Sii me stessa, insisteva la voce. Fammi tornare.

No, penso Teresa…

Poi senti il tavolo della cucina sbattere sul pavimento, spaccandosi. Cruz Wexler si getto in avanti… ci fu uno sparo, e Wexler rovino a terra, sanguinante. In quel momento la porta si apri e Ray entro nella stanza, condotto fin li da chissa quale miracolo. Le batte forte il cuore, vedendolo. Ma anche lui era esausto e sanguinante… Oberg gli punto contro la pistola.

E va bene, penso Teresa, arrendendosi. Con un movimento immaginario abbraccio la bambina, si consegno interamente alla pietra e lascio che il tempo tornasse indietro a quando lei era giovane, intera e desiderosa di vivere. Desiderosa che anche Ray vivesse. Corse verso Oberg, o Carlos, con ai piedi le scarpe da tennis legate con lo spago e la tuta stracciata sulle ginocchia. Si concesse di odiarlo, con tutta se stessa, e di dirgli urlando quella antica e sacrosanta verita. Che lei non era cattiva. Non era cattiva, per niente.

29

Vedendo Teresa uscire correndo dalla stanza sul retro e sapendo che Oberg avrebbe potuto puntare la pistola su di lei, Keller raccolse le sue ultime forze e balzo di lato.

Udi il rumore dello sparo seguirlo. Ricadde contro il muro in posizione raccolta, illeso ma ancora una volta privo di difese. La pallottola successiva l’avrebbe centrato di sicuro. Alzo gli occhi verso Oberg, troppo esausto per provare paura.

Vide Teresa avvicinarsi all’uomo dell’Organizzazione.

Si muoveva in modo strano. Aveva gli occhi spalancati, e il suo viso era quasi trasformato. Sembrava una bambina, penso Keller.

Aveva la pietra di Pau Seco nella mano sinistra. Con la destra tocco Oberg.

Gli cadde addosso.

Gli occhi dell’uomo erano fissi su Keller, e in quel momento lui vide l’orrore che li sconvolgeva. Un orrore profondo e lacerante…

— La pistola — disse Byron, alzandosi e incespicando nella sedia. — Per amor di Dio, Ray, prendi la pistola!

Oberg fu colto di sorpresa.

Stava puntando l’arma contro Keller, che in qualche modo doveva essere riuscito a liberarsi della presa neurale e ad arrivare fin li, quando la donna era uscita dalla stanza sul retro correndo verso di lui.

Tese un braccio per scansarla. Di certo non sarebbe stato un problema. Ma la pietra…

Lei aveva la pietra in mano e lo tocco.

Oberg si senti percorrere da una scarica elettrica.

Era come quell’altra volta, quando lo aveva toccato Tavitch. Anzi, peggio. Si senti sprofondare tra i ricordi, i secondi divennero minuti, tutto rallento tranne l’esplosione dirompente dei suoi rimorsi. Un villaggio in Brasile, cadaveri tutt’intorno a lui… Ma non erano morti: il loro dolore e la loro rabbia erano sopravvissuti, e adesso giungevano fino a lui attraverso la mano di quella donna.

Sbatte le palpebre e scorse Keller che si alzava. Keller, apparizione sanguinante di un uomo che avrebbe dovuto essere morto. E forse era morto davvero, aveva solo mandato il suo fantasma, un altro spettro ostinato, ad accusarlo.

Ancora sbalordito, Oberg si senti assalire da un’ondata di odio feroce e antico.

La pistola gli scivolo dalle dita.

Il corpo di Teresa lo premette contro la parete della baracca. Il suo viso era trasfigurato da un’innocenza che lui non riusciva nemmeno a concepire. Non c’era niente di simile nel mondo in cui lui era vissuto. Rappresentava un altro rimprovero, luminoso e terribile. Si scosto da lei in un impeto di autodisgusto.

Senza preavviso, capi che tipo di uomo era.

Un mostro, aveva detto Ng.

La voce riecheggio dalla collina della forca di Pau Seco. Un mostro. Ed era vero. Lo sentiva guardando Teresa. Lei era limpida, innocente, immune da menzogne. Oberg parve rimpicciolirsi sotto la luce ardente del suo odio.

La spinse via, urlando.

La pistola… ma Keller gliel’aveva tolta di mano prima che potesse accorgersene.

Oberg infilo correndo la porta.

Keller alzo la pistola, ma non ci fu nemmeno il tempo di sparare.

