male per davvero. Come ha fatto a trovarmi?»
Ellen visualizzo la nipotina, addormentata nella sua camera da letto mentre quel mostro la fotografava.
«Mi sono messa sottovento e ho annusato», rispose. «Poi ho seguito l’odore ed eccomi qui.»
Senza esitare, Sutcher la colpi, uno schiaffo a mano aperta che la fece girare su se stessa e rotolare giu per il pendio come una bambola di pezza. Contusa e sanguinante, si fermo a meta strada del vialetto, sulla pancia, le braccia e le gambe divaricate, la guancia tagliata schiacciata contro un pezzo di cemento. Era desta e vigile, ma tanto dolorante che, per qualche strano motivo, non sentiva affatto male. Rimase immobile, gli occhi chiusi. Che sarebbe successo ora? Dall’alto, mentre Sutcher discendeva il pendio verso di lei, pote sentire i suoi grugniti e l’acciottolio delle pietre.
Socchiuse gli occhi. Sotto la mano destra vi era una sottile stecca di legno, lunga una novantina di centimetri, dalla cui estremita sporgeva un chiodo, lungo cinque centimetri, forse anche sei. Avrebbe perso contro quel mostro, era un dato di fatto, ma non senza avere tentato di fargli prima del male. Muovendo solo le dita, le serro attorno al legno. La sua unica possibilita, se ve ne era una, era quella di colpirlo al volto e sperare di prendere un occhio. Il suo odio per quell’uomo era tale che l’idea di accecarlo non la ripugno.
Il suo respiro affaticato si stava avvicinando. Penso di averlo sentito incespicare almeno una volta.
«Forza, girati», disse, infilando sotto di lei la punta dello stivale.
Ellen gli permise di capovolgerla quasi del tutto, prima di completare per lui l’azione. Con un grido acuto, rotolo sulla schiena e nello stesso tempo roteo la sua arma. Il chiodo penetro fino in fondo nella guancia di Sutcher, meno di due centimetri sotto l’occhio. Lui grido un’oscenita e traballo all’indietro, tentando di afferrare il pezzo di legno. Proprio mentre lo tirava via, cadde pesantemente e rotolo giu per lo scosceso pendio ricoperto di macerie. Ellen balzo in piedi prima che lui arrivasse al vialetto e, senza badare al dolore delle numerose ferite, si arrampico su per il pendio.
«Maledetta! Ti uccidero!» grido Sutcher. «Sei gia morta!»
Anche se lui avesse avuto la chiave della jeep in tasca, non sarebbe mai riuscito a prenderla prima che lei arrivasse alla sua macchina. Inciampando, correndo, prendendo fiato, attraverso di corsa il prato terroso. Pochi attimi prima di raggiungere la Taurus, venne colta dal timore che lui le avesse sgonfiato uno pneumatico o le avesse reso inutilizzabile l’auto in qualche altro modo. Tutto bene. Avere girato l’auto prima di andarsene era stata l’unica idea brillante in un pomeriggio colmo di sciocchezze. Riusci in qualche modo a salire in macchina e pochi secondi dopo s’immetteva con una derapata sulla strada.
Con gli occhi che saettavano dalla stretta strada allo specchietto retrovisore e ritorno, affronto la strada sterrata quanto piu rapidamente possibile. Avvicinandosi alla fine di quella strada, oso tirare fuori dalla borsa il cellulare. Pregando di trovarsi a portata di un ripetitore, compose il numero che le aveva dato Bill Grimes e rimase sorpresa nel sentire immediatamente la sua voce.
«Signora Kroft, quello che ha fatto non e stata una cosa molto saggia», commento Grimes dopo che lei gli ebbe fatto un rapido riassunto della situazione.
Dimmi qualcosa che non so, penso. «Credo mi stia inseguendo», disse. «Che devo fare?»
«Sono su un’auto della polizia», rispose lui. «Lei continui a guidare il piu rapidamente possibile finche non mi vedra arrivare dalla parte opposta, quindi accosti e si fermi. Terro acceso il lampeggiatore, per cui mi riconoscera.»
«Oh, grazie.» Ellen senti il battito del polso calare al di sotto dei mille.
