Keller rimase solo.

Cascate di ricordi si riversarono attorno a lui, soffuse di una fredda luce cristallina. Alcune voci bisbigliavano.

Una volta, parlando di Byron, Teresa aveva detto: — E il migliore di tutti noi. — Allora non aveva capito, ma ora una scintilla di comprensione si faceva strada dentro di lui. Purtroppo si trattava di quel tipo di bonta, scomoda e assoluta, che lui non riusciva a comprendere del tutto. Una vecchia frase echeggio nella sua mente. Se qualcuno e in pericolo, bisogna aiutarlo. Se fosse stato il contenuto di una memoria meccanica l’avrebbe eliminata, cancellata dall’esistenza. Invece l’eco persisteva, ed era sempre piu inquietante.

Verso sera usci dalla cabina di montaggio.

La sua stanza d’albergo si affacciava su una vecchia arteria suburbana. Il rumore del traffico continuava per tutta la notte e l’acqua corrente era assicurata dalle dieci di sera alle dieci di mattina. Keller si verso da bere, fece una lunga doccia e si guardo allo specchio. Cerco di considerare con obiettivita la propria immagine. Era disfatta e stravolta. Aveva le guance incavate e la barba lunga. Chi stava diventando? Sembrava un veterano di guerra dedito alla droga e destinato a morire in qualche squallido buco della Citta Galleggiante.

Chiuse gli occhi.

Quella notte, dopo aver bevuto di nuovo, telefono a Lee Anne, con la quale un tempo aveva avuto un contratto sentimentale. Ricordava con una certa nostalgia la fragranza del suo profumo. Lei apparve sul video, perfetta come sempre, rigorosa nel suo trucco bianco e con le lebbra di un bel rosso squillante. Lo fisso con freddezza dallo schermo di cristallo. Con uno sforzo, Keller le sorrise. — Avevamo un contratto, una volta — le disse. — Ricordi? Noi…

Ma lei scrollo la tesa. — Non ti conosco — taglio corto.

Il monitor si vuoto.

Il mattino successivo Keller torno nella cabina di montaggio.

Era quasi insopportabile. Dovette distogliere lo sguardo dalle immagini di Pau Seco e dalla gigantesca miniera, simile a una ferita aperta nel grembo della terra. Era tutto troppo vivido. Sentiva nelle narici lo squallore della citta vecchia, la polvere, la calura stagnante. Un’impressione terribile, come se le immagini si staccassero dai monitor per circondarlo.

Se qualcuno e in pericolo, bisogno aiutarlo.

Lei era in pericolo, aveva detto Byron. Keller giro attorno al problema senza osare affrontarlo. Lei soffriva. Lei era ferita. Ma il rimorso era troppo forte per essere ignorato.

Si impegno a fondo nelle ultime fasi del montaggio. Il reportage doveva essere completo e rigorosamente obiettivo. Uno sguardo dietro i meccanismi di commercio delle pietre esotiche, una testimonianza su Pau Seco, la SUDAM i garimpeiros e le formigas, un salto oltre quella frontiera assurda e pericolosa. Il resto, cio che riguardava i rapporti puramente personali, sarebbe stato interamente cancellato. E una volta cancellato, avrebbe in un certo senso cessato di esistere. Sarebbe diventato piu sopportabile.

Aveva le mani sulla tastiera dell’impianto di montaggio, quando la porta si apri.

Ruoto sulla poltrona, pensando che potesse essere ancora Byron. Invece, vide un uomo vestito con cura, stempiato, con un sorriso stereotipato sul viso. Un funzionario della Rete, forse. L’uomo si avvicino e Keller avverti troppo tardi l’odore della sua caramella alla menta e un’ondata di terribile e spietata ostilita. L’uomo continuo a sorridere anche quando le sue mani si chiusero a pugno. — Mi chiamo Oberg — disse.

23

Uccidere Keller non era del tutto necessario, anche se certamente gratificante, e Oberg aveva deciso di farlo sfruttando al meglio le sue capacita professionali. Un omicidio all’interno degli studi della rete avrebbe allarmato troppe persone. Dunque si era preparato.