Al buio, sopraffatto dal panico, Oberg raggiunse con due falcate la rete metallica, la scavalco e si getto nel vuoto.

Dietro di lui, Keller strizzo gli occhi nell’oscurita. I cani abbaiavano e nelle balsas vicine si era accesa qualche luce.

Si sporse oltre la rete, per guardare giu verso il canale. Non era ancora l’alba, ma la luce era gia sufficiente a fargli vedere il corpo di Oberg, steso a braccia aperte, alla base di un’alzata di cemento. Le acque scure del canale si sollevarono per reclamarlo, e la macchia di sangue scomparve a poco a poco, lavata dalle onde tranquille, nella notte fredda.

Il vento spiro dall’oceano sopra la diga. Ray si giro a guardare Teresa e all’improvviso se la trovo tra le braccia, senti il calore del suo corpo contro di se e si accorse che piangeva.

30

In seguito, dopo i tranquilli funerali di Wexler nella Citta Galleggiante, Byron capi che era giunto il momento di andarsene.

Ne aveva gia parlato con Teresa, giorni prima. Si erano scambiati i saluti in privato e lui l’aveva tenuta per un attimo stretta tra le braccia.

— Non e necessario che te ne vada — gli aveva detto lei. Ma Byron aveva deciso. Era ora di tornare nel mondo.

Teresa gli aveva regalato la pietra.

— Non ne ho bisogno — gli aveva assicurato. Sul viso aveva un’espressione nuova, un sorriso da ragazzina. — Sono gia stata laggiu.

Byron si allontano con Ray lungo il canale. Era una giornata chiara e luminosa, il cielo si chinava a incontrare il mare, all’orizzonte. Byron sposto lo zaino da una spalla all’altra. Keller gli porse la mano.

Byron la strinse, pur vedendo l’amico tradire una smorfia. — Stai bene?

— Meglio, grazie. — Keller abbozzo un sorriso. — Hai la pietra?

Lui annui. Era nello zaino.

Non sapeva bene perche l’avesse presa. Forse era stato l’istinto a suggerirgli che poteva tornare utile.

Strano, penso. Wexler aveva passato la vita a cercare qualcosa di alieno in quelle pietre. Una saggezza piu profonda, un modo per estraniarsi dal mondo. E invece non era cosi. Byron era stato testimone del cambiamento avvenuto in Teresa, a partire dalla notte in cui Oberg li aveva aggrediti. Sembrava che una vecchia frattura si fosse finalmente saldata. Era un cambiamento sottile, impercettibile come il suo nuovo modo di muovere gli occhi, ma molto profondo. All’improvviso, Byron aveva scoperto che non era piu preoccupato per lei. Dunque le pietre non insegnavano il modo di uscire dal mondo, ma di rientrarci.

Tutti i debiti erano pagati. — Teresa si sta riprendendo molto bene — dichiaro. Poi aggiunse, d’impulso: — Abbi cura di lei, Ray. Fallo per me.

Keller annui.

Byron si avvio deciso verso la terraferma. Si volto di nuovo, dopo qualche passo, per fissare la sua immagine nella memoria. Keller con gli occhi pieni di un antico dolore, appoggiato a una rete metallica, il ginocchio piegato e la Citta Galleggiante alle spalle. — Ora vivi qui — osservo.

Forse aveva ragione.

Keller torno indietro costeggiando il canale. Avverti, come gia altre volte, una curiosa leggerezza. Erano i fili da Angelo privati della presa, penso. Stavano seccando e morendo dentro di lui. Ma c’era di piu.

Ora vivi qui.

Si arrampico su un montante a catena e scorse l’oceano oltre la diga. L’oceano era implacabile, scuro, piu vasto di quanto si potesse immaginare. Assomigliava alla memoria, non quella audiovisiva ma alla sua, che conservava i ricordi di Meg, di Teresa, di Byron, della sua vita. Un oceano ampio, profondo e misterioso. Un oceano che lo conteneva, piu che non il contrario, e che non avrebbe tollerato un tradimento. Ma c’erano giorni come questo, penso Keller, in cui le acque erano calmissime e sembravano augurargli un futuro luminoso.

Torno sulla passerella e si diresse verso la vecchia baracca galleggiante. Teresa era ad attenderlo sulla soglia, tranquilla nella luce del sole. Un soffio di vento proveniente dal mare lo fece rabbrividire. Lei gli tenne aperta la porta. — E meglio rientrare — suggeri. — Fa freddo, qui fuori.

FINE
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