Simon.
Poi entro un servo ad accendere le lampade e le creature si dileguarono per lasciare il posto alle ombre perfettamente innocue in agguato negli angoli della stanza.
In un’epoca del recente passato qualcuno aveva deciso di ravvivare gli antichi corridoi dell’Universita dipingendoli, spinto dalla vaga nozione che l’Istruzione Dovrebbe Essere Divertente. Non aveva funzionato. Nell’intero universo e un fatto risaputo che, per quanto i colori siano scelti con cura, la tinteggiatura istituzionale finisce per essere o verde vomito, marrone innominabile, giallo nicotina oppure rosa acceso da strumento chirurgico. Per un processo di affinita poco conosciuto, i corridoi dipinti in quei colori
Da qualche parte nei corridoi suono un campanello. Esk salto giu leggera, afferro la scopa e si mise a spazzare con impegno mentre le porte si spalancavano e i corridoi si riempivano di studenti. Che la superavano sciamando da entrambi i lati, come l’acqua intorno a una roccia. Per pochi minuti regno una confusione estrema. Poi le porte si richiusero, i passi dei piu pigri risuonarono in lontananza, ed Esk si ritrovo sola.
Desidero, e non per la prima volta, che la verga potesse parlare. Le altre domestiche erano abbastanza cordiali, ma era impossibile
La bambina stava arrivando alla conclusione che avrebbe dovuto imparare a leggere. In questa faccenda del leggere stava la chiave dell’arte dei maghi, che era imperniata tutta sulle parole. Per i maghi, i nomi erano lo stesso delle cose: cambiando il nome, si cambiava la cosa. O almeno, cosi le pareva…
Leggere. Questo voleva dire la biblioteca. Simon aveva detto che conteneva migliaia di libri. E fra tutte quelle parole, ce ne dovevano essere una o due che lei fosse in grado di leggere. Esk si mise la verga in spalla e si diresse con aria risoluta all’ufficio della signora Whitlow.
Era quasi arrivata, quando una parete disse: — Pss! — Esk la fisso a occhi spalancati e quella si rivelo essere la Nonnina. Non che la Nonnina fosse capace di rendersi invisibile. Ma aveva il talento di confondersi alla vista cosi da non farsi notare.
— Come te la passi, allora? — le domando la Nonnina. — Come va con la magia?
— Che ci fai qui. Nonnina? — chiese la bimba a sua volta.
— Sono stata dalla signora Whitlow a predirle il futuro. — La vecchia alzo con una certa soddisfazione un pacco di vecchi indumenti. Ma il sorriso le mori sulle labbra sotto lo sguardo severo di Esk.
— Be’, in citta le cose sono diverse. La gente di citta si preoccupa sempre dell’avvenire, dipende dal fatto che mangiano cibo non naturale. — Resasi a un tratto conto del suo tono querulo, aggiunse: — E comunque, perche non dovrei predire la fortuna?
—
— Chi non spreca, non si trova nel bisogno — sentenzio la Nonnina. Aveva trascorso tutta la vita basandosi sul principio dei vestiti vecchi e non intendeva permettere che la sua temporanea prosperita le facesse cambiare idea. — Ti danno abbastanza da mangiare?
— Si. Nonnina, quanto all’arte dei maghi, non sono altro che parole…
— Sempre detto che era cosi — dichiaro la vecchia.
— No, voglio dire… — La Nonnina la interruppe con un gesto irritato della mano.
— In questo momento, non ho tempo per roba del genere — dichiaro. — Ho delle grosse ordinazioni da consegnare prima di notte. Se va avanti cosi, dovro addestrare qualcuno. Non puoi venire a trovarmi quando hai un pomeriggio libero, o cos’e che ti danno?
— Addestrare qualcuno? — Esk era scandalizzata. — Vuoi dire come una strega?
— No. Cioe, forse.
— E io, allora?
— Be’, tu stai andando per la tua strada — asseri la Nonnina. — Qualunque sia.
— Uhm — si limito a dire la bambina.
La vecchia la fisso. — Allora me ne vado — annuncio alla fine. Si giro e si allontano verso l’entrata della cucina. Con il movimento, il suo mantello ondeggio ed Esk vide che adesso era foderato di rosso. Un rosso scuro, un rosso vinoso, ma sempre rosso. Sulla Nonnina, nota per avere sempre portato, almeno visibilmente, soltanto indumenti neri, l’effetto era scioccante.
— La biblioteca? Io non credo che mai qualcuno pulisce la biblioteca. — La signora Whitlow era decisamente perplessa.
— Perche? Non si impolvera? — ribatte Esk.
— Be’… — La donna ci penso un po’ su. — Suppongo che e cosi, adesso che ne parli. A dire la verita, non ci ho mai pensato.
— Vedi, ho pulito tutto il resto — spiego con voce dolce Esk.
— Gia. L’hai fatto, no?
— Bene, allora.