«Tutto bene, signora Kroft. Lei ha fatto una cosa veramente stupida, ma fortunatamente sta bene. Ora prendo io il comando. Lei tiri un profondo respiro e lo esali lentamente. Ora e al sicuro.»
«No! Assolutamente no! C’e un bebe che sta dormendo qui. Ora andatevene, per favore. Basta interviste.»
Don Cleary sbatte la porta e torno nell’appartamento, imprecando contro la porta a pianoterra con serratura e il sistema di sicurezza con cicalino che da un anno almeno non funzionavano piu. Dannazione, penso, sara bellissimo andarsene da quel quartiere di case popolari una volta per tutte.
«Altri giornalisti?» domando Sherrie sonnolenta, dal suo cantuccio sul divano.
«Sono stipati sulle scale come conigli e ci sono troupe televisive sul marciapiede.»
Lui, Sherrie, sua suocera e alcuni amici avevano guardato il programma televisivo sull’Omnivax, avvisati da una certa Tricia dell’ufficio di Lynette Marquand. Come la donna aveva promesso, per proteggere, almeno per il momento, la loro privacy, i loro nomi non erano stati diffusi. Naturalmente, dopo l’iniezione, le cose sarebbero cambiate. Su questo non avevano dubbi. La signora Marquand, aveva detto Tricia, fornira loro volentieri una persona che li avrebbe aiutati ad affrontare la stampa e li avrebbe avvantaggiati economicamente in ogni possibile modo, e di certo ci sarebbero state molte offerte.
Poi, solo un’ora o poco piu dalla fine del programma, il telefono aveva iniziato a squillare. Nessuno di coloro che chiamavano sembrava sapere esattamente come aveva ottenuto il numero di telefono dei Cleary o il nome di Donelle. All’inizio, lui e Sherrie si erano sentiti eccitati. Avevano rilasciato un’intervista registrata a un reporter di una stazione televisiva di Washington e permesso a un fotografo del
Nella sua culla accanto al divano, Donelle comincio a piangere.
«Dannazione, l’ho svegliata», impreco Don. «Scusami, tesoro.»
Corse alla culla, prese in braccio il prezioso fagotto e si sedette vicino alla moglie. Il piagnucolio della piccola si arresto immediatamente. I suoi occhi scuri si spalancarono e parvero fissarsi sul suo volto.
«Ti sta guardando?» chiese Sherrie. «Che civetta.»
«Gia, proprio come sua madre.»
«Smettila! Donny, guarda, non e perfetta?»
«Si.»
«Cosa pensi diventera? Una ballerina? O… o un medico? O forse un’atleta famosa?»
«Non lo so e non m’importa», rispose Don. «In verita, c’e un’unica cosa che voglio che sia.»
«Che cosa?»
«Sana.»
In un angolo, il telefono riprese a squillare.
30
Erano le dieci e mezzo di sera quando Fred Carabetta arrivo a casa di Hal, una villa rustica ma costosa con una decina di camere da letto, tre caminetti in pietre raccolte nei campi e una rimessa per barche edificata in cima a un’alta sporgenza sopra un lago naturale lungo otto chilometri. Matt e Nikki lo osservarono dalla finestra della cucina fare uscire la sua considerevole stazza da quella che sembrava una Cadillac.
«Carabetta e arrivato», grido Matt. «In alcuni di quei tunnel passera a fatica, ma penso che ce la fara.»
Hal entro in cucina, la custodia di una macchina fotografica appesa a un braccio e un fucile stretto nell’incavo del gomito dell’altro. Tutto vestito di nero, come aveva consigliato Matt, era visibilmente eccitato, ma, avesse provato anche solo un po’ di paura e tensione, queste le nascondeva bene. Conoscendo il senso d’avventura dello zio, Matt non se ne stupi affatto.
«E con Freddy siamo in quattro», disse Hal allegramente. «Il nostro uomo della sicurezza dovrebbe arrivare a momenti. Con l’arma che portera lui, piu la mia vecchia Occhio di Falco e la tua pistola, dovremmo essere meglio equipaggiati di quanto fossi stato tu quando sei entrato nel deposito con Lewis Slocumb, entrambi disarmati.»
«Credimi, sono molto piu bravo a correre che a sparare. Speriamo che non. succeda niente. E stato un caso che le guardie abbiano fatto il loro giro in quel momento. Sono entrate nella caverna senza immaginare che