— E nell’altra stanza — cedette Teresa senza esitazioni. Capiva che lui stava facendo sul serio.
— Vai a prenderla — ordino Oberg. — Lascia la porta aperta.
Lei urto contro lo stipite, poi cammino come in sogno verso l’armadio dell’Esercito della Salvezza.
Guardando la scena dal punto dove era seduto, Cruz Wexler lotto per ritrovare il fiato.
Non riusciva a distogliere lo sguardo da Oberg. Oberg con la pistola, che in qualche modo era riuscito a trovarli. La pistola puntava la sua bocca a poca distanza da lui, ed era anche troppo facile immaginare un proiettile che ne usciva per affondare nelle sue carni.
Tanto stava morendo in ogni caso. L’enfisema era molto progredito e lui si sentiva allo stremo. Il suo denaro era stato confiscato dall’Organizzazione e non poteva dunque permettersi dei nuovi polmoni o una cura a lungo termine. Che importanza aveva il tipo di morte, dato che morire era comunque inevitabile?
Invece aveva importanza. E molta.
Negli ultimi decenni della sua vita si era perso a inseguire dei misteri. La Saggezza, la Gnosi, la Pietra Filosofale. Era stato un gioco, e anche un affare molto proficuo. Eppure, lui era stato sincero. Fin dall’inizio gli oneiroliti gli avevano ispirato la sensazione di trovarsi sull’orlo di una rivelazione sublime.
Ma la morte, come mistero finale e gnosi assoluta, lo spaventava terribilmente.
Guardo Oberg che a sua volta guardava Teresa. — Ora portala qui — disse l’uomo, riferendosi alla pietra. La temeva e l’avrebbe distrutta, insieme al mistero che vi era custodito.
Ci fu un movimento nel buio, oltre la porta ostruita dalla figura di Oberg, una specie di guizzo fulmineo… Wexler senti il cuore martellargli all’improvviso dentro le costole.
Teresa osservo la pietra di Pau Seco, avvolta dalla tela cerata, nascosta nelle profondita del cassetto di legno.
Era la voce, nuova e antica, dentro di lei. Quella voce che le encefaline avrebbero dovuto zittire. La voce della bambina morta nell’incendio quattordici anni prima, e viva dentro di lei, a dispetto di tutto. Ormai quasi vinta, a dir la verita, ma resuscitata una volta di piu dalla drammaticita della situazione.
La pietra dei sogni. Il pozzo dei ricordi.
Si volse a guardare l’uomo con la pistola. Con grande impazienza, lui le fece cenno di sbrigarsi.
Lei mise la mano nel cassetto. Per un attimo senza tempo vide se stessa che gli consegnava la pietra e lui che se ne andava lasciandoli vivi. Meglio per tutti, penso Teresa. Lei sarebbe stata libera dal giogo dei ricordi. Libera di rannicchiarsi nel ventre comodo e opaco dell’assuefazione alle encefaline. Sogno che succedesse, che Oberg permettesse a tutti loro di continuare a vivere.
Ma sapeva che non sarebbe stato possibile. Oberg era la Morte, ne aveva l’aspetto e l’odore. Li avrebbe uccisi. Era inevitabile.
Bene, penso Teresa. Era la bambina a voler vivere, a preoccuparsi. Non lei. Lei non l’aveva mai desiderato.
Prese l’involto, senza aprirlo. Ma la vecchia tela cerata si sciolse e la pietra nuda ricadde nel cassetto. Lei allungo istintivamente la mano.
I poteri dell’oneirolita pulsarono nel suo braccio, mentre si voltava.
27
Keller si era legato un fazzoletto attorno al collo per nascondere la ferita, ma quando finalmente giunse alla Citta Galleggiante il fazzoletto era inzuppato di sangue.
Non si faceva illusioni sul tempo impiegato. Aveva camminato per un paio di chilometri lungo il bordo della strada, costeggiando una landa desolata, fino a raggiungere un piccolo quartiere spagnolo dove, in una
Nella Citta Galleggiante si perse due volte, a causa della fretta e della stanchezza. Si spinse troppo lontano lungo i canali bui, allontanandosi dalle luci gialle dei caffe ormai vuoti e dalle barche del mercato che dondolavano sotto la luna di mezzanotte. Un vento freddo, gonfio di salsedine, gli trapassava i vestiti. Dovette ritornare sui suoi passi, sforzandosi di riconoscere un ponte o magari un incrocio di canali, finche non ritorno a orientarsi. Continuo a camminare, mentre le stelle ruotavano sopra di lui come le lancette di un orologio. Il tempo, penso. Forse ne aveva ancora a sufficienza per salvarla.
Alla fine identifico il canale di alimentazione che scorreva accanto alla
Stanco oltre ogni limite, ma lucido, Keller affronto in silenzio l’ultimo tratto della passerella.
La porta era socchiusa.
Lui si sforzo di calmare il respiro. Non era piu nella condizione di accresciuta sensibilita in cui l’aveva precipitato il microcircuito truccato, ma il dolore era comunque tremendo. La ferita che si era procurato all’altezza della nuca era profonda e aveva perso molto sangue. Correva il rischio di svenire da un momento all’altro. Piu tardi, si auguro. Solo un po’ piu tardi.
