informato che ti avevo convinto io a rivolgerti a uno psichiatra. Io conoscevo soltanto Randolph che in genere non fa visite private e che mi aveva indirizzato a lui. Gli ho anche detto che sono il tuo parente piu stretto. Se riuscirai a convincere Irving di essere davvero pazzo e lui decidera di farti ricoverare, io insistero per sentire anche il parere di Randolph, che avevo gia richiesto in principio. E questa volta lui acconsentira.

— Non hai detto da quale malattia mentale ti sembravo afflitto?

Charlie scosse la testa. — Dunque, domani nessuno dei due andra in ufficio — disse. — Io partiro da casa alla solita ora, cosi Marge non si accorgera di mente, ma ti raggiungero in centro, diciamo nella hall del Christina, alle undici meno un quarto. E se riuscirai a convincere Irving che sei da internare andremo subito anche da Randolph e sistemeremo la faccenda in giornata.

— E se io cambiassi idea?

— Disdirei l’appuntamento, ecco tutto. Be’, ora abbiamo finito. Terminiamo la partita a scacchi; sono solo le sette e venti.

Lui scosse la testa. — Preferivo parlare, Charlie. Ti sei dimenticato di programmare la giornata di dopodomani. Ogni quanti giorni verrai a prendere le notizie da riferire a Candler?

— E vero, me n’ero scordato. Ogni volta che saranno permesse le visite. Tre volte alla settimana: lunedi, mercoledi e venerdi pomeriggio. Domani e venerdi, cosi, se entrerai in gabbia, non potro vederti prima di lunedi.

— D’accordo. Senti un po’, Candler ti ha mai parlato della storia che dovrei andare a controllare?

L’altro scrollo la testa lentamente. — Neanche una parola. Di che si tratta? O e un segreto di stato?

Guardo Charlie, perplesso. Poi, all’improvviso, senti che non poteva dire la verita: non la conosceva. Ma, ammettendolo, avrebbe fatto la figura dello sciocco. Non se n’era accorto, quando Candler gli aveva spiegato la ragione per cui non poteva dirgli niente. Ma adesso gli sembrava un’idiozia.

— Se lui non te l’ha raccontata — disse — e meglio che stia zitto anch’io, Charlie. — E poiche quello non era un motivo molto convincente, aggiunse: — Ho promesso a Candler di non farne parola.

I bicchieri erano vuoti ormai e Charlie li porto in cucina per riempirli di nuovo.

Lui lo segui sentendosi piu a suo agio nella semplicita della cucina.

Sedette a cavalcioni di una sedia, puntando i gomiti sullo schienale, mentre Charlie si appoggiava al frigorifero.

— Alla tua salute! — disse Doerr. Bevvero, poi domando: — Ce l’hai pronta, la storia da raccontare al dottor Irving?

Lui annui. — Candler ti ha detto che cosa dovrei raccontargli?

— Che sei Napoleone? — Charlie scoppio a ridere.

Ma era naturale quella risata? Guardo Charlie e capi che il suo sospetto era del tutto assurdo. Doerr era un tipo schietto ed onesto. Charlie e Marge erano i suoi migliori amici; lo erano stati per tutti e tre gli annidi cui aveva memoria. E molto piu a lungo. Molto di piu, secondo loro. Ma al di la di quei tre anni… c’era qualcos’altro.

Si schiari la gola perche le parole cominciavano ad uscirgli con difficolta, ora. Ma doveva chiedere, doveva essere sicuro.

— Charlie, voglio farti una domanda maledettamente imbarazzante. Questa faccenda e tutta chiara e onesta?

— Eh?

— E piuttosto difficile chiederlo. Ma… tu e Candler mica pensate che io sia pazzo, vero? Mica state complottando per farmi ritirare, o almeno esaminare, senza mettermi in agitazione sino a che sara troppo tardi?

Charlie lo fissava allibito. — Ehi, George, ma tu mi credi capace di una cosa simile?

— No. Ma potresti pensare che sia per il mio bene e quindi agire di conseguenza. Senti, se le cose stanno veramente cosi, se tu la pensi a quel modo, lasciami dire che non e un comportamento leale. Sto per andare da uno psichiatra per mentirgli, per convincerlo che sono un paranoico. Per comportarmi in modo disonesto nei suoi confronti. E voi sareste terribilmente sleali nei miei. Lo capisci, vero, Charlie?