Lo colpi una sola volta, e l’Angelo cadde al suolo, stordito. Senza perdere tempo, Oberg gli lego le mani con del nastro adesivo metallizzato e uso un pezzo dello stesso nastro per tappargli la bocca. Gli occhi di Keller erano chiusi. Un Angelo accecato, penso. Un Angelo messo a tacere. Continuo il lavoro con metodo. Lo giro bocconi e gli mise un piede sulla schiena per immobilizzarlo. Tolse dalla tasca dei pantaloni un minuscolo bisturi e un microcircuito munito di piccolissimi ganci.

Aveva acquistato l’occorrente al mercato nero, da un neurotecnico che lavorava fuori dalla Citta Galleggiante. Il microcircuito era di quelli venduti sul mercato delle droghe elettroniche, abilmente modificato. Inserito nella presa dietro la nuca di Keller avrebbe inviato pulsazioni elettriche nei fili dell’impianto neurologico, stimolando i centri di compensazione nel suo cervello. Ma Oberg aveva chiesto specificamente al tecnico di sostituire la fonte di elettricita originale con una piu potente.

— E una follia — gli aveva detto il tecnico. — Manderete quell’uomo in corto circuito. Non sara piu un piacere, ma un dolore sovrumano! Il piu completo disorientamento. La vittima, perche questo sarebbe, si trovera con il cervello fuso nel giro di qualche ora. Un giorno al massimo. Precipitera all’ultimo stadio della psicosi da assuefazione. Un vero e proprio omicidio.

Di conseguenza, Oberg aveva dovuto sborsare di piu.

Uso il bisturi per incidere la pelle. La presa era stata aperta di recente e l’operazione risulto quindi piu semplice. Tampono il sangue con un fazzoletto. Sotto lo strato di derma, la superficie oleosa colore rame mandava bagliori di luce. Keller aveva sicuramente avvertito il dolore del taglio ma non era ancora del tutto sveglio. Oberg installo in fretta il microcircuito, senza attivarlo.

Smise di occuparsi dell’uomo e si giro verso il decodificatore di memoria.

Ebbe bisogno di un paio di minuti per individuare il metodo di archiviazione di Keller e selezionare un momento in particolare. Si auguro che non fosse stato cancellato proprio cio che voleva. Per fortuna la registrazione che riguardava l’ultima fase del viaggio era ancora integra e completa. Accelero il tempo di proiezione e osservo con attenzione lo schermo.

Il tempo scorreva come acqua. Le giornate si susseguivano una dopo l’altra. Ogni tanto, Oberg fermava un’immagine per guardarla meglio. Riconobbe il porto di Belem, l’aeroporto e una stretta pista d’atterraggio in Costa Rica. Poi vide un grosso aereo di linea americano abbassarsi sulla citta di Los Angeles. Le facce e le caratteristiche somatiche erano state alterate, ma lui fu in grado di identificare Byron Ostler e Teresa Rafael semplicemente dalla frequenza con cui comparivano nel filmato. Adesso stava per giungere cio che lo interessava: una baracca chissa dove nella Citta Galleggiante, con mobili da poco prezzo e finestre polverose. Quello era il posto dove si erano stabiliti, penso Oberg. Fece tornare indietro la registrazione e segui attentamente il percorso fino alla terraferma e viceversa. La baracca si trovava nel settore nord della Citta. Non aveva un indirizzo preciso, in mezzo a quel labirinto di balsas e di canali, ma il percorso era abbastanza semplice da memorizzare. Lui ci riusci.

Guardo di nuovo Keller.

Era sveglio, adesso, e lo fissava con gli occhi sgranati e pieni di paura.

Oberg si giro verso la tastiera e ordino una cancellazione totale. La macchina fece una pausa e poi chiese se davvero dovesse annullare tutti i contenuti della registrazione. Oberg batte la conferma e rimase a guardare mentre sui monitor si verificava qualcosa di molto simile a un’apocalisse. Cuiaba svani e il Rio delle Amazzoni segui in breve la stessa sorte. Pau Seco scomparve, insieme a Belem. Tutto si perse nel caos, i segnali acustici divennero rumori e la registrazione di Keller evaporo nell’aria come se non fosse mai esistita.

Oberg sorrise.

Keller sbatte le palpebre. Era pallidissimo.

