«Proprio perche il nome l’ho scelto io, so che quello che ti ha detto il computer non c’entra.»
«Allora perche ti senti in colpa, mamma?»
('Silenzio… se non vuoi dire la verita.')
«Come sara distrutta la Terra, secondo te?» chiese infine Eugenia.
«Non lo so, pero credo che
«Non riusciamo a intenderci, Marlene, quindi lasciamo perdere per ora. Pero voglio che sia ben chiara una cosa, cioe che tu non devi parlare di queste cose con nessuno… ne di tuo padre, ne di questa sciocchezza della distruzione della Terra.»
«Se non vuoi che ne parli, staro zitta, naturalmente… pero la distruzione della Terra non e una sciocchezza.»
«Io dico di si. E una sciocchezza, d’accordo?»
Marlene annui. «Penso che andro a visionare per un po’» disse, con apparente indifferenza. «Poi andro a letto.»
«Bene!» Eugenia osservo la figlia che si allontanava.
'Colpevole' riflette. 'Mi sento colpevole. L’ho scritto in faccia a grandi lettere. Basta guardare, e chiunque puo vederlo… No, non chiunque. Solo Marlene. Lei possiede questo dono di natura.'
Marlene doveva avere qualcosa che compensasse tutto quello che le mancava. L’intelligenza non bastava. Non era una compensazione sufficiente, quindi Marlene aveva questa capacita di leggere l’espressione, il tono, i piu piccoli movimenti del corpo, e nessun segreto era al sicuro con lei.
Da quanto tempo teneva per se quella dote pericolosa? Da quanto sapeva di possederla? Era qualcosa che si sviluppava sempre piu con l’eta? Perche la lasciava emergere adesso, scostando il velo con cui apparentemente l’aveva nascosta, usandola come un’arma con cui colpire sua madre?
Era perche Aurinel l’aveva respinta definitivamente, stando a quello che Marlene aveva visto in lui? Stava colpendo alla cieca come reazione?
'Colpevole' penso Eugenia. 'Perche non dovrei sentirmi colpevole? E tutta colpa mia. Avrei dovuto saperlo dall’inizio, dall’attimo della scoperta… ma non volevo sapere.'
6 Avvicinamento
Da quanto lo sapeva? Da quando aveva chiamato la stella Nemesis? Aveva percepito cosa fosse e cosa significasse, e le aveva dato un nome appropriato inconsciamente?
Quando aveva individuato la stella, l’unica cosa importante per lei era stata la scoperta in se. Aveva pensato soltanto all’immortalita. Era la sua stella, la Stella di Insigna. Era stata tentata di chiamarla cosi. Un nome fantastico, anche se nel prenderlo in considerazione lo aveva accantonato, riluttante, con una smorfia interiore di falsa modestia. Sarebbe stato davvero insopportabile adesso se lei fosse caduta in quella trappola.
Dopo la scoperta, c’era stato lo shock della richiesta di segretezza da parte di Pitt, poi i preparativi frenetici per la Partenza. (Sarebbe stata chiamata cosi nei libri di storia un giorno? La Partenza? Maiuscolo?)
Poi, dopo la Partenza, c’erano stati due anni in cui la nave aveva continuato a guizzare dentro e fuori l’iperspazio… e i calcoli interminabili necessari per l’iperassistenza, che richiedevano una marea di dati astronomici che Eugenia doveva controllare e coordinare. Solo la densita e la composizione della materia interstellare…
In quei quattro anni Eugenia non aveva mai potuto pensare a Nemesis in modo approfondito; nemmeno una volta aveva potuto concentrarsi e cogliere qualcosa di ovvio.
Possibile? O aveva semplicemente distolto lo sguardo da quello che non voleva vedere? Si era rifugiata deliberatamente in quel bailamme di segretezza, fretta, eccitazione?
Poi pero l’ultimo periodo iperspaziale era terminato; a questo punto, per un mese, avrebbero decelerato attraverso una grandinata iniziale di atomi d’idrogeno, colpendoli a una velocita tale da trasformarli in particelle di raggi cosmici.
Nessun veicolo spaziale normale avrebbe potuto resistere, ma Rotor aveva attorno a se uno spesso strato di terreno che era stato rinforzato per il viaggio e che assorbiva le particelle.
