— Vi rendete conto che ci sono dei rischi? Non abbiamo nessuna esperienza di questa droga. E pericoloso.
— Lo so — dissi.
— Capite anche che lo fate di vostra spontanea volonta, senza alcuna coercizione?
Dissi: — Perche quest’indugio, Schweiz? Tirate fuori la bevanda.
— Ci si vuol assicurare che Vostra Grazia e veramente disposto ad affrontare le conseguenze, quali esse siano.
Con pesante sarcasmo dissi: — Dovremmo forse stendere un regolare contratto che vi liberi da ogni responsabilita, nel caso che piu in la vi si volesse querelare per danni?
— Se volete, Vostra Grazia, ma non sembra una cosa necessaria.
— Non si parlava seriamente — dissi. Ero inquieto. — Puo essere che anche voi stiate diventando nervoso Schweiz? Che abbiate dei dubbi?
— E un passo ardito, quello che stiamo per fare.
— E facciamolo, dunque, prima che il momento passi! Portate la droga, Schweiz, portate la droga.
— Si — disse, e mi dette una lunga occhiata, gli occhi fissi nei miei; batte le mani con l’allegria di un bimbo e rise, trionfante. Mi resi conto di come mi aveva manovrato: adesso ero io a pregare per avere la droga! Che diavolo! Che diavolo!
Dalla sua borsa da viaggio tiro fuori il pacchetto di polvere bianca. Mi disse di procurare del vino e io ordinai dalla cucina due boccali di Mannerangi dorato freddo: egli verso meta del pacchetto nel mio e meta nel suo. La polvere si sciolse quasi all’istante: per un attimo lascio una traccia torbida e grigia e poi spari. Afferrammo i nostri boccali: ricordo di aver guardato Schweiz dall’altra parte del tavolo e di avergli rivolto un rapido sorriso. Piu tardi, egli lo descrisse come il pallido, tremulo sorriso di una vergine timida sul punto di allargare le gambe. — Deve andar giu tutto in un sorso — disse Schweiz. Inghiotti il suo vino ed io inghiottii il mio; poi mi appoggiai all’indietro, pensando che la droga avrebbe avuto un effetto immediato. Avvertii un leggero giramento di testa, ma era solo il vino che faceva effetto nel mio stomaco vuoto. — Quanto ci vuole, prima che cominci? — chiesi. Schweiz alzo le spalle. — Ci vorra ancora un po’ — rispose. Aspettammo in silenzio. Facendo esperimenti per conto mio, tentai di costringere la mia mente ad uscir fuori, a incontrare la sua, ma non sentii nulla. I suoni della camera ridivennero amplificati: lo scricchiolio delle tavole del pavimento, il ronzio degli insetti fuori della finestra, la piccola vibrazione della forte luce elettrica. Potete spiegarmi — dissi con voce roca, — in che modo si crede funzioni questa droga? — Schweiz rispose: — Vi si puo dire solo quello che si e sentito, cioe che in tutti noi, fin dalla nascita, esiste la capacita, allo stato potenziale, di unire la mente ad un’altra; soltanto che con l’evoluzione abbiamo sviluppato nel sangue una sostanza chimica che inibisce questo potere. Pochissimi nascono senza l’inibitore e questi hanno il potere di leggere nella mente; ma la maggior parte di noi non potra mai raggiungere questa silenziosa comunicazione se non quando, per una ragione o per l’altra, la produzione di quest’ormone cessa da se stessa e le nostre menti possono schiudersi per un poco. Cio viene spesso scambiato per pazzia. Dicono che questa droga di Sumara Borthan neutralizzi l’inibitore, almeno per un breve periodo di tempo, e permetta di prendere contatto gli uni con gli altri come faremmo normalmente se non avessimo nel sangue quella sostanza ad impedircelo. Per lo meno, questo e quel che si e sentito. — Dissi: — Allora potremmo essere tutti superuomini, se non fossimo limitati dalle nostre stesse ghiandole? — E Schweiz rispose, tra grandi gesti: — Forse ci furono delle buone ragioni biologiche per sviluppare una simile protezione contro i nostri stessi poteri. Eh? O forse no. — Si mise a ridere. Aveva il volto molto arrossato. Gli chiesi se credeva davvero alla storia di un ormone-freno e di una droga liberatrice, ed egli rispose che non aveva elementi per giudicare. — Sentite ancora niente? — chiesi. — Soltanto il vino — disse. Aspettammo e aspettammo. Forse non fara niente, pensavo, forse avro una dilazione. Aspettammo. Finalmente Schweiz disse: — Puo darsi che ora cominci.
