— Forse ne hai bisogno — osservo lui, con dolcezza.
Lei si alzo. Cominciava a farle male la testa. Wexler era venuto a confonderla, e questo la irritava. — Provaci tu — replico con insolenza. — Provalo su di te.
Lui parlo quasi sottovoce. — Mi spaventa — ammise. Era una confessione. — Sarebbe sconvolgente, dopo tutto questo tempo. La gnosi, la conoscenza reale… sono quasi un sogno. Ma l’idea mi spaventa. — Sorrise, con espressione assente. — Ma c’e dell’altro. Credo che l’sperienza richieda una buona dose di innocenza. Che io non possiedo.
— Credi che la possieda io? — Per qualche strana ragione, Teresa stava gridando. Le parole uscivano dalle sue labbra senza piu freni. — Non sono innocente! — Cominciava ad avvertire una sensazione di panico. Aveva bisogno di una pillola. Di tranquillita. Di pace. Il suo corpo lo esigeva. — Io non sono
Corse alla porta.
Byron aveva ascoltato tutto dall’altra stanza.
Quando raggiunse Wexler, il vecchio era in piedi. — Mi dispiace — disse subito. — Pensavo…
— E cosi da allora — gli riferi Byron.
— Volevo aiutarla.
— Lo so.
— Be’… dovrei andare.
— Lo pensavi davvero… tutto cio che le hai detto? — chiese Byron.
Wexler annui.
— Non possiamo fare niente per lei.
— Pare di no.
— Ma Ray potrebbe aiutarla?
Il vecchio si strinse nelle spalle. — Forse si.
Wexler permise che Byron gli sistemasse un materasso in un angolo della baracca. Ormai era troppo tardi per tornare a casa di Cat e il respiro gli causava qualche problema. Cosi accetto l’offerta. Tre persone in una baracca di due stanze.
Era sveglio quando Teresa rientro. La vide muoversi nell’oscurita con la grazia sublime che le derivava dall’uso delle encefaline. Stava tornando alla vecchia assuefazione con terrificante rapidita.
Forse era stato uno sprovveduto a permetterle di andare a Pau Seco. Purtroppo, non aveva previsto niente del genere. Certo, aveva sospettato che potesse verificarsi una crisi, ma non aveva certo immaginato un crollo di quelle dimensioni. L’impresa era stata organizzata con puntigliosa meticolosita, con grande profusione di denaro e con la certezza che la vita di Teresa non sarebbe mai stata in pericolo.
Ma non aveva considerato la propria debolezza.
Cosi, ora le doveva tutto l’aiuto che era in grado di offrire. Per questo era venuto fin li.
Ma l’aiuto di cui Teresa aveva bisogno non era in suo potere. Anche Byron l’aveva capito.
Wexler si addormento e sogno un futuro terrificante in cui uomini come Oberg guidavano navi spaziali verso le stelle, con armature metalliche saldate alla carne come le corazze dei coleotteri e circuiti proteici appuntati sul sistema nervoso. Piu che un sogno era una profezia, tanto che si sveglio con la precisa sensazione di un pericolo imminente. Gli sembrava quasi che il conflitto in atto tra Oberg e Teresa, fra Teresa e le sue paure, si sarebbe presto espresso su un palcoscenico piu ampio. La loro presenza li era solo il prologo della tragedia.
Era un’idea opprimente. Un’idea a cui non voleva pensare.
La luce aspra del mattino gli colpi dolorosamente gli occhi.
Era terribile, penso, sentirsi cosi vecchio e spaventato.
Teresa stava preparando la colazione. Lui decise di non parlare della conversazione che avevano avuto la sera precedente. Le si avvicino con cautela, apparentemente interessato solo al cibo.
Era per lui, spiego Teresa. Lei non aveva fame.
— Byron e uscito? — chiese Wexler.
— E andato in terraferma. — Teresa lo guardo, dall’altro lato del tavolo. — Credo che volesse parlare con Ray.
22
Keller era solo nella cabina di montaggio quando Byron lo raggiunse.
Le luci erano abbassate e i monitor riversavano nello spazio ristretto una cascata di immagini: il Mato Grosso dai finestrini dell’autobus, Pau Seco, il
— Mi sorprende che tu mi abbia trovato — commento Keller.
— Ho parlato con Vasquez. Mi ha dato un lasciapassare della Rete.
Keller continuo a lavorare mentre Byron parlava. Le sue dita si muovevano con agilita sulla tastiera dell’apparecchio di missaggio. Si sentiva ben protetto dalla sua condizione di Angelo mentre i paesaggi contenuti nella memoria sfilavano davanti a lui.
