andare direttamente da Truis a protestare, ma mi resi presto conto che sarebbe stato inutile e che, dato che la mia protettrice Nioll aveva deciso di lasciare Glin per liberarsi di me, non avevo alcuna speranza in quella direzione. Ero solo a Glain, con l’inverno alle porte, senza lavoro, in una terra straniera. La mia alta nascita mi era piu dannosa che utile.

Ma mi aspettavano dei colpi ancora piu duri.

Quando mi presentai alla Banca del Comandamento di Glin per ritirare del denaro di cui avevo bisogno per vivere, venni a sapere che il mio conto era stato sequestrato su richiesta del Gran Tesoriere di Salla, che stava facendo delle indagini sulla possibilita di un trasferimento illegale di capitali fuori della sua provincia. Protestando violentemente e agitando il mio passaporto reale, riuscii a farmi dare denaro sufficiente per il cibo e l’alloggio di una settimana. Il resto del mio capitale potevo considerarlo perduto, dato che non avevo lo stomaco necessario per i ricorsi e le manovre che avrebbero potuto farmelo riavere.

In seguito venne a trovarmi all’albergo un diplomatico di Salla, uno sciacallo di sottosegretario che mi ricordo, con molte genuflessioni e formule di rispetto, che presto avrebbero avuto luogo le nozze di mio fratello e che ero atteso per fare il testimone d’anello.

Sapendo che non avrei piu potuto lasciare Citta di Salla se mi fossi messo nelle mani di Stirron, gli spiegai che affari urgenti mi avrebbero trattenuto a Glain nel periodo delle nozze, e gli chiesi di esprimere all’Eptarca il mio piu profondo rammarico. Il sottosegretario incasso con grazia professionale, ma non mi fu difficile intravvedere sotto la sua maschera un lampo di selvaggio piacere: mi stavo comprando un bel po’ di guai, si diceva, e lui mi avrebbe aiutato volentieri a concludere il contratto.

Dopo quattro giorni, l’albergatore venne a dirmi che non potevo rimanere all’albergo, perche il mio passaporto era stato revocato e io non avevo stato legale a Glin.

Era impossibile. Un passaporto reale come il mio e valido per tutta la vita in tempo di pace, e in quel momento non c’era nessuna guerra tra Salla e Glin. L’albergatore scrollo le spalle; mi mostro la nota che aveva ricevuto dalla polizia che gli intimava di mettere alla porta quello straniero senza stato civile, e mi suggeri, se avevo obiezioni da fare, di rivolgermi all’ufficio del servizio civile di Glin piuttosto che a lui, che non poteva far nulla. Mi sembrava poco saggio presentare un appello del genere. L’ordine di espellermi non era certo stato una svista, e se mi fossi presentato in un ufficio governativo, probabilmente mi avrebbero arrestato e portato a forza al di la dell’Huish per consegnarmi nelle mani di Stirron.

D’altra parte l’arresto mi sembrava la prossima mossa probabile, e cominciai a chiedermi come avrei potuto evitarlo. In quel momento sentii veramente la mancanza del mio fratello e della mia sorella di legame: a chi altro avrei potuto rivolgermi per aiuto e consiglio? A Glin non c’era nessuno cui potessi dire: — Si ha paura, si e in grave pericolo, si chiede aiuto. — Una regola di pietra poneva tra me e gli altri un muro insormontabile. In tutto il mondo c’erano solo due persone con cui potessi confidarmi, ed erano lontane. Dovevo trovare da solo una via di scampo. Sarei fuggito, decisi. L’albergatore mi concesse qualche ora per prepararmi. Mi feci la barba, scambiai il mio mantello regale con gli abiti dimessi e consunti di un ospite dell’albergo che aveva piu o meno la mia taglia, e impegnai il mio anello da cerimonia. Feci un fagotto col resto della mia roba, lo misi sulla schiena a mo’ di gobba e uscii dall’albergo zoppicando con un occhio chiuso e con la bocca contratta da un lato. Non so se quel travestimento poteva ingannare qualcuno, comunque fuori non c’era nessuno ad attendermi per arrestarmi; cosi sfigurato mi incamminai per uscire da Glin sotto una pioggia fredda e sottile che presto si muto in neve.

17

Fuori della porta nordoccidentale di Glain (perche era li che mi avevano portato i miei passi) un pesante camion venne rombando verso di me, e passando con le ruote in una pozzanghera di fango semigelato, mi spruzzo abbondantemente. Mi fermai per scuoter via dai calzoni quella roba ghiacciata; anche il camion si fermo e il guidatore balzo a terra esclamando: — Sono necessarie delle scuse, qui. Non era inteso certo inondarvi in questo modo!

