era un’eccitazione piu misteriosa.
Nei suoi sogni peggiori era sempre in Brasile, durante la guerra, impegnato in quelle che il comando definiva 'spedizioni punitive' contro fattorie e villaggi colpevoli di appoggiare la guerriglia. La gente che uccideva finiva sempre per rialzarsi e puntare l’indice contro di lui, protestando la propria innocenza. Lui li uccideva di nuovo due, tre, mille volte. Loro si rialzavano, tetri, e cominciavano a ripetere ossessivamente il suo nome.
In Virginia aveva toccato Tavitch quando Tavitch aveva in mano la pietra. Il prigioniero l’aveva guardato negli occhi e aveva visto proprio quei sogni. Solo che avevano smesso di essere sogni. Era quella la cosa terribile. In qualche modo, attraverso Tavitch e attraverso la pietra esotica, i sogni si erano trasformati in realta. I morti si erano ostinatamente rialzati e avevano cominciato a ripetere il suo nome.
Oberg giacque nel buio, perseguitato dai ricordi. Era innaturale. Un trucco alieno, uno scherzo della memoria. Il passato non c’era piu, i morti erano morti e non parlavano. E poi, tutti sono destinati a morire. Lui stesso, un giorno, sarebbe stato ridotto al silenzio. Era nell’ordine delle cose: il compiacente oceano dell’oblio avrebbe coperto tutto. Era un assioma sacro, che rendeva sopportabile la vita. Non bisognava metterlo in discussione.
Rassicurato, riusci a rilassarsi e a raggiungere finalmente un sonno calmo come il vasto e silenzioso oceano. Non fece sogni. E si sveglio con la sua risoluzione ben fissa nella mente.
Quella mattina fece una seconda telefonata a Tate.
— Keller e un Angelo — l’informo l’amico. — Lavora per un produttore indipendente che si chiama Vasquez. In questo momento si trova a Los Angeles. Probabilmente e occupato a decodificare il materiale negli studi della Rete. — Fisso Oberg con aria colpevole. — Immagino che ti basti.
— Si — confermo Oberg.
— Sei pazzo, Steve. Lo sai, vero? Sei un fanatico stronzo.
Se era vero, non gli importava.
Il monitor si oscuro e Oberg rimase a fissarvi per qualche secondo la propria immagine riflessa.
21
Byron sapeva che la stava perdendo. Ormai era evidente.
Non parlo delle pillole. Del resto, parlarono molto poco in generale. Le discussioni erano superflue, utili solo a fomentare bugie. Lui la vide gettare il flacone delle pillole in un canale di scarico e cio gli accese nel cuore un barlume di speranza. Piu tardi scopri che le pillole erano custodite in un angolo dell’armadio. Teresa aveva buttato solo il flacone, e la scena era stata recitata a suo uso e consumo.
Byron capi che quella era la vecchia Teresa, la stessa che lui aveva trovato sui gradini di casa anni prima. Una Teresa spaventata dalla morte, eppure desiderosa di morire. Quella parte di lei che voleva sopravvivere era stata messa a tacere. Indovinava anche dov’era cominciato tutto, nella stanza d’albergo sul
Non era abituato ad analizzare le cose con tanta schiettezza, ma ormai i fatti erano diventati troppo chiari e dolorosi per poterli negare.
Cenarono insieme. C’era il pane comperato al mercato, tagliato in fette irregolari, e un pezzo di vero manzo. Quel pasto rappresentava quasi la fine del loro capitale. Teresa mangio in modo meccanico. Quando ebbe finito disse che usciva a fare una passeggiata. — Ti accompagno — si offri Byron. Ma lei scrollo la testa. Voleva rimanere sola.
Sola con le sue pillole, penso lui. Sola a guardare la Citta Galleggiante riempirsi di luci, e le onde infrangersi contro la diga. Lei si chiuse la porta alle spalle e Byron rimase nella baracca, ad ascoltare il ticchettio della pompa di sentina e le tavole del pavimento che gemevano mentre la
Ripenso a Keller.
