aprii, raccolsi la posta e la portai alla scrivania. Non c'era nulla che mi facesse sentire piu grande e piu bello.

La piantai dov'era, e andai a girare la chiave nella serratura dell'altro uscio.

Dopo un lungo istante aprii e guardai fuori. Vuoto e silenzio. Ai miei piedi giaceva un pezzo di carta ripiegato. L'avevano fatto passare sotto la porta.

Lo raccolsi e lo spiegai.

Vi prego di telefonarmi immediatamente in albergo. E urgentissimo.

Devo vedervi.

Era firmato D. Chiamai il numero del Chateau Bercy e chiesi della signorina Gonzales. Chi la desidera, prego? Un momento, per cortesia, signor Marlowe. Buzz, buzz. Buzz, buzz.

– Pronto?

– L'accento esotico e piu forte del solito, quest'oggi.

– Ah, siete voi, amigo. Vi ho aspettato tanto, nel vostro curioso ufficetto. Potete venire qui, a parlare con me?

– Impossibile, aspetto una visita.

– Bene, posso venire io da voi?

– Di che si tratta?

– Niente che si possa discutere per telefono, amigo.

– Venite pure.

Rimasi seduto al mio posto, aspettando che il telefono suonasse. Ma non suono. Guardai fuori dalla finestra. La folla ribolliva, sul boulevard, la cucina del caffe vicino effondeva l'odore del 'Piatto azzurro speciale' attraverso le bocchette del ventilatore. Il tempo passava, ed io rimanevo seduto, curvo sulla scrivania, a fissare l'intonaco giallo-senape della parete di fronte, e vedendovi sopra la figura indistinta di un ragazzo morente, con uno scalpello da ghiaccio in mano e sentendo la punta della sua arma bruciarmi tra le scapole. E magnifico, quello che Hollywood sa fare d'una nullita. Fa una radiosa immagine di bellezza femminile di una donnetta trasandata che dovrebbe starsene a stirare le camicie di un camionista; fa un campione di virilita, dagli occhi splendenti e dal sorriso luminoso, traboccante di sex appeal, di un ragazzotto troppo cresciuto che era destinato ad andarsene al lavoro col calderino della colazione. Di una chellerina del Texas, dotata della profondita culturale d'una protagonista di fumetti umoristici fa una cortigiana internazionale, sposata sei volte con sei milionari e tanto decadente e blase che la sua idea di un brivido consiste nel sedurre il facchino che le trasporta i mobili con la cannottiera intrisa di sudore.

E, per via mediata, Hollywood puo persino prendere un santificetur di provincia, come Orrin Quest e farne, in pochi mesi, un asso dello scalpello da ghiaccio, elevando la sua meschina malvagita al sadismo classico del pluriomicida.

Le ci vollero poco piu di dieci minuti per arrivare da me. Sentii la porta aprirsi e chiudersi, andai nella sala d'aspetto e la Gardenia d'America era la. Fu come ricevere un pugno in mezzo agli occhi. Quanto ai suoi occhi, erano profondi, neri e senza sorriso.

Era tutta in nero, come la sera prima, ma in abito a giacca, questa volta, con un ampio cappello di paglia nera inclinato audacemente su un occhio.

Dal colletto di una blusa di seta bianca rovesciato sopra il bavero della giacca, spuntava il collo agile e bruno. La bocca era rossa come una macchina dei pompieri nuova.

– Vi ho aspettato per molto tempo – si lagno. – Non ho ancora fatto colazione.

– Io ho terminato ora – replicai. – Cianuro. Delizioso. Ho appena smesso di esser blu.

– Non sono in vena di divertimento questa mattina, amigo.

– Non e necessario che mi divertiate. Io mi diverto da me. Recito da solo una scena a due che mi manda in visibilio, in platea. Su, andiamo di la.

Passammo nel mio pensatoio privato e ci sedemmo.

– Vi vestite sempre di nero? – domandai.

– Ma si… E piu eccitante, quando mi spoglio.

– Dovete proprio parlare come una sgualdrina?

– Voi sapete ben poco delle sgualdrine, amigo. Sono sempre estremamente rispettabili. Eccetto quelle di poco prezzo, naturalmente.

– Gia – borbottai – grazie per l'informazione. Quale sarebbe l'affare urgente di cui dobbiamo parlare? Venire a letto con voi non e urgente.

Posso farlo quando mi pare.

– Siete di un umore perfido.

– D'accordo, sono di un umore perfido.

Trasse dalla borsetta una delle sue lunghe sigarette brune e l'inseri con cura nelle mollette d'oro. Aspetto che gliel'accendessi. Io non mi mossi e lei fini per arrangiarsi da sola, con un accendisigari d'oro. Poi reggendo il suo aggeggio nella mano guantata mi fisso con gli occhi neri, senza fondo, che non ridevano piu.

– Vi piacerebbe venire a letto con me?

– Piacerebbe a tutti, o quasi. Ma lasciamo stare il sesso, per ora.

– Io non tiro una linea molto definita tra il sesso e gli affari – dichiaro tranquillamente. – E voi non potete umiliarmi. Il sesso e una rete che mi serve per catturare gli sciocchi. Alcuni sono utili e generosi. Di tanto in tanto ce n'e uno pericoloso.

E fece una pausa, con aria pensosa. Io dissi:

– Se aspettate che mi lasci sfuggire una frase rivelatrice dalla quale possiate capire se so chi e una certa persona… d'accordo, so chi e.

– E lo potete provare?

– Probabilmente no. I poliziotti non ci sono riusciti.

– I poliziotti non sempre dicono tutto quello che sanno – fece lei, in tono sprezzante. – Non sempre provano tutto quello che potrebbero provare. Immagino sappiate che e stato in prigione dieci giorni, nel febbraio scorso.

– Si.

– Non vi e parso strano che non si sia fatto rilasciare dietro cauzione?

– Non so di che cosa l'avessero accusato. Se era trattenuto come testimone indispensabile…

– Non credete che avrebbe potuto far commutare l'accusa in un'altra, che permettesse la cauzione… se proprio avesse voluto?

– Non ci ho pensato molto – mentii. – Non lo conosco.

– Non gli avete mai parlato? – mi domando pigramente, troppo pigramente.

Non risposi.

Scoppio in una breve risata.

– Ieri sera, amigo, davanti alla casa di Mavis Weld. Io ero seduta in macchina dall'altra parte della strada.

– Devo essermi imbattuto in lui senza rendermene conto. Era quello, il nostro uomo?

– Non me la date a bere.

– E va bene. La signorina Weld mi ha trattato piuttosto rudemente. Me ne sono andato fuori dai gangheri. Sulla soglia incontro un estraneo con la sua chiave di casa. Gliela strappo di mano e la butto dietro un cespuglio.

Dopo di che mi scuso e gliela vado a riprendere. Mi e parso un ometto simpatico.

– Molto simpatico – cantileno lei. – Una volta era il mio amico.

Feci un versaccio.

– Per strano che vi possa sembrare la vostra vita amorosa non mi interessa, signorina Gonzales. Ritengo che copra un campo vastissimo… da Stein a Steelgrave.

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