Matt si meraviglio nello scoprire che l’uomo era colto, aveva letto molto ed era disposto a parlare della sua vita e della sua professione. Sutcher aveva avuto una borsa di studio per la Penn State University, grazie alle sue doti di giocatore di football, ma si era rotto un ginocchio e aveva lasciato gli studi dopo il secondo anno. Per un certo tempo aveva venduto automobili e poi assicurazioni. Alla fine, grazie alla sua stazza e alla sua disponibilita a menare le mani, aveva trovato un impiego in un’agenzia che forniva guardie del corpo a divi del rock e di tanto in tanto anche a star del cinema. Viaggiava di continuo, ma aveva scelto una dimora nelle colline a ovest di Belinda come casa base, perche in quella zona la caccia e la pesca erano fantastiche e gli era sempre piaciuta la riservatezza. Era stato un caso che fosse in zona quando l’amico di Hal gli aveva telefonato.

L’arsenale di Sutcher era composto da una pistola infilata in una fondina da spalla appesa sopra una T-shirt nera a maniche lunghe e una specie di mitraglietta semiautomatica, che teneva con dimestichezza nella mano destra. Matt si chiese se avesse mai ucciso o sparato a qualcuno, ma di certo non glielo avrebbe mai domandato. Cio nonostante, si sentiva molto piu fiducioso e sicuro sapendo che quell’uomo li accompagnava.

Ci misero mezz’ora per raggiungere il crepaccio lungo un sentiero mal definito. Hal, tuttavia, conosceva la strada e guido in silenzio la processione in fila indiana. Carabetta seguiva Hal, poi venivano Nikki, Matt e infine Sutcher.

«Sono veramente felice che tu sia qui», disse Matt a Nikki, mentre avanzavano a fatica.

«Sei molto carino quando parli cosi», gli mormoro lei.

Sebbene tutti avessero torce elettriche, solo Hal accendeva la sua e solo quando era necessario. La notte senza nuvole era rischiarata da una argentea luna gibbosa sufficientemente splendente da illuminare il sentiero. Il gruppo attraverso il largo torrente che ora Matt conosceva bene e senza alcuna difficolta raggiunse il crepaccio.

«Ebbene, dottore», disse Hal, «Ora tocca a te. Facci entrare e facci uscire.»

«Ricevuto», rispose Matt, ponendosi alla testa della fila. «Fred, perche non sta dietro di me? Ci sono alcune strettoie e un punto dove dovremo strisciare per un paio di metri, ma sono certo che ce la fara.»

«Mio Dio», gemette Carabetta, «nessuno mi aveva mai parlato di dover strisciare sulla pancia.»

«Continui a pensare a tutti quei soldi e agli encomi che ricevera. La renderanno piu magro. Avanzeremo anche lungo alcuni strapiombi. Lei non ci faccia caso.»

«Oh, Cristo», impreco Carabetta.

Per Matt, la seconda camminata nel tunnel stretto e umido fu decisamente piu facile della prima. Avanzava silenziosamente e con una certa sicurezza malgrado, di tanto in tanto, dovesse prendere per mano un Carabetta che bestemmiava sottovoce per fargli superare un salto o attraversare una sporgenza. La claustrofobia di Matt fu meno pesante di quanto aveva previsto, forse grazie alla familiarita con la via o perche era distratto, dovendo guidare gli altri.

Con sorprendente facilita, Carabetta supero lo stretto passaggio che tutti dovettero percorrere carponi. Davanti a uno ancora piu stretto, tuttavia, si rifiuto di andare avanti.

«Basta, cazzo», impreco facendosi sentire da tutti. «Qui mi fermo e lei puo tenersi i suoi dannati soldi.»

«Fred, forza», lo esorto Matt. «Puo farcela. E dopo circa tre metri potra raddrizzarsi. Al ritorno prenderemo altri sentieri meno stretti.» A patto che riesca a trovarli.

«Niente da fare. Io resto qui.»

«Signor Carabetta, venga a parlare con me», ingiunse con voce rauca Vin Sutcher.

Senza mettere in discussione l’ordine, Carabetta passo accanto a Hal e Nikki e affronto il gigante. Sutcher si chino e gli sussurro qualcosa nell’orecchio. Anche in quella galleria quasi buia, Matt credette di vedere Carabetta impallidire.

«D’accordo», disse, fermandosi a meta frase per schiarirsi la gola, «ma se temessi di rimanere incastrato, io torno indietro.»

«Che gli ha detto?» chiese Matt a voce bassa a Sutcher, dopo che tutti e cinque avevano superato la bassa fenditura senza grosse difficolta.

