Il rumore della conversazione e l’acciottolio delle posate cesso. Un paio di sedie vennero ribaltate. All’estremita della sala scorgeva i maghi piu anziani seduti a un tavolo piu elevato, che si alzo qualche centimetro da terra. Tutti le fissavano esterrefatti.

Un mago di rango mediano (che Esk riconobbe come il docente di Astrologia Applicata) si precipito verso di loro, agitando le mani.

— Nononono — grido. — E la porta sbagliata. Dovete andarvene.

— Non badare a me — gli disse calma la Nonnina e gli passo avanti.

— Nonono, e contro le tradizioni, dovete andarvene adesso. Alle signore non e permesso l’ingresso.

— Io non sono una signora, sono una strega — replico la vecchia. E, rivolta a Esk, le chiese: — E molto importante?

— Non credo — rispose la piccola.

— Bene. — La Nonnina si volto verso il docente: — Va a trovarmi un mago importante, per favore. Presto.

Esk le batte sulla schiena. Dimostrando una grande presenza di spirito, due maghi se l’erano svignata dalla porta alle loro spalle, e adesso diversi portieri del college avanzavano minacciosi nella sala, tra le acclamazioni e gli sghignazzi degli studenti. Alla bambina i portieri, che vivevano appartati nella loro casetta, non erano mai andati molto a genio. Ma in quel momento provo per loro un moto di simpatia.

Due di loro allungarono le mani pelose e afferrarono la Nonnina per le spalle. Il braccio della vecchia spari dietro la sua schiena; segui un rapido movimento confuso che fini con gli uomini che saltellavano via, tenendosi strette le mani su certe parti e imprecando.

— Gli spilloni — spiego la Nonnina. Afferro Esk con la mano libera e avanzo verso il tavolo dei grandi maghi, fulminando con gli occhi chiunque mostrasse appena l’intenzione di sbarrarle la strada. Gli studenti piu giovani che riconoscevano che cos’era un divertente spettacolo gratuito quando ne vedevano uno, pestavano i piedi, applaudivano e battevano i piatti sui lunghi tavoli. Il tavolo principale ricadde sulle piastrelle del pavimento con un tonfo e i maghi anziani si affrettarono a mettersi in fila dietro Tagliangolo, mentre questi cercava di chiamare a raccolta le sue riserve di dignita. I suoi sforzi non raggiunsero lo scopo: e difficile avere un’aria dignitosa con un tovagliolo infilato nel colletto.

Alzo le mani per ottenere silenzio e la sala rimase in attesa mentre la Nonnina ed Esk si avvicinavano a lui. La vecchia guardava con interesse gli antichi ritratti e le statue dei maghi defunti.

— Chi sono quei buffoni? — domando, muovendo appena le labbra.

— Erano i sommi maghi — bisbiglio Esk.

— Hanno l’aspetto di chi soffre di stitichezza — osservo la vecchia. — Non ho mai conosciuto un mago che fosse regolare.

— Sono noiosi da spolverare, e tutto quello che so — disse la bambina.

Tagliangolo stava piantato a gambe larghe, mani ai fianchi e gomiti in fuori, con lo stomaco che ricordava un pendio per sciatori principianti. Tutta la sua persona aveva assunto la posa che di solito viene associata a Enrico VIII, ma con una opzione su Enrico IX e pure X.

— Allora? Che significa questo oltraggio? — le aggredi.

— Lui e importante? — domando a Esk la Nonnina.

— Io, signora, sono l’Arcicancelliere! E dirigo questa Universita! E lei, signora, e entrata illegalmente su un territorio assai pericoloso! L’avverto che… smettila di fissarmi cosi!

Tagliangolo indietreggio barcollante, con le mani alzate per ripararsi dallo sguardo della Nonnina. Intorno a lui i maghi si dispersero, rovesciando dei tavoli nella fretta di evitare quello sguardo.

Gli occhi della Nonnina erano cambiati.

Esk non glieli aveva mai visti cosi. Erano assolutamente d’argento, simili a specchietti rotondi, che riflettevano tutto cio che vedevano. Nelle loro profondita, Tagliangolo era diventato un puntolino, la bocca spalancata, le braccine come stecchini che si agitavano disperate.

L’Arcicancelliere urto contro un pilastro e lo shock lo fece tornare in se. Scosse irritato la testa, mise una mano a coppa intorno alla bocca e mando un fascio di fuoco bianco verso la strega.

Senza abbassare il suo sguardo iridescente, la Nonnina sollevo una mano e devio le fiamme verso il soffitto. Ci fu una esplosione e una pioggia di frammenti di mattonelle.

Gli occhi le si ingrandirono.

Tagliangolo scomparve. E al suo posto era arrotolato un grosso serpente, pronto a colpire.

La Nonnina svani. Al suo posto c’era adesso un grande canestro di vimini.

Il serpente divenne un rettile gigantesco uscito dalle nebbie del tempo.

Il canestro si tramuto nella folata di neve dei Giganti del Ghiaccio, che ricopri di ghiaccio il mostro che si dimenava.

Il rettile divento una tigre dalle zanne affilate, accovacciata per prepararsi al balzo.

La folata nevosa divento una pozza di bitume ribollente.

La tigre divenne un’aquila china per spiccare il volo.

La pozza di bitume si tramuto allora in un cappuccio ornato di un ciuffo di piume.

