Brian Stableford

Il giogo del tempo

A Steve e Jo

Prologo

Il Tempo non e semplicemente una dimensione che scandisce il susseguirsi del giorno e della notte. Il Tempo e una caratteristica e una funzione della mente umana. E poiche la razza umana, che non e nient’altro se non una fase transitoria del processo evolutivo, e finita, in un certo senso lo e anche il Tempo. Il presente sembra sempre muoversi verso il futuro, ma verra un giorno in cui esso terminera il suo corso. Dopotutto e solo una percezione sensoriale.

Quando quel giorno arrivera, per il Genere Umano non ci sara piu futuro. Vi saranno ancora il giorno e la notte, ma per la razza umana il Tempo si sara fermato. Non vi sara piu progresso ne speranza nel futuro: solo vecchiaia e morte.

Il flusso del Tempo seguira un corso irregolare e arbitrario, facilmente modificabile con l’intervento della mente.

Per allora il Tempo avra spento la volonta che spinge l’uomo a edificare e le citta andranno in rovina, i sogni incompiuti si sgretoleranno e cadranno nel nulla, l’uomo smettera di vivere; egli continuera semplicemente a esistere conducendo una vita animalesca e senza senso.

Ma ci sono forze diverse dal Tempo… e ci saranno sempre i sogni.

PARTE PRIMA

Sotto l’incantesimo del tempo

1. Il lupo rosso

Una luce uggiosa filtrava attraverso la spessa coltre di nuvole in movimento. La pioggerella cadeva a sprazzi, ma noi, gia bagnati fradici, non ci facevamo caso. La nostra giumenta procedeva a fatica, con andatura sofferente, come se trascinasse il mondo intero e non un vecchio carro con due uomini a cassetta.

L’uomo seduto accanto a me era John, mio fratello, poco piu di un ragazzo. Indossava un ampio giaccone di pelliccia abbottonato fino al mento, che gli rendeva massicce e poco credibili le magre spalle, e calzoni di pelle, intrisi d’acqua, che ormai gli si erano incollati alle gambe e l’avrebbero graffiato a ogni movimento. Ma lui non si muoveva. Pareva una statua. Era a capo scoperto: rivoletti di pioggia gli colavano sul viso e dal mento appuntito gli gocciolavano sulle ginocchia.

Stringeva con forza tra le dita sottili il fusto di una bella e potente balestra, le cui dimensioni facevano pensare che occorressero braccia ben piu robuste delle sue per riportare, mediante il rozzo martinetto, la corda al dispositivo d’aggancio. Aveva a tracolla una faretra piena di dardi. Per quanto ne sapevo, non si era mai trovato nella necessita di usare la balestra e, a giudicare dai risultati dei suoi allenamenti, forse era un bene. Pero non se ne staccava quasi mai, come se ritenesse che sulla propria vita pendesse in continuazione un’imprecisata e misteriosa minaccia. Non era un vigliacco, ne un pazzo, ma aveva uno strano modo di pensare.

Gli occhi di John erano incollati a quella mal delimitata striscia di terra che fungeva da strada. Questa un tempo era lastricata, ma ora sulla sua superficie irregolare si era formato uno spesso strato di fango e di terriccio, duro come una crosta. L’erba cresceva ovunque poteva e chiazze di quel soffice sfagno che ricopriva le colline circostanti stavano incominciando a guadagnare terreno su entrambi i lati. In quei giorni, carri e carrozzoni passavano di li raramente e la strada era certamente destinata a divenire poco piu di un sentiero segnato solo da impronte di zoccoli e di scarpe.