«Gli ho detto che, se non andava avanti, gli avrei strappato il braccio», rispose la guardia del corpo, senza un minimo di umorismo.

«Molto efficace.»

Ora, per la prima volta, Matt colse il pungente odore della discarica di prodotti chimici. Erano trascorsi quattro giorni da quando lui e Lewis erano entrati nella caverna, un tempo con ogni probabilita non sufficiente per svuotarla anche se Armand Stevenson avesse deciso di farlo. Assoldare killer e corrompere funzionari era molto meno costoso e molto piu efficace, specialmente con il capo della polizia sul libro paga. Matt si ritrovo per un attimo a chiedersi chi fosse la persona — un uomo, pensava — che aveva infilato il biglietto sulla discarica sotto la sua porta. Qualsiasi fosse stata la molla contro la BC C che aveva spinto lo sconosciuto a scrivergli, ora sarebbe scattata.

«Lo sentite?» mormoro.

«Oh, si», rispose Nikki.

«Toluene», giudico Carabetta. «Toluene e forse creosoto.»

«Tenete pronte le macchine fotografiche», ordino Hal. «Signor Sutcher, prenda per favore il suo posto.»

«Con piacere», rispose Sutcher, stringendo il mitra ancora di piu.

«Avanti diritto», disse Matt. «Tenete il piu possibile spente le torce elettriche e bassa la voce. Qualsiasi problema verra dall’entrata opposta.»

Cautamente, con Sutcher in testa e Hal che chiudeva la fila, la colonna attraverso lo stretto, tetro tunnel, seguendo l’odore sempre piu forte dei prodotti chimici.

«La», esclamo Matt.

Davanti a loro, non molto distante, una fioca luce grigia forava l’oscurita.

«Andate avanti», li esorto Sutcher. «Io staro all’erta.»

Matt guido il gruppo nella caverna. Il fiume sotterraneo, l’enorme piramide tridimensionale di bidoni, che si alzava per sei metri o piu, lo sgradevole, nauseante odore dolciastro, l’apparecchio di protezione appeso lungo una parete rocciosa, tutto sembrava uguale a come l’avevano visto pochi giorni prima lui e Lewis. Usando la torcia, indico a Carabetta di avvicinarsi e fece strada lungo il perimetro prima a lui, poi a Nikki.

«Bene», ordino Matt, «facciamo alcune foto e prendiamo alcuni campioni.»

«Rutledge», esclamo Carabetta, indicando oltre i bidoni, «che c’e laggiu?»

Matt non ebbe il tempo di rispondere. Con un rombo assordante, una luce brillante e una forza mai vista prima di allora, le due entrate della caverna esplosero simultaneamente. Immediatamente, tutto lo spazio si riempi di fumo acre e di polvere soffocante. Massi grossi come automobili e pietre di ogni genere volarono in giro. Scagliato di lato, Matt sbatte malamente contro la parete. Crollo a terra mentre la polvere gli riempiva i polmoni. Su di lui piovvero sassi. Un masso grosso come una palla da pallacanestro gli cadde sulla schiena. Altri pezzi gli seppellirono le gambe e gli colpirono le braccia con tanta forza da frantumare ossa.

In pochi istanti, le esplosione finirono. La caverna completamente buia si riempi di sedimento soffocante e dell’odore delle sostanze chimiche che uscivano dai bidoni. Matt rimase a terra, la faccia mezzo sepolta nel pietrisco. Riusciva a inspirare un po’ d’aria solo premendo la bocca e il naso contro la camicia. Le orecchie gli ronzavano tremendamente e senti che perdeva sangue dal naso. Poi, nell’oscurita, penso di sentire un lamento.

«Nikki?» grido, ma le corde vocali coperte di terra riuscirono a emettere appena un gracidio.

Tossi, sputo, quindi tossi di nuovo, finche non gli parve di avere eliminato un po’ di terra dalla gola. Noto anche che il dolore alla schiena era si forte, ma non l’aveva reso inabile. Probabilmente era solo coperto di lividi. Si frego il naso con la mano. Non era rotto, ma stava decisamente sanguinando. Quanto, difficile dirlo. Rapidamente si esamino le braccia, che gli parvero intatte, le gambe, che erano completamente sepolte sotto molti chili di pietre.

«Nikki?» grido di nuovo.

«Matt?»

Penso di avere sentito la sua voce, debole e tesa, da qualche parte alla sua sinistra, ma non ne era certo. I timpani lesi smorzavano il suono, ma la mancanza di un intenso dolore lo indusse a credere che, benche le membrane e gli ossicini fossero gonfi e contusi, i timpani non erano stati lacerati. Doveva essere stata la voce di Nikki.

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