Poi quell’espressione birichina svani, e divenne nuovamente triste mentre diceva:

«C’e un altro immortale che e coinvolto in questa vicenda: una donna, la contessa Elisabeth di Bathory che, durante la sua vita, torturo brutalmente fino a farle morire piu di seicentocinquanta giovani donne e poi fece il bagno nel loro sangue. Ne hai sentito parlare?»

«Si».

«E un Vampiro… ma nello stesso tempo non lo e, poiche non ha denti aguzzi e preferisce infliggere ferite alle sue vittime per mezzo di strumenti di tortura, prima di bere e fare il bagno nel loro sangue. E sempre stata una maga piu potente di Vlad e una scienziata; il suo Patto con l’Oscuro Signore e privo delle trappole superstiziose che caratterizzano quello di Vlad. Si puo muovere durante il giorno o la notte, dorme quando vuole nei letti normali e non teme i simboli religiosi, ma solo quelli caricati potentemente come talismani, come i tuoi». Indico con il capo la mia tasca, dove avevo riposto il crocifisso, poi tiro un profondo sospiro. «Io lo so, perche sono stata sua compagna per un po’ di tempo e posso dire senza riserve che, se dovessi scegliere tra Vlad ed Elisabeth, avrei piu paura di Elisabeth».

Istintivamente, chiesi:

«E stata Elisabeth a rubare il manoscritto a Vlad la notte scorsa?»

«E stata lei», intervenne Arkady, prima che sua sorella potesse rispondere. «Quando lui era… molto distratto, mentre si nutriva ed eseguiva il rito del sangue con», la sua espressione si fece lievemente sorpresa, «qualcuno qui, non e cosi, Zsuzsa?».

Lei annui, ma era troppo intenta nel suo discorso per reagire.

«Le abilita di Elisabeth stanno aumentando rapidamente; presto sara forte come lo era Vlad, man mano che arriva a capire sempre piu l’indovinello. Dobbiamo aver molta paura se trova la prima chiave, che portera all’apparizione della quinta riga».

Nell’udire cio, John sembro uscire dal suo stordimento a sufficienza per parlare.

«Potrebbe averla gia trovata», mormoro.

«No», disse Zsuzsanna, chinandosi verso di lui, e poi ritraendosi un po’, il che mi fece capire che John aveva seguito letteralmente le mie istruzioni e portava il crocifisso di Arminius sulla sua persona. «Non l’ha trovata. Lo so».

«Come?».

L’espressione di mio figlio era quella dello scienziato scettico, una caratteristica che io avevo incoraggiato.

«Jonathan Harker», rispose, e sia John che io ci chinammo immediatamente in avanti. «Quando lui si trovava al Castello Dracula, io lo morsi ed Elisabeth ne bevve il sangue, cosa che lo mise anche sotto il suo controllo. Uno dei suoi tracchi e che puo guarire le ferite, cosi io non lasciai alcun segno su di lui. Lui e sia un agente mio che… suo. Questo adesso causa delle difficolta, poiche noi possiamo, fino a un certo punto, sentire l’una i pensieri dell’altra. Poiche lei e la piu potente, io oso leggerlo solo brevemente, in orari inconsueti. Questa e una delle cose di cui vi volevo avvertire; non dite ad Harker nulla che non vogliate che Elisabeth sappia!».

Si fermo, poi continuo.

«Mi dispiace che non mi sia venuto in mente di usare Harker, finche non ho cominciato a sospettare di Elisabeth e l’ho lasciata; e stato allora che scoprii che», abbasso lo sguardo, imbarazzata, «era gentile con me e fingeva di amarmi perche io potessi amarla; poiche i termini del suo Patto erano che lei avrebbe dovuto conquistare un’amante e tenere quell’amore costante per sei mesi… A quel punto, la sua vittima sarebbe diventata proprieta dell’Oscuro Signore. Credo di essere stata io l’incentivo per la sua venuta al Castello Dracula».

Uno strano silenzio cadde su tutti noi. Sia John che io arrossimmo e abbassammo lo sguardo; Arkady mise nuovamente un braccio protettivo e rassicurante sulle spalle della sorella.

Fu John che parlo per primo. Chino il viso, incuriosito; potevo vedere che aveva cominciato a crederle (un buon segno, poiche sto cominciando a pensare che presto diventera piu capace di me nel leggere persone e aure).

«Dimmi… cosa sta facendo adesso Harker?», le chiese.