Keller che era ritornato in terraferma e aveva ripreso la sua carriera nella rete, arrendendosi alla propria sorte.
Keller di cui lei era innamorata.
Keller, che avrebbe potuto aiutarla.
Il pensiero era molto scomodo, ma non pote evitarlo.
Un tempo si era dispiaciuto per l’amico. Keller rappresentava cio che anche lui aveva rischiato di diventare. Una vittima, Cristo. La vittima di una serie di concause: l’infanzia, l’esercito, la propria codardia. Peccati perdonabili, aveva detto una volta Teresa. Ma adesso Keller se n’era andato, e questo era davvero inammissibile.
Ironia della sorte, penso Byron. Teresa si stava uccidendo… e l’unica cosa che poteva fare per lei era andare da Keller e pregarlo di tornare.
Pregarlo di togliergli la donna che amava.
Uno scherzo amaro del destino. Penso al tatuaggio che aveva sul braccio e al suo significato. Stava quasi decidendo di mandare un messaggio a Keller tramite il suo produttore, Vasquez, quando udi qualcuno bussare alla porta.
Apri, con circospezione.
Si trovo davanti Cruz Wexler. Alla luce del crepuscolo avrebbe potuto avere mille anni. Respirava l’aria gonfia di salsedine cosi a fatica che c’era da dubitare che ne traesse giovamento.
— Voglio parlare con lei — disse Wexler.
Teresa lo trovo ad aspettarla quando torno dalla passeggiata. La sua prima reazione fu di istintiva e immediata felicita. Wexler rappresentava il legame con un tempo piu felice della sua vita.
Lo abbraccio e gli sedette di fronte. Solo allora si accorse di quanto le ultime settimane lo avessero invecchiato. Wexler si era ritirato a Carmel ormai da diversi anni, passando dalla celebrita a una vita da eccentrico di paese, e Teresa sapeva che la sua natura in buona parte istrionica aveva risentito di quel periodo di declino. Ma lei lo aveva sempre ritenuto sincero a proposito degli oneiroliti. Sincero nella sua convinzione che appartenessero a un altro mondo, e in buonafede anche quando contraddiceva gli scienziati governativi. Parlava sempre di cio che definiva la gnosi, il Mistero, una specie di saggezza ancora da conquistare, e il suo ottimismo era stato inarrestabile quanto ingenuo. Gli ultimi avvenimenti dovevano averlo traumatizzato.
Continuarono a parlare, incuranti della notte. Teresa aveva preso una pillola mentre era fuori, ma solo una, e l’effetto si limitava a una lieve euforia che mascherava la stanchezza. In ogni caso, in quel momento non aveva voglia di pensare alle pillole.
Byron si scuso e trasferi il materassino nell’altra stanza. Solo allora Wexler le chiese di raccontargli del Brasile e Teresa si ritrovo a parlare a ruota libera. Gli disse anche di Ray. La pillola l’aveva messa in grado di dire cose che sorprendevano lei per prima. Parlo della nuova pietra, della sua potenza, dei terribili ricordi che aveva evocato in lei e in Keller. Parlo della scintilla di conoscenza che li aveva percorsi. Descrisse il dolore e la sorpresa e rimase sbalordita quando si accorse che una lacrima le rigava la guancia. Strano. Non si sentiva triste. Stava bene.
Wexler annuiva con espressione pensierosa. Aveva la barba lunga ispida e grigia. Il suo respiro era pesante e difficoltoso, come se l’espirazione e l’inspirazione non fossero un atto automatico ma un compito che svolgeva a fatica. I suoi occhi erano colmi di sollecita premura.
Le parlo degli Esotici.
Aveva passato la vita dedicandosi a quella ricerca. Probabilmente faceva parte della sua natura porsi domande che nessun altro si poneva. Tutti si preoccupavano di trarre dagli oneiroliti dei dati tecnici, ma nessuno si preoccupava di interrogativi piu profondi. Forse per paura, insinuava Wexler. Ma lui aveva visto i paesaggi delle visioni, aveva potuto gettare uno sguardo sul vortice della storia.
