— L’hai trovato?

— Trovata. — Resistette all’impulso di sottrarsi allo sguardo curioso del Mago. — No.

— I reietti di questo secolo nel cimitero del precedente — disse pensosamente Sidney. — Chissa che musica suonano… — Si accorse del sorriso del Mago. — No, parlo sul serio. Prova a immaginare quali strumenti possono aver inventato, quale musica possono aver prodotto nel loro stato d’isolamento… Parlando di isolamento, mi viene in mente una cosa: ti piacerebbe un viaggio gratuito su Averno?

Il sorriso del Mago svani. Il viso perse completamente espressione; sembrava, penso Aaron, essersi tramutato nel proprio ritratto. Poi fu di nuovo in mezzo a loro, ma la sua voce era secca, lievemente turbata.

— C’e anche il biglietto di ritorno?

— Mi sono espresso cosi male? — chiese Sidney.

— Be’, no, ma perche mi vuoi mandare su Averno? Credevo che la mia musica ti piacesse.

— Certo. E questo il punto. Lassu qualche anima creativa ha capito che il silenzio quasi assoluto di Averno potrebbe avere effetti negativi sui detenuti che a fine pena dovranno reinserirsi nella societa terrestre. Dovranno vivere in mezzo a noi: e questo lo scopo del programma di riabilitazione. Entro certi limiti possiamo determinare come saranno, quando torneranno a vivere con noi. — Sparpaglio con le dita il mazzo di carte come per ricavarne suggerimenti. — Stanno lassu in quella ciambella ritorta e girano nel vuoto. Sulla Terra un detenuto puo udire il vento. La pioggia. Un grillo. Lo scorrere dell’acqua. Il superamento della barriera del suono. Il traffico aereo. Nel carcere di Corcrow sentono il mare e i generatori delle fabbriche. Tutti i piccoli rumori della vita quotidiana di una societa da cui sono esclusi e in cui ritorneranno, per viverci nella continuita del tempo terrestre, con tutt’e due i piedi per terra.

Il Mago emise un brontolio d’assenso. — Su questo non discuto — disse gentilmente. — Ma perche…

— Perche proprio tu? Il direttore del programma di riabilitazione vuole che io vada su ad ascoltare il loro silenzio. Vuole anche che suggerisca un programma sperimentale di musica, fra le altre cose. Ho pensato subito ai Nova. Siete pittoreschi, siete troppo disciplinati per cacciarvi nei guai su Averno, e sapete cosa penso io della vostra musica. E ora che abbiate un po’ di pubblicita. Farete solo un concerto su Averno, e se siete tutti d’accordo girero l’intera faccenda all’agenzia della Costadoro, che pensera a organizzarvi una tournee spaziale.

Il viso del Mago si era imporporato, sotto le sbavature rosso magenta. Ancora una volta era rimasto senza parole. Aaron sogghigno.

— Hai detto che avevi bisogno di un cambiamento, Magico Capo.

— Sei d’accordo?

— Una tournee spaziale? Con il tuo sostegno? Sidney, e la cosa… e la cosa…

— Ci sara poco tempo per i preparativi, meno di un mese. Ma lassu avrai un pubblico avvinto, e non solo su Averno. — Ridacchio con indulgenza al gioco di parole. — Pensaci. Parlane con gli altri.

— Accetteranno. Mi tocchera rimettere a posto il Pianto volante.

— L’agenzia potrebbe mettere a disposizione una spaziolancia.

— No. Preferisco adoperare le cose mie. Sono cinque anni che non faccio alzare da terra il Pianto volante. Sidney, e una cosa… Grazie.

— Sei diventato troppo bravo per un locale come questo — disse Sidney — e te lo meriti. — Rimise a posto il mazzo di carte. — Su, facciamo ancora una mano. Qualcosa di facile.

— Un poker pazzo. E rapido e facile. Si danno sette carte, due delle quali fanno da jolly, e le carte cambiate restano scoperte. Come puoi aspettarti che riesca a mantenere una faccia da poker dopo un’offerta del genere?

— E la mia tecnica — disse Sidney con serieta. Un orologio interiore tarato sugli inquieti movimenti ondeggianti della notte spinse Aaron a scostarsi dalla parete con un’alzata di spalle. Pero non si allontano, e rimase a guardare Sidney che raccoglieva le carte.

L’istante successivo si ricordo di respirare. Si appoggio di nuovo alla parete e invio a Sidney un messaggio mentale: “Non battere le palpebre, non cambiare tono di voce; fai finta di non avere gioco…”

Sidney spinse un gettone a centro tavola. Il Mago ne aggiunse altri cinque.