35
Cominciai con l’avvertire, esaltato, il funzionamento del mio stesso corpo: il tud-tud del cuore, il battere del sangue contro le pareti delle arterie; i movimenti dei fluidi nel profondo delle orecchie, il danzare dei corpuscoli attraverso il mio campo visivo. Divenni enormemente ricettivo agli stimoli esterni, alle correnti d’aria che mi sfioravano le guance, allo strofinio di una piega della vestaglia sulla coscia, alla pressione del pavimento contro la pianta del mio piede. Sentii un rumore poco familiare, come di acqua che cadesse attraverso una gola distante. Persi contatto con cio che mi circondava perche man mano che le mie percezioni si acuivano, la loro portata si restringeva, e, non riuscendo a distinguere nulla con chiarezza, finii per trovarmi nell’incapacita di riconoscere la forma della stanza. Era come se fossi in uno stretto tunnel, alla cui estremita si trovava Schweiz: oltre i lati del tunnel c’era solo nebbia. Ero spaventato, e cercai di schiarirmi le idee come quando si e bevuto troppo vino; ma piu mi dibattevo per tornare ad una normale percezione delle cose, piu la velocita del mutamento aumentava. Entrai in uno stato di luminosa ubriachezza, raggi brillanti di luce colorata mi passavano davanti alla faccia ed ero ormai sicuro d’aver bevuto alla sorgente di Digant. Avvertii una sensazione veloce, come di aria che si muovesse rapidamente contro le mie orecchie. Sentii un suono alto, come un gemito, che all’inizio era appena percettibile ma che continuo a salire in un crescendo fino a diventare come palpabile, a riempire la stanza, a farla traboccare; ma non era doloroso. La sedia sotto di me batteva e pulsava con un ritmo regolare che sembrava in armonia con qualche paziente pulsazione del nostro stesso pianeta. Poi, senza che mi fossi reso chiaramente conto d’aver varcato un confine, mi accorsi che da qualche tempo le sensazioni si erano raddoppiate: percepivo ora un secondo battito cardiaco, un secondo flusso di sangue entro le vene, un secondo gorgoglio di intestini. Ma non era un semplice raddoppiarsi, perche i ritmi erano differenti, e creavano complessi giochi sinfonici con i ritmi del mio corpo, percussioni cosi intricate che la mia mente veniva meno nel tentativo di seguirle. Cominciai a dondolarmi a tempo con quei ritmi, a battermi le mani sulle cosce, a schioccare le dita, e guardando attraverso il mio tunnel visivo vidi Schweiz che anche lui si dondolava, batteva le mani e schioccava le dita. Capii a chi appartenevano quei ritmi che ricevevo. Eravamo incatenati insieme. Cominciava a diventarmi difficile distinguere il battito del suo cuore da quello del mio ed a tratti, guardandolo dall’altra parte del tavolo, vedevo la mia stessa faccia, arrossata e distorta. Sentii che la realta si disfaceva, che i muri e i freni crollavano: non riuscivo a conservare la percezione di Kinnall Darival come individuo, non pensavo in termini di
Rimasi a lungo in quello stato, fino a quando cominciai a pensare che l’effetto della droga stesse scemando. I colori divennero meno brillanti, percepivo la stanza in modo piu realistico, potevo di nuovo distinguere il corpo e la mente di Schweiz dai miei. Invece di sentirmi sollevato, adesso che il peggio era passato, mi sentivo deluso, dato che non avevo raggiunto quella fusione di anime che Schweiz mi aveva promesso.
Ma sbagliavo.
Il primo selvaggio irrompere della droga era cessato, si: ma soltanto allora cominciavamo a raggiungere la vera comunione. Schweiz ed io eravamo separati e nello stesso tempo uniti. Era quello il vero rivelarsi. Vidi la sua anima spiegarsi di fronte a me come su di un tavolo, come se io potessi avvicinarmi a quel tavolo per esaminare le cose che c’erano sopra, prendere in mano quell’utensile, quel vaso, quegli ornamenti e studiarli da vicino quanto volevo.
Qui c’era il volto indistinto della madre di Schweiz, qui un pallido e turgido seno venato d’azzurro che terminava con un enorme capezzolo rigido. Qui c’erano delle rabbie di bambino, qui i ricordi della Terra. Attraverso gli occhi di Schweiz vidi la madre dei mondi maltrattata e incatenata, sfigurata e scolorata. La bellezza brillava attraverso quell’orrore. Questo era il posto dove era nato, questa citta sconvolta, queste erano le strade vecchie diecimila anni, queste erano le rovine degli antichi templi. Qui c’era il nodo del primo amore, qui le delusioni e le partenze. Tradimenti, qui. Confidenze, qui. Crescita e cambiamenti. Corruzione e disperazione. Viaggi. Fallimenti. Seduzioni. Confessioni. Vidi i soli di cento mondi.
E passai attraverso gli strati dell’anima di Schweiz, incontrando i sudici strati dell’ingordigia, i massi dell’imbroglio, le pieghe oleose della malizia, le zolle fradice dell’opportunismo. Qui c’era l’incarnazione di se stesso. Qui c’era un uomo che viveva esclusivamente per se stesso.
Ma non mi tirai indietro, alla vista di quel lato oscuro di Schweiz.
Guardavo al di la di queste cose. Vidi la nostalgia, la fame di Dio nell’uomo, Schweiz solo su un piano lunare, i piedi piantati su un nero cornicione di roccia, sotto un cielo di porpora, annaspare, con le braccia disperatamente