I muscoli nel viso di lei si rilassarono leggermente e i suoi occhi scuri assunsero un’espressione distante… per un istante, non di piu. Si mosse e disse con aria pratica:

«Sta masticando una salsiccia, sebbene sia troppo addolorato per gustarla. Cosa e successo a sua moglie?». E, quando lo seppe, si porto una mano guantata alle labbra.

«Oh! Mi dispiace…».

Ci fu nuovamente un’interruzione piena di tensione nella conversazione; questa volta, Zsuzsanna ricomincio alzandosi.

«Questo e tutto cio che sono venuta a dirvi: questo, e il fatto che dobbiamo tutti cercare di trovare la prima chiave prima che lo facciano Elisabeth o Vlad. Noi vi forniremo aiuto e informazioni, ogniqualvolta potremo».

Il resto di noi si alzo, come fanno i gentiluomini.

«Adesso vi devo dire un’ultima cosa», dissi, con molta solennita, «poiche non voglio inganni, ne segreti tra di noi. Io sono costretto a distruggere Vlad… e tutti i Vampiri. Se tu mi aiuterai, Zsuzsanna, fallo con la consapevolezza che, se riusciremo, non permettero a te o a mio padre di vivere».

Lei prese la mano di Arkady, e uno sguardo di complicita passo tra di loro.

«Lo so. Ora sono preparata a questo».

Arkady ci guardo nuovamente e disse:

«Questa mattina saremo a Carfax… se Elisabeth lo permettera».

«Anche noi», dissi. «Apparentemente andremo per bloccare l’accesso alle casse di Vlad, ma John e io cercheremo il manoscritto e la chiave. Gli altri non sanno niente di nessuna delle due cose; pensammo che sarebbe stato piu sicuro, dato che sospettavamo che Harker fosse in qualche modo… vampiricamente collegato».

Arkady annui.

«Allora non ci faremo vedere, e non ti interromperemo tranne che nel caso di un’emergenza».

Cosi i due visitatori si voltarono per andarsene: Zsuzsanna dapprima esitando, poiche penso che volesse abbracciarmi o dirmi qualcos’altro per convincermi del suo sincero dispiacere. Io non volevo saperne, poiche il dolore profondo che aveva inflitto a me e alla mia famiglia non poteva essere cancellato da una semplice confessione. Cosi mi voltai e lei sospiro con riluttanza, poi comincio ad andarsene.

Ma, quando John mise la mano sulla porta per aprirgliela, io gridai:

«Perche?».

I due uomini si voltarono verso di me con la fronte aggrottata in segno di perplessita, incerti per il significato e l’obiettivo della mia domanda, ma Zsuzsanna comprese.

«Perche?», chiesi ancora. «Voglio tutta la verita».

Lei mi guardo al di sopra delle spalle e sulle sue labbra apparve un sorriso amaro.

«Perche mi sono annoiata, Abraham. In mezzo secolo di Morte Vivente, ho raggiunto le vette di piacere e gli abissi della depravazione; ho avuto ricchezze illimitate, bellezza illimitata, illimitato potere sugli uomini. Ho raccolto intorno a me tutte le cose squisite del mondo: gioielli, vestiti, creature. Ma la bellezza che cercavo non poteva mascherare la bruttura di quello che ero diventata, ne nascondere il fatto che la mia esistenza era diventata uno stanco tentativo di reiterare piacere dopo piacere per l’eternita. Ne poteva conquistarmi un momento di onesto affetto da parte di un’altra persona». E qui prese di nuovo la mano di suo fratello, la strinse, e lui le sorrise con gli occhi radiosi. Guardandolo, Zsuzsanna, disse piano:

«Senza la morte o la compassione, la vita non ha significato, e cosi io sono ritornata all’unica persona che mi ama veramente. Per amor suo, sacrificherei tutto. Che altro mi era rimasto? Diventare come Vlad ed Elisabeth: annoiati predatori che comprano la loro continua immortalita giocando con delle pedine umane?». Mi guardo con gli occhi che lampeggiavano. «Chiedi a tuo padre, Bram… chiedi a Kasha come Vlad gioco con lui, intrappolandolo lentamente in una ragnatela in cui lui non poteva fare altro se non essere complice dei piu crudeli assassini! Era l’unico modo in cui Vlad continuava a mantenere eccitanti i secoli: ogni venti anni, un figlio primogenito, un’altra graduale conquista, eccitante solo perche la sua non vita dipendeva da essa».

La voce di lei risuonava della passione e del fuoco che avevo visto venti anni prima nella Vampira: ora so che apparteneva alla stessa donna.

«Ma io non diventero come lui! Non temo la morte al punto da non pensare alla sofferenza che infliggo! Ne

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