Poi le immagini presero a tremolare via via che una forma rimpiazzava un’altra forma. Onde stroboscopiche danzavano nella sala. Si alzo un vento magico, spesso e oleoso, che faceva sprizzare dalle barbe e dalle dita scintille di ottarino. In mezzo a tutto questo Esk distingueva, attraverso gli occhi che le lacrimavano, le due figure della Nonnina e di Tagliangolo, statue lucenti nel mezzo del turbine di immagini.

Ma si rendeva conto di un’altra cosa, un suono cosi acuto che l’udito quasi non lo captava.

Lo aveva gia udito, su quella fredda distesa… un pigolio, il ronzio di un alveare, il rumore dello scavo di un termitaio…

— Vengono! — urlo al di sopra del tumulto. — Stanno venendo ora!

Usci carponi da dietro il tavolo dove aveva cercato rifugio dal magico duello e cerco di raggiungere la Nonnina. Una folata di magia allo stato puro le sollevo i piedi da terra e la scaravento su una sedia.

Il ronzio si era fatto piu forte, cosi che l’aria rombava come un cadavere di tre settimane in una giornata estiva. Esk fece un altro tentativo per raggiungere la Nonnina e arretro quando una fiamma verde le sali su per il braccio e le strino i capelli.

Si guardo intorno freneticamente in cerca degli altri maghi. Ma quelli che erano fuggiti dagli effetti della magia, si nascondevano tremanti dietro il mobilio rovesciato mentre la tempesta occulta impazzava sulle loro teste.

Esk attraverso di corsa tutta la sala e usci nel corridoio buio. Si precipito, singhiozzando, con le ombre che le volteggiavano intorno, su per la scala e per i corridoi echeggianti verso la stanzetta di Simon.

Qualcosa avrebbe cercato di entrare nel corpo di lui, aveva detto la Nonnina. Qualcosa che avrebbe parlato e camminato come Simon, ma non sarebbe stato lui.

Un gruppetto di studenti dall’aria ansiosa era radunato fuori della porta. Alla vista di Esk che si avvicinava di corsa, volsero verso di lei i volti pallidi, abbastanza scossi da ritirarsi nervosamente davanti alla sua avanzata decisa.

— C’e qualcosa li dentro — disse uno di loro.

— Non possiamo aprire la porta!

La guardavano pieni di aspettativa. Poi un altro chiese: — Per caso, non avresti un passe-partout?

Esk afferro la maniglia e la giro. Quella prima si mosse leggermente, ma poi torno a posto con tanta forza da spellarle quasi le mani. All’interno, il pigolio sali in un crescendo e ad esso si uni un altro rumore, come il battito di ali di spessa pelle.

— Voi siete dei maghi! — urlo lei. — Dannatissimi maghi!

— Non abbiamo ancora fatto la telecinesi — disse uno.

— Io ero malato quando abbiamo imparato a scagliare il fuoco…

— A dire la verita, io non sono molto bravo con la Smaterializzazione…

Esk si avvicino di nuovo alla porta e si fermo di colpo. Ricordo di avere sentito la Nonnina affermare che perfino gli edifici avevano una mente, se erano abbastanza antichi. E l’Universita era molto antica. Si fece di lato e passo le mani sulle vecchie pietre. Bisognava agire con cautela, per non spaventarla, la mente… e adesso lei riusciva a sentirla nelle pietre, tarda e semplice, ma sempre una mente. Che pulsava intorno a lei; ne percepiva le scintille guizzanti nel profondo della roccia.

Dietro la porta, qualcosa fischiava.

I tre studenti guardavano stupefatti Esk restare immobile, con le mani e la fronte premuti contro il muro.

C’era quasi. Sentiva il proprio peso, la gravezza del proprio corpo, le lontane memorie dell’alba dei tempi quando la roccia era liquida e libera. Per la prima volta in vita sua sapeva cosa si provava ad avere dei balconi.

Si mosse con precauzione nella mente dell’edificio, affinando le proprie sensazioni, cercando il piu velocemente possibile quel corridoio, quella porta.

Allungo un braccio, con grande circospezione. Gli studenti la videro aprire un dito della mano, molto lentamente.

I cardini della porta presero a scricchiolare.

Dopo un momento di tensione, i chiodi schizzarono fuori dai cardini e andarono a sbattere contro la parete alle sue spalle. Le assi cominciarono a piegarsi mentre la porta cercava di aprirsi contro la forza di… di qualunque cosa fosse che la teneva chiusa.

Il legno ondeggio.

Raggi di luce azzurra si proiettarono nel corridoio, mobili e danzanti, mentre forme indistinte si trascinavano nello splendore accecante dentro la stanza. La luce era piena di vapori e attinica, la sorta di luce da indurre Steven Spielberg a contattare il suo legale incaricato del copyright.

I capelli di Esk le si rizzarono in testa dandole l’aspetto di un soffione ambulante. Oltrepasso la soglia, con la pelle che le scoppiettava per le fiammelle guizzanti di magia.

Gli studenti, rimasti fuori, la osservarono pieni di terrore scomparire nella luce.

Che svani in una esplosione silenziosa.

Quando alla fine trovarono il coraggio di guardare nella stanza, non videro altro che il corpo di Simon addormentato. Ed Esk stesa silenziosa e fredda sul pavimento, che respirava adagio. E il pavimento era ricoperto da un fine strato di sabbia argentea.

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