Era un archeologo tra le rovine della propria esperienza. Su una dozzina di monitor, la Teresa dai lineamenti modificati spingeva lo sguardo oltre il porto di Belem, verso una petroliera giapponese che si spostava con grazia silenziosa verso il molo. Tutti gli avvenimenti convergevano, penso Keller. Tutti loro stavano muovendosi verso il porto.
Aveva bevuto.
Byron, con voce pacata e suadente, parlava della Citta Galleggiante, della
Keller si volto a guardarlo. — Tu non capisci.
— No, infatti. Proprio non capisco. Ma ti diro quello che so. E in una situazione disperata. Io non posso aiutarla, e lei ti desidera tanto da morirne.
— Non posso fare nulla.
— Forse ti sbagli.
— Eravamo insieme — disse Ray a bassa voce. Gli sembro di sentirsi aggredire dall’infelicita. — In quella stanza d’albergo, con la pietra, eravamo uniti in un modo che tu non puoi nemmeno immaginare. Lei ha visto cose…
— Credi che importi cosi tanto, cio che ha visto? — lo interruppe Byron, furioso.
Rimasero per un attimo in silenzio. Sulla parete, un orologio luminoso proseguiva imperterrito a segnare un secondo dopo l’altro, poi i minuti e poi le ore. Il tempo passa, penso Keller. Corre via.
Aveva trascorso la notte in bianco, guardando la scultura comperata nella galleria vicino alla superstrada costiera, osservando le facce gemelle della donna e della bambina. La scultura lo affascinava e lo faceva sentire a disagio. Teresa aveva bisogno di aiuto. Ebbene, su questo non c’erano dubbi. Aveva avuto sempre bisogno di aiuto.
Non riusciva a credere che la situazione fosse destinata a cambiare.
Ma…
Byron parlo di nuovo, staccando ogni parola come se le strappasse dal fondo dell’anima. — Ha ripreso a risare le pillole. E tornata alle encefaline, Ray. E una strada in discesa e finira con la morte, a meno che non facciamo qualcosa. — Lo guardo, e Keller trasali di fronte alla sua espressione ardente e addolorata. — A meno che tu non faccia qualcosa.
Ma questo era impossibile.
Lei non poteva morire.
Lei era li, intorno a lui. Su tutti i monitor. Una presenza reale.
Aveva cominciato a esistere solo allora.
Byron si alzo.
Non gli piaceva il posto dove Keller si era rifugiato. Era un brutto posto, adatto a un Angelo, e gli ricordava troppo la presa che anche lui, un tempo, aveva avuto. Ricordava di avere passato gli anni della guerra nello stesso intontimento indotto nel quale si trovava Keller in quel momento. Una specie di limbo piacevole e privo di preoccupazioni, utile a mantenere la cosiddetta obiettivita. Capiva il tipo di attrazione che poteva esercitare sulla mente, ma era la stessa attrazione che spingeva Teresa verso le pillole. Una resa. La odiava, proprio perche il suo desiderio non si era ancora spento. Dopo tutti quegli anni, la possibilita di sentirsi un Angelo lo tentava ancora.
Eppure, quel giorno aveva provato qualcosa a se stesso. Una magra consolazione, forse, ma gli sembrava quasi di aver cancellato per sempre il tatuaggio che aveva sul braccio. Se avesse guardato, avrebbe scoperto che non c’era piu. Keller era stato l’amante di Teresa, e lui era venuto fin li a pregarlo di tornare da lei. Non gli si sarebbe potuto chiedere di piu… Il dolore, di certo, era piu che sufficiente. L’aveva fatto per lei, e ora il suo compito era finito. Si era guadagnato il diritto di tornare a pieno titolo nel mondo.
Forse Teresa sarebbe morta comunque. Questa era la realta piu terribile e difficile da cambiare, una realta a cui lui avrebbe disperatamente voluto sottrarsi. Si faceva il possibile per esorcizzarle, ma a volte le cose terribili accadevano comunque.
— Ascolta — disse Ray all’improvviso. — Non c’e bisogno che tu te ne vada. Sei…
Ormai era inutile. Non avevano piu nulla da dirsi. Byron provava una specie di pieta per l’amico, magro nella sua poltroncina elegante, con le mani appoggiate sull’apparecchio di missaggio. — D’accordo — concluse in tono stanco. — Fai quello che ritieni piu giusto.
Fuori, nel mondo, il sole splendeva di una luce intensissima.