— E solo che… non l’abbiamo mai fatto prima — disse la signora Whitlow — ma, parola mia, non riesco a capire perche.
— Bene, allora — ripete Esk.
— Ook? — disse il Bibliotecario Capo e si scosto indietreggiando da Esk. Ma la piccola aveva sentito parlare di lui. ed era venuta preparata. Gli offri una banana.
L’orangutan allungo adagio una mano e poi l’afferro con una smorfia di trionfo.
Puo darsi che esistano universi dove fare il bibliotecario e considerata un’occupazione di tutto riposo e dove i rischi sono limitati a grossi volumi che ti cadono dagli scaffali sulla testa. Ma fare il responsabile di una biblioteca
Era proprio un incidente del genere che aveva trasformato il bibliotecario in una scimmia antropomorfa. Da allora si era opposto a ogni tentativo di riprendere le sembianze umane, spiegando nel linguaggio dei segni che la vita da orangutan era assai migliore di quella da essere umano. Infatti, tutti i grandi interrogativi filosofici si esaurivano nel domandarsi quando gli sarebbe arrivata la prossima banana. Inoltre, le braccia lunghe e i piedi prensili erano ideali per occuparsi degli scaffali in alto.
Esk gli diede un intero casco di banane e si allontano rapida tra gli scaffali prima che lui potesse fare obiezioni.
Non avendo mai visto altro che un unico libro per volta, a quanto ne sapeva Esk, la biblioteca era identica a qualsiasi altra biblioteca. Vero, era un po’ strano vedere che in lontananza il pavimento si trasformasse nella parete. Come era strano il modo in cui gli scaffali ti giocavano degli scherzi e parevano acquistare piu dimensioni delle solite tre. Ed era sorprendente alzare gli occhi e scorgere scaffali sul soffitto tra i quali, di tanto in tanto, si aggirava tranquillamente uno studente.
La verita era che la presenza di tanta magia distorceva lo spazio intorno. In quella enorme quantita di volumi il denim, o forse la flanella, dell’universo veniva contorto in forme molto particolari. I milioni di parole intrappolate, incapaci di liberarsi, piegavano la realta intorno a loro.
Per Esk era logico che, fra tutti quei libri, ce ne dovesse essere uno che ti diceva come leggere gli altri. Non era sicura come fare per trovarlo, ma dentro di se sentiva che probabilmente avrebbe avuto sulla copertina le riproduzioni di allegri coniglietti e micini spensierati.
Di certo, pero, la biblioteca non era silenziosa. Si udiva di quando in quando il sibilo di una scarica di magia e allora una scintilla di ottarino guizzava da uno scaffale all’altro. Le catenelle tintinnavano piano. E, naturalmente, c’era il debole fruscio di migliaia di pagine nelle loro prigioni rilegate in pelle.
Dopo essersi assicurata che nessuno le prestava attenzione, Esk tiro giu il piu vicino volume. Quello gli si apri nelle mani e lei vide, costernata, che conteneva gli sgradevoli tipi di diagramma che aveva notati nel libro di Simon. La scrittura le era del tutto ignota. E lei ne fu contenta… sarebbe stato orribile conoscere il significato di tutte quelle lettere che le si presentavano come laide creature intente a farsi cose complicate. Richiuse il libro a fatica, con le pagine che tentavano disperatamente di opporsi. Il disegno di una creatura sulla copertina somigliava a uno degli esseri del freddo deserto. Certamente era tutt’altro che un micino spensierato.
— Salve! Esk, vero? C-come s-sei entrata q-qui?
Simon era in piedi davanti a lei, con un libro sotto ciascun braccio. Esk arrossi.
— Nonnina non vuole dirmelo — spiego. — Credo abbia a che fare con gli uomini e le donne.
Lui la guardo senza capire. Poi sogghigno. Esk ripenso alla sua domanda.
— Io lavoro qui. Spazzo. — Per dimostrarlo, agito la verga.
—
Esk lo guardava. Si sentiva sola, sperduta. Tradita. Tutti, meno lei, avevano la loro vita a cui pensare. Mentre lei avrebbe trascorso il resto dei
— In realta, non e cosi. In realta, sto imparando a leggere per poter diventare un mago.
Il ragazzo rimase per un po’ a guardarla con i suoi occhi acquosi. Poi le tolse gentilmente il libro dalle mani e lesse il titolo.
—
— Uhm. Be’, si continua a provare finche non si riesce, non ti pare? E come mungere, o lavorare a maglia o… — non termino la frase.
— Di questo non ne so niente. Questi libri possono essere un po… be’, aggressivi. Se non stai attenta, loro cominciano a leggere
— Che intendi?
— S-ssi ddd…
— …dice — completo automaticamente lei.
— …che una volta c’era un mmmm…
— …mago…
— che si mise a l-legger il
— …vagare…
— e la mattina seguente tt-trovarono tutti i suoi vestiti sulla sedia e il s-suo cappello sopra e il li-libro aveva…