Oberg era appena dietro la porta.
Keller rabbrividi scorgendo la pistola che teneva in mano. Da li, dal margine della passerella, con una rete metallica alle spalle e un pilastro di cemento di fianco, riusciva a scorgere Oberg e, piu in la, il tavolo a cui erano seduti Byron e Cruz Wexler, immobili. Non riusciva a vedere Teresa. Il che non significava che fosse morta, si disse, preso da un senso di vertigine. Poteva ancora essere viva.
Aveva bisogno di crederlo.
Si rese conto di colpo, con avvilita incredulita, che non possedeva nessun’arma. Niente con cui minacciare Oberg. Nemmeno un coltello a serramanico. Era completamente indifeso. Aveva fatto tutta quella strada per niente. Ridicolo. Gli venne quasi da ridere.
Invece, calcolo l’angolazione di quella porta semiaperta. Poteva buttarcisi contro, sorprendendo Oberg alle spalle e permettendo a Byron e Cruz Wexler di reagire in qualche modo. Una speranza patetica. Ma prese fiato e si sposto in avanti.
La rugiada si era condensata sulle assi della passerella, vecchia e scivolosa di muschio. Keller, stanchissimo, mise un piede in fallo e cadde sul ginocchio.
Si riprese subito, con gli occhi alla porta, ma il rumore delle sue mani sul legno bagnato risuono nella notte come una fucilata. Impotente, guardo Oberg voltarsi e puntare la pistola contro di lui.
Wexler si alzo mentre Oberg si girava.
Fu il primo a sorprendersene, perche non l’aveva previsto. Piu che la spinta dell’eroismo sentiva una grande paura. Eppure si era alzato. Il corpo si ribellava contro la propria inutilita.
Una volta in piedi non ebbe piu esitazioni. Rovescio il tavolo, che non aveva grande consistenza, e lo guardo ricadere in avanti. Vide Byron guardarlo a bocca aperta. Avverti una fitta di dolore al petto, segno che i suoi polmoni reclamavano a gran voce un po’ di ossigeno. Ma, per il momento, fu in grado di ignorarla.
Si sposto verso Oberg.
Oberg, nel frattempo, si era scostato dalla porta. La sua impassibilita aveva ceduto, lasciando il posto allo sbalordimento e anche, brevemente, alla paura. L’angolazione della pistola era cambiata. Sbatte le palpebre quando il tavolo picchio con fragore sul pavimento.
Wexler acquisto decisione e rapidita, spostandosi verso Oberg. In quella folle corsa dimentico tutto, allargando le braccia. Si accorse appena che Byron si alzava e che Teresa stava per tornare nella stanza. Tutta la sua attenzione era concentrata su Oberg.
L’uomo si ritrasse contro il muro, e la sua faccia muto, indurendosi. Alzo la pistola con un movimento rapido.
Troppo tardi, penso Wexler.
Lo sparo risulto assordante nello spazio angusto.
Il dolore e la forza d’urto lo spinsero indietro.
Keller irruppe nella stanza.
— Cristo — disse Byron. — Oh, Cristo.
Keller crollo contro il muro. Il mondo si era ridotto a quell’uomo, con la sua pistola. Non aveva piu via d’uscita. Chiuse gli occhi per un attimo.
Quando li riapri, vide Teresa. Si dirigeva verso Oberg, con la pietra in mano.
28
Persa nei due mondi, tra lo stordimento delle encefaline e i poteri della pietra esotica, Teresa apri gli occhi.
Vide la baracca galleggiante di Byron. Ricordo una baracca simile, molti anni prima. L’uomo nell’altra stanza si chiamava Oberg. Ma avrebbe potuto chiamarsi anche Carlos.
Serro la pietra tra le dita.
Se si fosse guardata allo specchio, forse avrebbe visto le scarpe da tennis legate con lo spago e la tuta lacera. Era proprio cio a cui si era ribellata; la visione che l’aveva perseguitata da quel fatidico giorno nell’albergo sul
Sarebbe caduta nello specchio, precipitando nella storia e tornando a essere se stessa.
Dentro di lei, la voce della bambina era piu forte e piu insistente che mai. L’avvertiva che sarebbe morta, che l’uomo con la pistola l’avrebbe uccisa e che doveva fare qualcosa. Subito.
Era la stessa voce che l’aveva sostenuta durante l’incendio, pungolandola quando lei voleva lasciarsi morire, perche lo meritava.
Ma la morte non era cosi arrendevole. Era venuta finalmente a finire cio che aveva incominciato. Si era ripresentata all’appuntamento mancato molti anni prima. Lei l’aveva aspettata e forse desiderata fin dal giorno dell’incendio, ormai lo poteva ammettere. Aveva cercato la pace nelle pillole, per mettere fine all’eterna lotta dentro di se…
Per un attimo, i ricordi presero il sopravvento. Senti il fumo toglierle il fiato e avverti il calore dell’incendio alle sue spalle. Carlos era morto.