Oberg aveva parcheggiato la sua auto proprio davanti alla cabina di montaggio. Non gli fu difficile rimettere in piedi Keller e farlo salire a bordo senza che nessuno li vedesse. La guardia al cancello d’ingresso non alzo nemmeno lo sguardo quando la macchina gli passo davanti. Se ne andarono indisturbati.

Oberg guido per poco piu di un chilometro lungo una strada tracciata per interrompere eventuali incendi sulla collina. Quando gli sembro di aver trovato il punto giusto, si fermo e allungo il braccio per aprire la portiera di fianco al suo prigioniero. Avevano raggiunto una zona deserta, su cui sorgevano le torri di vecchi pozzi petroliferi ormai arrugginite. La strada era cosparsa di bottiglie vuote e di lattine accartocciate che luccicavano sotto il sole. Keller lo fissava, e attendeva le sue mosse con una calma insolita.

Oberg gli mise la mano dietro la testa, con grottesca dolcezza. Basto la semplice pressione dell’unghia del pollice per attivare il microcircuito.

Il viso di Keller tradi uno spasmo di dolore.

Oberg lo spinse fuori dalla macchina con il piede.

Lui cadde nell’erba alta, morente. La speranza che qualcuno lo vedesse era nulla.

Oberg chiuse la portiera, puli il pollice insanguinato nel fazzoletto e riparti in direzione del mare.

24

Teresa fece di nuovo ricorso alle pillole quando il sole stava abbassandosi sull’orizzonte.

Era salita sul letto della balsa con le pillole in tasca, ma senza una vera intenzione di usarle. Il desiderio non era mai cosi esplicito. Le teneva di riserva ed era felice di sentirle a portata di mano. Indossava un maglione perche l’inverno era ormai alle porte. Le giornate erano diventate piu corte e piu fredde.

Si sdraio sul tetto metallico, con la schiena appoggiata a uno scambiatore di calore, ad ascoltare il rumore ritmato delle pompe di sentina e a guardare il cielo che si tingeva di rosso.

Tolse di tasca una manciata di pillole e le guardo.

Erano piccole, nere, anonime e vagamente resinose. Sordide, in qualche modo. Forse le avevano preparate artigianalmente in un laboratorio della Citta Galleggiante, per poi stamparle in un torchio primitivo e infine venderle furtivamente a chi era ormai assuefatto. Come lei.

Sentiva di averne bisogno. Non era una faccenda di autocommiserazione. Era come se la visione traumatica provocatale dalla pietra nella stanza sul Ver-o-Peso le avesse riaperto vecchie ferite: aveva bisogno di un anestetico. Aveva sognato spesso la bambina, sentendola sempre di piu come una presenza concreta, piena di rimproveri e di aspettative. Anche in quel momento, per esempio. La bambina pretendeva che lei gettasse via le pillole. La sua era una voce reale, lontana ma distinta.

Io ti ho salvato la vita.

Il che era assurdo.

Tu saresti morta nell’incendio. Volevi morire. Io ti ho salvato la vita.

Misteriosamente, lei era diventata due persone diverse.

Io ti ho salvato la vita. Tu prendevi le pillole e io facevo le sculture. Tu le vendevi…

No, penso Teresa.

Mise alcune pillole in bocca e le inghiotti di colpo, rischiando di strozzarsi. Troppe, forse. Ma riuscirono a disperdere quella voce.

L’euforia inizio con un senso di leggerezza che si sprigionava dallo stomaco. Quando la sensazione raggiunse la testa, lei respiro di sollievo. L’euforia la sosteneva perfettamente. Il cielo si era fatto scuro e il vento proveniente dalla diga era gelido, ma Teresa non ci fece caso. Si strinse nel maglione e si appoggio all’indietro, respirando a fondo, con regolarita. Dappertutto cominciavano ad accendersi le lanterne e dai canali si alzava la prima nebbia.

Era quasi in stato di incoscienza quando udi Byron rientrare, accolto dalle domande concitate di Wexler. Teresa penso che probabilmente non sapevano che lei fosse cosi vicina e paragono il loro dialogo a un duetto di strumenti scordati. Il suono sconsolato, triste e rassegnato delle loro voci le sembro quasi buffo. Chiuse gli occhi e rimase in ascolto, distinguendo in lontananza il grido dei

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