In lontananza scorsi una luce gialla che speravo significasse un riparo e la possibilita di asciugarci. John non l’aveva ancora vista e io non mi preoccupai di fargliela notare. Quand’era di quell’umore non ascoltava nemmeno chi gli parlava: la sua mente era occupata da parole e idee. Rifletteva continuamente su certe storie che aveva sentito raccontare riguardo a un uomo che asseriva di poter viaggiare nel tempo, e noi stavamo seguendo proprio quelle che pensavamo le sue tracce. Cio non significava che anch’io fossi in qualche modo interessato a quell’uomo o alle sue visioni, ma non avevamo una famiglia, salvo quello che rappresentavamo l’uno per l’altro, ne degli amici. Ovunque fosse andato John, l’avrei seguito, ovunque avesse voluto andare, lo avrei accompagnato. Badavo a lui da quando era bambino e, sebbene adesso fosse cresciuto, pensavo avesse ancora bisogno di qualcuno che lo seguisse da vicino.

La luce gialla si fece sempre piu vicina, e quando Darling, la giumenta nera, la noto, allungo il passo mettendoci un po’ piu d’entusiasmo.

La locanda si chiamava Il Lupo rosso. Era vecchia, ma aveva un aspetto solido che faceva gia assaporare il calore e le comodita all’interno. Smontammo e lasciai che John conducesse Darling nel retro in cerca di una stalla, mentre io mi informavo circa la possibilita di passare la notte alla locanda.

L’enorme porta cigolo rumorosamente e scivolai dentro senza spalancarla troppo per evitare che il vento freddo entrasse nella stanza.

Era meravigliosamente caldo all’interno. Il fumo delle pipe saliva in sinuose spirali nell’aria vorticosa creando forme in diverse sfumature di blu e grigio. Nella stanza c’erano quattro lunghi tavoli, dei quali uno traballava vistosamente a causa di una gamba rotta sostenuta da un ceppo di legno troppo basso. Attorno ai tavoli erano sistemati gruppi eterogenei di vecchi e di uomini di mezza eta, tutti contadini a giudicare dal loro aspetto, e una donna dal viso grifagno che, essendo di passaggio, senza dubbio non era la moglie di un contadino. Alcuni di loro si voltarono a guardarmi, ma la maggior parte continuo a chiacchierare fitto tra un sorso e l’altro di birra scura senza nemmeno degnarmi di uno sguardo.

Dalla parte opposta della grande stanza, di fronte a un fuoco che scoppiettava e crepitava, sedeva una donna dal viso tondo e i capelli unti, di quei tipi che non invecchiano ma danno semplicemente l’impressione di antico. Mi fissava squadrandomi dalla testa ai piedi per cercare di capire che tipo fossi e valutare il contenuto del mio portafoglio.

Percorsi lo stretto passaggio tra i tavoli senza disturbare nessuno degli uomini seduti e mi rivolsi alla donna.

— E vostra questa locanda?

— Sono la padrona, si. Mi chiamo Queen, e voi?

— Il mio nome e Matthew. Ho un fratello, John, che sta cercando un riparo per il nostro carro e per il cavallo.

— C’e una stalla — disse la donna — ma niente biada.

— Trovera qualcosa sul carro — la rassicurai.

— E dove siete diretti?

— A sud. — Feci un gesto vago con un braccio la cui manica stava gia fumando vapore. — Non abbiamo una destinazione vera e propria. Viaggiamo. — Con questa affermazione probabilmente la donna ci scambio per zingari, cosa che, se non altro, l’avrebbe persuasa che non valeva la pena di rubare il nostro carro. In effetti, non ne valeva davvero la pena.

John entro facendo meno attenzione di me alla corrente d’aria e quelli piu vicini alla porta borbottarono qualcosa. Lui li ignoro con quella sua caratteristica mancanza di tatto e mi raggiunse.

— Mio fratello John — dissi facendo le presentazioni.

— Ora mi chiamo Lucciola — aggiunse lui. Quella era una delle sue tante noiose affettazioni.

Вы читаете Il giogo del tempo
Добавить отзыв
ВСЕ ОТЗЫВЫ О КНИГЕ В ИЗБРАННОЕ

0

Вы можете отметить интересные вам фрагменты текста, которые будут доступны по уникальной ссылке в адресной строке браузера.

Отметить Добавить цитату
×