Un giorno, aveva assicurato a Eugenia uno degli esperti iperspaziali, sarebbe stato possibile entrare nell’iperspazio e uscirne a velocita normali. «Ora che abbiamo l’iperspazio non sara piu necessaria alcuna innovazione concettuale clamorosa» aveva detto. «E solo una questione di tecnologia.»
Forse! Per gli altri specialisti, comunque, quell’idea era soltanto spazzatura cosmica.
Quando aveva intuito la terribile verita, Eugenia era corsa subito da Pitt. Nell’ultimo anno Pitt non aveva avuto molto tempo per lei, ed Eugenia lo aveva capito. Stava affiorando una certa tensione, sempre piu evidente, ora che l’eccitazione del viaggio stava diminuendo, ora che la gente si rendeva conto che, nel giro di qualche mese, si sarebbe trovata in prossimita di un’altra stella.
Allora ci sarebbe stato il problema assillante di riuscire a sopravvivere per un lungo periodo di tempo nei pressi di una nana rossa sconosciuta, senza sapere se avrebbero trovato del materiale planetario adeguato da sfruttare come fonte energetica e mineraria, e come spazio abitabile soprattutto.
Janus Pitt non aveva piu un’aria giovanile, anche se i capelli erano ancora scuri e la faccia priva di rughe. Erano passati appena quattro anni da quando Eugenia era andata ad annunciargli l’esistenza di Nemesis. Nei suoi occhi, pero, c’era un’espressione tormentata, la consapevolezza che la gioia ormai non gli apparteneva piu mentre gli rimanevano solo affanni e preoccupazioni, ben visibili.
Era Commissario eletto, adesso. Forse questo spiegava in gran parte le sue preoccupazioni, ma chi poteva dirlo? Eugenia non aveva mai conosciuto il vero potere, ne le responsabilita che lo accompagnavano, pero aveva l’impressione che potesse esacerbare chi lo conosceva in prima persona…
Pitt le sorrise distrattamente. Tra loro si era creata un’intimita forzata quando avevano avuto in comune un segreto di cui all’inizio nessuno (e poi quasi nessuno) era al corrente. Soltanto quando erano soli potevano parlare liberamente, allora. Dopo la Partenza, comunque, il segreto aveva cessato di essere tale, e i loro rapporti si erano raffreddati.
«Janus, c’e qualcosa che mi rode» esordi Eugenia. «Dovevo vederti subito. Si tratta di Nemesis.»
«Qualche novita? Non dirmi che hai scoperto che non e dove pensavi tu, perche e proprio la fuori, a meno di sedici miliardi di chilometri. Si vede.»
«Lo so. Ma quando l’ho scoperta, a poco piu di due anni luce, ho dato per scontato che fosse una stella compagna, che Nemesis e il Sole ruotassero attorno a un centro di gravita comune. Data la vicinanza, doveva essere quasi sicuramente cosi. Sarebbe stato sensazionale.»
«D’accordo. Perche le cose non dovrebbero essere sensazionali di tanto in tanto?»
«Perche per quanto sia vicina, e chiaramente troppo lontana per essere una stella compagna. L’attrazione gravitazionale tra Nemesis e il Sole e debolissima, talmente debole che le perturbazioni gravitazionali delle stelle vicine renderebbero instabile l’orbita.»
«Ma Nemesis
«Si, e piu o meno tra noi e Alfa Centauri.»
«Che c’entra Alfa Centauri?»
«Il fatto e che la distanza di Nemesis da Alfa Centauri non e molto piu grande della sua distanza dal Sole. E altrettanto probabile che sia una stella compagna di Alfa Centauri. O, piu probabilmente, a qualunque sistema appartenga, la presenza dell’altra stella adesso la sta disturbando, o l’ha gia disturbata.»
Pitt guardo Eugenia pensieroso e batte adagio le dita sul bracciolo della sedia. «Quanto impiega Nemesis a girare attorno al Sole… ammettendo che sia la compagna del Sole?»
«Non so. Dovrei calcolare l’orbita. Avrei dovuto farlo prima della Partenza, ma ero sempre talmente occupata allora… e anche adesso… ma non e una scusa valida.»
«Be’, fai un’ipotesi.»
«Se l’orbita fosse circolare, Nemesis impiegherebbe circa cinquanta milioni di anni per compiere una rivoluzione attorno al Sole, o, per essere piu precisi, attorno al centro di gravita del sistema, col Sole che si