— Se qualcuno me lo chiedesse ora — disse — affermerei che era tutto previsto. Proprio tutto. C’e un tipo di pietra, molto comune, con microvoltaggi binari: in pratica, e fatta per parlare alle macchine. Comunica anche qualche altra cosa, a gente come noi. Produce visioni, un senso di consapevolezza, un senso di pericolo imminente. E poi ce n’e un’altra, piu rara. Ha molte piu cose da dire, ma a un prezzo.
Lei scosse la testa. — Non capisco.
— Nemmeno io, a dire la verita. Ma posso immaginare. Molto dipende da cio che gli Esotici pensavano di noi, dal tipo di creature che credevano che fossimo. Secondo me, pensavano che fossimo esemplari rotti. Fratturati. Divisi. — Tacque per riprendere il fiato. — Divisi al nostro interno. Non collettivamente, ma individualmente. La mente contro se stessa. Credo che questa scoperta li abbia sorpresi.
— Loro erano diversi? — chiese Teresa.
— Erano interi la dove noi siamo spezzati. Forse l’avevi gia capito.
Si, l’aveva capito. I ricordi erano dolci, ma qualche volta anche dolorosi, inquietanti. La pillola stava finendo il suo effetto, penso. Avverti il flusso graffiante della sobrieta.
— Ci hanno anticipato — continuo Wexler. — Avevano capito che eravamo molto abili in campo tecnologico. Immaginavano a quali livelli saremmo potuti arrivare.
Lei scrollo il capo, ancora confusa.
— Ebbene, che cosa abbiamo fatto? — chiese Wexler. — Siamo riusciti a manipolare la mente, ma non a risanare le sue ferite. Non abbiamo creato degli esseri interi, ma delle creature fratturate, divise. Abbiamo soldati costruiti dalla nascita, e interi battaglioni di nevrotici. Addestriamo le nostre psicosi come se fossero cani, per ricavarne dei benefici. Ci costruiamo per essere adatti alla funzione che dobbiamo svolgere.
— Come Ray — commento Teresa.
— Come Ray e come tutti gli altri. Ed e pericoloso. Ci rende privi di scrupoli. Addirittura privi di anima.
L’aveva gia detto altre volte. Teresa lo ricordava nella sua tenuta di Carmel, una fantasiosa casa di campagna in stile spagnolo che aveva comperato con il denaro dei suoi primi successi e poi mantenuto, senza grandi cure, con gli introiti di ritorno dai laboratori come quello di Byron, o con i corsi impartiti a una folla disordinata di artisti provenienti dalla Citta Galleggiante. Aveva parlato in modo altrettanto convincente delle tradizioni di Paracelso, della Gnostica e della saggezza criptica. Grandiose futilita che si riducevano a questo: un vecchio malato in una baracca galleggiante in sfacelo. Il pensiero l’avvili.
Probabilmente Wexler si accorse del suo scetticismo. Dondolo la testa e mise le mani sul tavolo. Mani da vecchio, con la pelle pallida e rugosa, le unghie rosicchiate. — Scusa — disse. — A volte mi lascio trasportare.
— Non sono riuscita a sopportarlo — confesso Teresa. — La pietra di Pau Seco era tutto cio che volevo. Davvero. Rivolevo i miei ricordi. Me stessa. Ma non sono riuscita a sopportarlo.
— Mi chiedo se e vero.
Lei lo guardo con occhio torvo. — Tu non c’eri.
— Logico. Ma sono convinto che loro vogliano proprio questo — dichiaro Wexler. — Ha senso, non credi?
Teresa si senti offesa, misteriosamente minacciata.
— E la parte di loro che ritengono piu preziosa — continuo lui. — Una parte che non lascerebbero mai passare da una macchina. Un tesoro di conoscenza autentica. Il tempo e la storia. Ma con la possibilita di essere trasmesso solo da una mente all’altra, capisci? Una mente integra.
— Non muoio dalla voglia di provarlo.