Di nuovo pregai Dio, ma, nuovamente, Dio rimase in silenzio. Arminius parlo ancora.
Il pavimento rimbombo come per un terremoto e da sotto provenne l’ululato di una forte tempesta. Cercai di alzarmi in piedi, di riprendere a camminare, ma persi l’equilibrio e caddi su un ginocchio. Con l’immaginazione vidi la grande oscurita incombente del sogno e mi vidi divorato da essa…
E poi l’immobilita. Un’immobilita cosi profonda che fui pieno di un terrore differente, in attesa del suono della voce di Elisabeth accanto a me.
«Oscuro Signore!», gridai. «Ascoltami! Io, Abraham Van Helsing, faro un Patto con te!».
Riuscii a malapena a pronunciare quelle parole, prima che la terribile oscurita apparisse, con la grande ombra del sogno che avanzava e cominciava a turbinare: era piu cupa dell’indaco, piu profonda del nero; piu profonda della notte, della morte o dell’eternita.
Eppure era un’entita, un essere. Mentre si avvicinava, sentii la sua intelligenza e mi alzai in piedi per salutarla da uomo. Padroneggiai la mia paura, nascosi il mio tremore, e gridai severamente:
«Faro un Patto con te. La mia vita in cambio della distruzione di Elisabeth».
Dal centro di quella oscurita turbinante provenne una voce sottile, gentile.
«La mia anima», gridai, «in cambio della distrazione di Elisabeth!».
«Non diventero un Vampiro! Non prendero viventi o morti! Perche non mi puoi prendere come sono?».
L’oscurita comincio a svanire, a tornare indietro, a ritirarsi da me; di sotto, udii l’urlo terrorizzato di una donna. Per un terribile istante, credetti che fosse troppo tardi: che Elisabeth fosse diventata forte come l’Oscuro Signore.
«Benissimo!», bisbigliai con amarezza. «Saro un Vampiro… ma uno molto piu forte di Elisabeth, piu potente di lei… in cambio della mia anima. In cambio della sofferenza di tutto il mondo, se mi renderai capace di sconfiggerla».
Immediatamente, una sensazione di calma infinita e di accettazione mi invase e, quando l’oscurita flui sopra di me come le piu profonde acque dell’oceano, non provai paura. Quando, alla fine, mi inghiotti, mormorai:
«Se devo essere tuo, mostrami il tuo volto».
Al suo centro apparve un piccolo punto di luce dorata, che comincio a crescere…, sempre piu chiaro, sempre piu ampio, finche la sua radiosita scaccio tutta l’oscurita. Accecato, chiusi gli occhi. E, quando li riaprii, vidi, davanti a me, il mio amato mentore, Arminius.
«Ci incontriamo ancora, Abraham», disse, sorridendo. «Come ti ho detto molto tempo fa: esistono molti tipi di Vampiri… e io ne sono il capo».
La sua espressione si fece intenta, poi confusa, quindi frustrata, mentre mormorava: «Ci deve essere dell’altro!». Quindi lo allontano e lo rivolto tra le mani per esaminarlo piu da vicino, come a cercare una molla nascosta; poi tiro fuori ancora una volta il manoscritto e lo lesse con attenzione, attendendo un po’ nella speranza che sarebbe apparsa un’altra riga.
Infine, con un grido di rabbia, getto via il medaglione, con la chiave ancora attaccata, nel mucchio di ossa vicino ai miei piedi. Mi chinai e cercai di arrivare ad esse, ma non ci riuscii; la chiave era caduta tra gli strati di ossa e il medaglione stava a faccia in giu oltre la mia portata, cosi che non riuscivo nemmeno a voltarlo per vederne il contenuto.
Sopra di noi, un’improvvisa oscurita velo la volta: un’oscurita
Con un ringhio, Elisabeth si getto sul pavimento di scheletri, scavando tanto disperatamente per raggiungere gli oggetti caduti, da ignorare il manoscritto, che cadde accanto a lei.
«Non ne hai il diritto!», gridava all’oscurita. «Questo momento e
Esito nella sua rabbia farfugliante, comprendendo evidentemente che non c’era alcun modo per minacciare quell’entita. Con un urlo demoniaco, si volto per fuggire.
Ma non pote poiche, accanto a lei, c’era Bram, che riluceva di una luce interna molto piu forte della sua. Lei si mosse per oltrepassarlo e si scopri intrappolata tra l’oscurita e la luce di lui.
Io mi voltai stupefatta verso la colonna, e vidi al suo posto un bambino radiosamente bello. Nelle sue mani c’erano il manoscritto e il medaglione caduto, ed egli me li offri entrambi.
Li presi con reverenza, posai la pergamena luccicante, e feci scorrere le mie dita sul messaggio esterno del medaglione: ETERNA DIVINITA. Poi, come fosse un libro, aprii il cuore — lo aprii come se fosse il mio — e sui fogli interni lessi:
Cominciai a piangere poiche mi ricordai intensamente la sofferenza dei miei antenati, di mia madre e di mio padre, dei miei cari fratelli, di mio nipote e del suo piccolo figlio, di sua moglie, e quella di tutte le mie vittime e delle loro famiglie. Piansi e compresi profondamente il costo della paura e dell’avidita.
«Zsuzsanna», chiese dolcemente il bambino. «Capisci e accetti?».
Annuii, troppo colpita per parlare, e il bambino mi tese le mani e mi aiuto ad alzarmi.
«Un bacio, allora», disse. «Soltanto un bacio…».
Mentre mi chinavo per obbedire, egli scosse severamente la testa. Sentii che le sue mani crescevano e cambiavano dentro le mie e che la sua statura aumentava; i suoi riccioli d’oro diventavano bianchi e crescevano della lunghezza di decenni.
«Arminius», bisbigliai, alla qual cosa egli rispose, sorridendo:
«Tu non ti inchinerai a me».
Cademmo l’uno nelle braccia dell’altro, e ci abbracciammo.
Capitolo diciannovesimo
Anche Mina si e alzata presto ed e venuta nel nostro scompartimento mentre stavamo parlando. Quella donna e la piu coraggiosa che io conosca. Le ho detto subito che Art e io avevamo deciso d’inventare una storia sulla morte di Quincey: era stato uno degli zingari che gli aveva inflitto la ferita mortale. Il povero Harker e tornato a essere la persona piacevole che era, e trabocca di gioia nel vedere sua moglie libera dalla maledizione del Vampiro, ma non ricorda nulla degli eventi che accaddero dopo che fermammo il carro.
Lei e stata subito d’accordo che quella storia venisse raccontata da tutti, e io le assicurai che avrei scritto al