Sidney copri il rilancio. Il Mago alzo gli occhi. — Allora un po’ di gioco ce l’hai… o stai imparando a bluffare?

In piedi alle spalle del Mago c’era qualcuno: una confusa macchia rossastra, una maschera. Sidney diede al Mago una carta, scoperta: asso di picche. Il Mago la guardo e aggiunse altri gettoni. Sidney copri la puntata e scopri l’ultima carta.

A quel punto gli occhi di Aaron furono attirati, quasi controvoglia, dal viso alle spalle del Mago. Lunghi capelli rosso-rosa, punteggiati di forcine nere a forma di cuore. Un viso aggraziato, dipinto d’oro. Spalle ampie e dritte. Occhi grigi che fissavano quelli di Aaron, seri, opachi, riservati. Poi Sidney diede un’occhiata alla ragazza, e lei sorrise.

— La Regina di Cuori — disse Sidney, sorpreso.

Il Mago emise un mormorio indistinto d’assenso, e Aaron guardo la carta che Sidney aveva girato: di nuovo il viso di lei, stilizzato, enigmatico. Resistette all’impulso di dire a Sidney di puntare tutto il Constellation Club.

— Cinque per l’asso — disse il Mago.

— Sei — disse Sidney a casaccio.

— Vedo.

Sidney scopri le sue carte, a una a una. Dieci, fante, regina, re, asso di cuori, e le due carte dal valore immaginario, i jolly, le matte.

— Scala matta.

Il Mago emise un fischio muto. Poi si appoggio allo schienale della sedia e scoppio a ridere, sparpagliando un’inutile combinazione di picche e quadri. — Hai vinto, Sidney. Raccogli i gettoni.

Aaron alzo di nuovo gli occhi, sentendosi bizzarramente fuori dal tempo e dallo spazio, come se qualcosa, in qualche luogo di un universo alternativo, fosse terminato o stesse per iniziare. Ma il Mago aveva rimesso nel mazzo la Regina di Cuori, e la ragazza era sparita.

4

Sidney Halleck e il dottor Fiori arrivarono su Averno la mattina dello stesso giorno. Il direttore Klyos, d’umore nero perche la sua richiesta di trasferimento al Settore Polosud era stata respinta senza nemmeno un commento, fece condurre Sidney nei quartieri del Mozzo riservati ai visitatori ufficiali, dove Jeri Halpren era in attesa. Poi si occupo del dottor Fiori. Il dottore aveva condotto con se tre assistenti, due uomini e una giovane donna molto graziosa e molto annoiata, il cui viso cambio solo quando vide il piccolo, spartano padiglione d’infermeria che Jase aveva riservato loro. La Macchina dei Sogni seguiva ancora l’orbita di Averno, e sarebbe stata raccolta in seguito dal personale dello scalo. Intanto, diceva il dottor Fiori, dopo un’intensa occhiata alla stanza in cui sarebbe stata sistemata l’apparecchiatura, avrebbe gradito essere presentato alla detenuta.

Jase sollevo un sopracciglio a quelle parole, ma disse solo: — Tornate in ufficio con me, dottor Fiori. Intanto sarete ufficialmente registrato come ospite del Mozzo, e dopo chiamero una squadra di guardie per scortarvi dalla detenuta. Signora Barton, signor Ames, signor Ng… se aspettate qui qualche minuto, verra qualcuno a mostrarvi il refettorio e il circolo ricreativo, che saranno in pratica i soli locali in cui potrete recarvi senza un mio permesso scritto. Buona permanenza.

Il dottor Fiori rimase in silenzio mentre percorreva il corridoio curvo, ricoperto da un tappeto grigio, che conduceva al raggio di trasporto. Jase poso il palmo della mano contro la tacca d’identita accanto alla porta circolare, che si apri come il diaframma di un obiettivo mettendo in mostra il lungo tunnel da trasporto, la pista magnetica che scompariva in direzione del Mozzo, e le nicchie lungo la passerella dove le roboguardie, armate di fucili laser, se ne stavano intervallate, immobili, ciecamente attente. Scesero a piedi la rampa fino al primo carrello.

— Sembrate un pochino ostile — disse il dottor Fiori.

Jase inghiotti parecchie risposte. — Mi sentiro meglio quando comincerete a capire dove vi trovate. La donna a cui volete “essere presentato” e responsabile della morte di piu di 1500 persone. Io sono responsabile di voi. Lei e pericolosa e non so come reagira alla vostra presenza. Nello stesso tempo, non voglio che voi le facciate

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