Charlie era leggermente impallidito. — Davanti a Dio — disse — ti giuro che non e niente del genere, George. Io so soltanto quello che tu e Candler mi avete detto.

— Sei convinto che io sia sano di mente, completamente sano?

Charlie si passo la lingua sulle labbra. — Vuoi che ti risponda sinceramente?

— Si.

— Non ne ho mai dubitato fino a questo momento. A meno che… Ecco l’amnesia, in un certo senso, e un’anomalia mentale, suppongo, e tu non sei mai riuscito a superarla. Ma tu non intendevi questo, vero?

— No.

— Allora te lo ripeto: mai, fino a questo momento… perche, George, questo mi ha tutta l’aria di una mania di persecuzione, se pensi veramente quello che hai detto. Una congiura per farti… Ma lo puoi capire anche da solo quanto sia ridicolo! Che motivo potremmo avere io e Candler per convincerti a mentire e a farti ricoverare in un manicomio?

— Scusami, Charlie — disse lui. — E stata un’idea momentanea. Naturalmente, non lo penso affatto. — Lancio un’occhiata all’orologio da polso e soggiunse: — Finiamo questa benedetta partita, vuoi?

— Si. Ma aspetta che riempio di nuovo i bicchieri.

Gioco malissimo, e riusci a perdere in un quarto d’ora. Rifiuto l’offerta di Charlie che gli proponeva la rivincita e si abbandono contro lo schienale della sedia.

— Charlie, hai mai sentito parlare di pezzi da scacchi rossi e neri?

— N… no. Li ho sempre visti bianchi e neri, oppure rossi e bianchi. Perche?

— Ecco… — sorrise. — Forse non dovrei dirtelo dopo averti fatto dubitare per un attimo della mia sanita mentale, ma da qualche tempo faccio sempre gli stessi sogni. Non si tratta di sogni particolarmente fuori dell’ordinario, solo che si ripetono con insistenza. Uno riguarda un gioco tra rossi e neri; non so neppure se si tratti di scacchi. Lo sai com’e nei sogni: sembra sempre che tutto abbia senso anche se non ce l’ha. Mentre sogno non mi chiedo neppure se quel gioco tra rossi e neri e una partita a scacchi o no; evidentemente lo so o mi sembra di saperlo. Ma poi… non so piu niente. Capisci quello che voglio dire?

— Certo. Continua.

— Ecco, mi sono domandato se questa faccenda non potesse avere qualche relazione con quello che sta dall’altra parte del muro che non sono ancora riuscito a superare. Questa e la prima volta nella mia… be’, non nella mia vita, forse, ma nei tre anni che ricordo, che mi capita di fare sogni cosi insistenti. Mi domando se la mia memoria non… non stia cercando di aprire una breccia nel muro. Per esempio, ho mai posseduto dei pezzi da scacchi rossi e neri? Oppure nelle scuole che frequentavo, non si giocavano mai partite di basket o baseball tra squadre con quei colori? Oppure… non so, qualcosa del genere?

Charlie riflette per alcuni minuti. Poi scrollo la testa.

— No — disse — niente del genere. Naturalmente c’e del rosso e del nero in una roulette… Rouge et noir. E questi sono anche i colori di un mazzo di carte da gioco.

— No, sono sicuro che carte e roulette non c’entrano. Non e… non e cosi. E un gioco tra rossi e neri. Loro sono i giocatori, non so come. Pensaci bene, cerca di ricordare da dove io, non tu, possa aver attinto quell’idea!

Lo guardo spremersi le meningi inutilmente per un po’, poi disse: — Lascia perdere, Charlie. Prova invece con quest’altro: Il Risplendente.

— Il risplendente cosa?

— Niente, Risplendente e basta. Significa niente per te?

— No.

— Va bene — disse lui. — Non pensarci piu.

4

Giunse in anticipo alla casa di Clare, e ci passo davanti arrivando fino all’angolo, dove rimase in piedi sotto

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