Quella cortesia mi meraviglio tanto che mi ersi in tutta la mia altezza e rilasciai le smorfie che mi deturpavano le sembianze. Evidentemente il guidatore mi aveva preso per un vecchio debole e storpio: rimase stupefatto dinnanzi alla mia trasformazione e scoppio a ridere forte. Io non sapevo cosa dire. Mentre rimanevo li muto, a bocca aperta, l’uomo dichiaro: — C’e un posto, sul camion, se dovete andare, o se ne avete voglia.

Mi venne una luminosa fantasia: mi avrebbe portato fino alla costa, la sarei salito su un vascello mercantile diretto a Manneran, e in quella felice terra tropicale mi sarei affidato al padre della mia sorella di legame, ponendo cosi fine a tutti i miei tormenti.

— Dove siete diretto? — chiesi.

— Verso Sud Ovest, nelle montagne.

Era ben lontano da Manneran. Accettai ugualmente il passaggio. Non mi offri un contratto di responsabilita definite, ma lasciai correre. Per qualche minuto non parlammo: mi accontentavo di ascoltare il rumore delle ruote sulla strada coperta di neve e di pensare alla distanza sempre maggiore che mi separava dalla polizia di Glain.

— Siete straniero? — chiese alla fine.

— Si. — Temendo che si allarmasse sapendo che ero di Salla, decisi, un po’ in ritardo, di adottare la dolce e musicale parlata dei meridionali, che avevo imparato da Halum, sperando che non si ricordasse che fino a quel momento avevo parlato con accento sallano. — Viaggiate con un nativo di Manneran, che trova il vostro inverno strano e insopportabile.

— Cosa vi ha portato a Nord?

— La sistemazione del patrimonio della propria madre, che era di Glin.

— Gli avvocati vi hanno trattato bene?

— Tutto il suo denaro si e sciolto nelle loro mani, non e rimasto nulla.

— La solita storia. Siete a corto di soldi, eh?

— Completamente — ammisi.

— Bene, bene, si puo capire la vostra situazione, perche ci si e trovati. Forse puo esser fatto qualcosa per voi.

Mi resi conto dal suo modo di parlare, dalla sua riluttanza ad usare la costruzione passiva di Glin, che anche lui doveva essere straniero. Girandomi verso di lui dissi: — Si e nel giusto se si pensa che nemmeno voi siete di queste parti?

— Si.

— Il vostro accento e poco familiare. Qualche provincia occidentale?

— Oh, no, no.

— Salla, forse?

— Manneran — disse e scoppio a ridere di cuore; riparo lui adesso alla mia vergogna e alla mia confusione dicendo: — Il vostro accento e buono, amico, ma non e necessario che vi sforziate ancora.

— Non si sente l’inflessione di Manneran, nel vostro linguaggio — mormorai.

— Si e vissuti tanto a lungo a Glin — disse, — che la voce e diventata una zuppa di accenti.

Non l’avevo ingannato neppure per un momento, ma non aveva nemmeno tentato di mettere in chiaro la mia identita, e sembrava non curarsi affatto di chi ero e di dove venivo. Chiacchierammo per un po’. Mi disse che possedeva una segheria nella parte nordoccidentale di Glin, a meta strada, sui fianchi degli Huishtor, dove crescono gli alti alberi-miele dagli aghi gialli: prima che molto tempo fosse passato, mi stava offrendo un posto di tagliaboschi nel suo campo. La paga era misera, disse, ma si respirava aria pulita, non si vedevano mai ufficiali governativi e cose come passaporti e certificati di stato non avevano alcuna importanza.

Ovviamente, accettai. La sua proprieta era in un posto splendido sopra uno scintillante lago di montagna che non gelava mai perche era alimentato da una corrente calda la cui sorgente si diceva fosse profonda sotto le Terre Basse Bruciate. I tremendi picchi ricoperti di neve degli Huishtor incombevano su di noi e non lontano c’era il Passo di Glin, attraverso il quale si puo andare da Glin alle Terre Basse Bruciate, passando per un freddissimo angolo delle Terre Basse Gelate.

C’era un centinaio d’uomini a lavorare li; erano rozzi, sboccati, gridavano continuamente «io» e «me» senza vergogna, ma erano onesti e grandi lavoratori. Non avevo mai avvicinato gente di quel tipo, prima. Il mio piano era di rimanere tutto l’inverno, mettere da parte la paga e andare a Manneran non appena avessi avuto denaro

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